Le feste di Natale sono ormai lontane, ma per fortuna, dal punto di vista dolciario, s’intende, si avvicina la Pasqua. Ora, in verità nel Veronese dove di dolci natalizi se ne intendono, si continua a mangiare fino a Pasqua (se non è troppo alta) l'Offella d'oro, il dolce progenitore del Pandoro che, se ha perduto la palma di dolce natalizio per eccellenza, ha conservato quella di dolce della tradizione ricco e adatto per portare conforto nelle fredde giornate invernali.
A produrla da sempre la Pasticceria Perbellini un nome segnalato da anni sul nostro Golosario (la sede principale si trova a Bovolone, via Vittorio Veneto, 46 - tel. 0457100599) che si intreccia ormai da quasi 150 anni con la storia della pasticceria veronese, come ci racconta uno dei titolari Giovanni Battista Perbellini.
Il primo ad avviare l'attività è stato il mio bisnonno Luigi Perbellini, che ha aperto la panetteria a Isola Rizza nel 1872, allora non si parlava ancora di pasticceria. Il primo pasticciere di famiglia è stato mio nonno Giovanni Battista Perbellini che lavorava alla Melegatti.
L'azienda conosciuta per aver brevettato nome, forma e ricetta del Pandoro?
Esatto mio nonno era in azienda negli anni della nascita di questo dolce, poi lasciò il lavoro per aprire la sua pasticceria a Bovolone e rimase fedele alla tradizione dell'Offella d'oro, una ricetta invernale antica di queste parti che aveva in qualche modo ispirato la ricetta del pandoro.
Vuole raccontarci come si prepara l'Offella d'oro? È un dolce lievitato con lievito madre che richiede tre giorni tra preparazione, impasto, lievitazione (per un giorno intero) e cottura. L'impasto, simile a quello del Pandoro, è molto ricco e grasso (contiene infatti burro, zucchero, uova e farina) e quindi non è facile la lievitazione: infatti non siamo mai riusciti a superare la pezzatura di 850 grammi per l'Offella. Il segreto della buona riuscita sta in un buon lievito madre e in una lunga lievitazione sostenuta da farine forti e ricche di glutine, noi in particolare usiamo la farina Panettone Petra del Molino Quaglia. La particolarità dell'Offella però è anche che, alla base dello stampo di cottura, viene appoggiato uno strato di mandorle, sulle quali si riversa il burro, durante la cottura, contribuendo a una tostatura davvero golosa di questi frutti. A fine cottura l'Offella è estratta dallo stampo e lo strato di mandorle rimane sopra il dolce, poi viene incartata e legata a mano con un tralcio di vite. La preparate tutto l'anno? Un dolce così ricco, possiamo farlo solo in inverno, che è la stagione migliore per mangiarlo ovviamente; partiamo a novembre e finiamo a Pasqua (quando non è troppo alta). Le mandorle inoltre sono un valore aggiunto, ma ne accorciano enormemente la durata, infatti un'Offella non può durare più di 60 giorni senza che venga compromessa la croccantezza delle mandorle. Quali sono gli altri dolci che storici hanno fatto la storia di questa pasticceria? Prepariamo l'Offella d'oro dai tempi di mio nonno, e prepariamo ovviamente tutte le ricette classiche di pasticceria, ma dai tempi di mio padre Ernesto prepariamo la Millefoglie Strachin.
Un nome particolare, che fa pensare allo stracchino... Sì, ma non è così, in questo caso è un dolce freschissimo e molto delicato, che dura davvero poche ore, (dopo di che rischia di diventare “stracca” e sedersi): una millefoglie farcita con crema soufflé preparata con uovo, burro e zucchero. Mentre prepariamo tutto l'anno il Fior d'Albicocca una focaccia dolce lievitata con ghiaccia di mandorle e gocce di marmellata d'albicocca. E poi il Pan dei Siori, un dolce a pasta lievitata, profumato di cannella, con uvetta, cedro e arancio a pezzetti, noci, mandorle e fichi secchi.
Disponete di un piccolo patrimonio di ricette storiche, originali da veri artigiani Dalla nostra storia arriva un po' il nostro tesoro di famiglia. Da Giovanni Battista a Ernesto, fino al sottoscritto, che si chiama sempre Giovanni Battista. Ho 81 anni e da sempre ho seguito la pasticceria di famiglia con i miei fratelli Flavio ed Enzo (che è venuto a mancare nel 2012).
Ma ora il testimone è passato al figlio di mio fratello, mio nipote Pierluigi e la tradizione di pasticcieri e cuochi/e (perché molte donne della nostra famiglia sono state delle cuoche) continua…