Sale o non sale, questo è il problema. Chissà Amleto cosa avrebbe pensato, se l’utilizzo del sale ai suoi tempi fosse stato massiccio come ai giorni nostri.
Shakespeare a parte, nell’eterna diatriba tra salutisti e cultori dei cibi “saporiti” si apre uno spiraglio verso la mediazione. A dare l’input è Riccardo Paloscia, medico gastroenterologo del San Camillo di Roma che nel libro “Nostro Sale Quotdiano” parla chiaro: il sale può far male se usato senza criterio. Ma nessuno che lo usi bene ne avrà danno. Come a dire - ancora una volta - che la giusta via sta nel mezzo.
Ma qual è la “giusta via”? Stando a quanto raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità, la dose giornaliera da non superare ammonta a 5 grammi. Una quantità - ahinoi - da cui gli italiani sembrano ancora troppo lontani, dal momento che il 90% degli adulti, l’85% degli ipertesi e il 91% dei bambini tra i 6 e i 18 anni eccede ancora la dose consigliata.
Lo ha ricordato anche il Ministero della Salute in occasione della Settimana mondiale di sensibilizzazione per la riduzione del consumo di sale, in programma fino al 18 marzo. L’iniziativa, volta a incoraggiare le multinazionali alimentari a ridurre il sale nei prodotti e a sensibilizzare i Governi sulla necessità di sviluppare un piano per ridurne il consumo tra la popolazione, prevede anche una campagna che indica 5 azioni concrete per limitare l’impatto del sale nell’ alimentazione quotidiana:
• scolare e sciacquare verdure e fagioli in scatola e mangiare più frutta e verdure fresche
• diminuire gradualmente l’aggiunta di sale ai propri piatti preferiti
• per cucinare e dare sapore, al posto del sale meglio usare erbe, spezie, aglio e limone
• mettere il sale e le salse salate lontano dalla tavola
• controllare le etichette dei prodotti alimentari per scegliere quelli a minor contenuto di sale.
(Fonti: Libero di sabato e Ansa)