Grande esperienza al ristorante di Gennaro Di Pace a Monforte d'Alba
C’è il sapore della 'nduja nei piatti unici di questo giovane chef che da un paio di mesi ha aperto un localino (25 posti a sedere) nella frazione Perno di Monforte d’Alba (Vicolo della chiesa, 8 - tel. 379 1130854).
Un locale grazioso, voluto dall’imprenditore ed editore Gregorio Gitti, proprietario del castello, produttore di vini eccellenti che ha convinto Gennaro a lasciare la sua Saracena, in provincia di Cosenza per raggiungere le colline del Barolo. Con lui la compagna, bravissima in sala e felice di questa nuova avventura che sta già facendo parlare di sé. Altra curiosità è la vicinanza (forse neanche 200 metri) con una delle nostre cantine del cuore, Cascina Fontana, che rappresenta l’espressione più interessante del Barolo classico, secondo l’interpretazione di Mario Fontana.
Ora, per noi Gennaro è una vecchia conoscenza giacché in Calabria, col suo locale, ottenne il faccino radioso nell’edizione 2017 e subito l’anno dopo la corona, che ha mantenuto anche nell’edizione 2019, poco prima di chiudere. E la corona, dopo la prova di venerdì sera, se la porta appresso senza se e senza ma, tenendo conto che a Monforte, dopo la visita del nostro ispettore G.S. del tardo autunno, assurge al medesimo traguardo anche La Posta di Monforte d’Alba (località Sant'Anna, 87).
Ma veniamo a Gennaro. Il ristorante porta il suo nome: ha uno spazio d’ingresso che col bel tempo potrebbe diventare il dehors ideale, mentre l’interno è una sala di moderno e lucente design concepito con un certo calore.
La carta dei vini è prudenzialmente adeguata al suo menu, con i vini del Castello di Perno (buona la Nascetta anche se costa 30 euro, ottimo il Nebbiolo), ma anche quelli di Cascina Fontana e di altri selezionati produttori langaroli. Ovviamente non manca il Moscato di Saracena, quello di Viola, che è un vertice dei nostri assaggi. E chissà se qui, un giorno, potranno trovare casa anche quei giovani straordinari produttori calabresi, che proprio quest’anno abbiamo premiato tra i 100 migliori d’Italia. In ogni caso avrete grande soddisfazione nel bere e anche nel mangiare.
Si parte con una teoria di quattro amuse bouche, accompagnati da panini, pane a fette e grissini fatti in casa e, anziché il burro, ecco in tavola un olio solido, delicatamente aromatizzato agli agrumi dallo stesso chef. L’entrée offerta è un involucro di patate con all’interno un uovo cremoso, mentre dalla carta ordiniamo la sua interpretazione di insalata russa, davvero nitida ed eccellente e poi un tortino di polenta, miele e Moscato con salsa alla senape grezza, porcini scottati e melassa di fichi (fantastico). Molto buono, quasi da chiederne il bis, la seppia con crema di mandorle e brodo di cavolo cappuccio. Non abbiamo assaggiato solamente la battuta di fassona a coltello con emulsione di capperi e acciughe e mousse di olive nere, che vorremmo immaginarci per una merenda sinoira.
Fra i primi saranno spaziali gli gnocchi di patate e capperi su crema di peperoni alla brace di Carmagnola. Un piatto decisamente altissimo come risultato che ci fa riconoscere in pieno il mood di Gennaro: la passione per i prodotti del territorio, in questo caso quello piemontese, d’azione. Altri primi: i tajarin in estratto di arancia con zenzero e scampi marinati al Brandy; il risotto alla nocciola e timo; lo spaghetto al porro di Cervere e salsiccia di Bra.
Notevolissimo fra i secondi il filetto di fassona in demi-glace al Barolo, melograno e yogurt acido al limone. La carne se la procura in una macelleria di fiducia di un paese vicino, tanto per capirci. E tanto per segnare dove sta l’originalità del suo successo (nella spesa ricercata, anziché nei comodi camioncini gourmet). Se invece desiderate stare sul pesce, ecco il sandwich di spigola e spinaci in salsa di gazpacho.
Quando poi ordinerete i dolci, chiederete anche voi, come abbiamo fatto noi, se Gennaro è un pasticciere. Lui si schermirà dicendo di no, anche se è andato a scuola da un maestro che porta il nome di Gino Fabbri. E allora ecco il semifreddo al torrone con crema di limoni e nocciole caramellate (notevole), la marquise al cioccolato, caffè e polvere di olio extra vergine di oliva (grandiosa e non ho più aggettivi, davvero unica) e infine il gelato allo yogurt di capra su crumble al miele e sesamo nero e salsa al Barolo.
I menu degustazione sono con 6 portate scelte dallo chef (65 euro) oppure 4 portate (a 40 euro). Che dire? Le corone radiose sono fatte così. Affrettatevi perché questo cuoco di appena 34 anni, che lavora da quando ne aveva 17, sta portando una ventata di freschezza e novità che fa onore alle stesse Langhe. Bravo, bravissimo!