Dunque una panoramica dei brut usciti nel 2017, ma anche delle Bonarda e dei Riesling, con qualche sorpresa in più rispetto alle degustazioni fatte precedentemente.
Ora, sono certo che scriveremo cose impopolari, ma le riflessioni servono per un confronto, altrimenti si rischia di fare solo elogi acritici, secondo la regola mai scritta che "ogni scarrafone..."
Iniziamo con la prima riflessione: il Pinot nero brut.
In Oltrepò la strada ha molte ramificazioni: dal Blanc de noir al Cruasé, anche se non tutti rivendicano questo acronimo. E ancora oggi in etichetta, trovi sui brut oltrepadani in genere una disparità di menzioni: Talento e Classese, per esempio, retaggio di un passato che non ha avuto affermazione. Per il brut rosè trovi invece Cruasé e semplicemente Rosè. Ma anche le tipologie di brut sono differenti. Alcuni sono equilibrati e di colore paglierino classico, altri, che invece hanno tonalità vicino all’oro, “champagneggiano”, con speziature e strutture complessive importanti.
Tuttavia, a leggere i risultati dei nostri assaggi, incomincia a farsi avanti un dubbio: la strada migliore non è forse la cuvée (pinot nero e chardonnay) anziché il blanc di noir? Dipende. Certo è che la partita per noi è terminata 2 a 1, nel senso che i campioni che hanno ottenuto il massimo dei voti (5 *****) sono stati rispettivamente due cuvée e un blanc de noir. I nomi? Travaglino con la riserva del Fondatore “Vincenzo Comi” 2010, che esprimeva una finezza al naso e in bocca davvero unica.
Un ottimo risultato, che ha trovato come compagno per noi stupefacente il Cépage di
Vistarino, un pas dosè 2008 che aveva corpo, eleganza, speziature minerali encomiabili, molto simili a quelle che spesso si ritrovano in uno Champagne.
Il Blanc de Noir migliore è invece stato quello di
Prime Alture “Io per Te”. Anche questo aveva color giallo oro, con note intense di banana e vaniglia, poi un’acidità imponente in un sorso di corpo.
Altri campioni interessanti il Brut Nature di
Rebollini 2013, il More brut 2014 del
Castello di Cicognola, il Pinot Nero Brut 2013 di
Cà del Gè e il Pinot 64 del 2014 di
Calatroni.
Ed ora veniamo ai rosè o
Cruasé.
Molto differenti fra di loro, la soddisfazione e il carattere lo abbiamo riscontrato nel campione di
Roccapietra del 2012 (Cruasé)
ma davvero niente male il Cruasé extra brut 2013 di
Bruno Verdi.
In totale abbiamo assaggiato 46 campioni di bollicine, che completano gli assaggi fatti precedentemente, per cui alcuni nomi mancavano. Ma a questo link (
/assaggi-e-news/cantine/rose-oltrepo-pavese) c’è il resoconto della precedente degustazione.
In sintesi: le bollicine oltrepadane offrono risultati eccellenti, ma i campioni risultano troppo diversi l’uno dall’altro (diametralmente opposti). A questo punto inizierei a domandarmi qualcosa sul colore. È giallo oro il brut dell’Oltrepò? I campioni che ci hanno dato più soddisfazione erano così, sia che fosse blanc de noir sia cuvée, strada, ripetiamo, molto interessante, giacché in alcuni pinot nero in purezza, un po’ di chardonnay ci sarebbe stato bene.
Secondo blocco: i
Riesling.
Questo è il vino bianco dell’Oltrepò Pavese, non ci sono dubbi, anche se la degustazione precedente ci aveva un po’ delusi (per leggere l'articolo clicca
qui). Tuttavia i campioni di questa seconda tornata, vendemmia 2017, erano più convincenti e anche coerenti.
Il massimo dei punteggi è andato al Riesling 2017 "Filagn Long" di
Cà del Gè, decisamente complesso, equilibrato che spicca col suo colore oro brillante. Negli appunti abbiamo scritto:
“Ha proprio tutto del Riesling”.
Cà del Gè fa anche il Riesling Il Marinoni, che era più minerale e sempre molto buono, e il Brinà: una macedonia di spezie. Ma chi ha quasi raggiunto il top è stato il Riesling “Vigan Corta” 2016 di
Bruno Verdi. Buono il campione 2017 di
Torrevilla, che evocava i fichi d’India e
Alessio Brandolini con un Riesling 2017 elegante e dall’acidità rotonda.
Terzo blocco:
Bonarda.
Be', qui siamo per ribadire quanto ci aveva dato la degustazione dei campioni 2016: entusiasmo. Se c’è un vino dell’Oltrepò Pavese dove trovi quello che vorresti, questo è la Bonarda. Ed hai la sensazione che i produttori ci credano davvero, altrimenti non farebbero dei vini così buoni, cremosi, di ottima concentrazione al colore e con un velo di tannicità accattivante. Qui il risultato della degustazione precedente (
/assaggi-e-news/cantine/bonarda-degustazione-oltrepo), mentre per quanto riguarda i 20 campioni di quella odierna conquista il podio
Travaglino con la Bonarda Moranda 2017. Un’invasione di frutta, con note di pesca di vigna, per un vino elegante, cremoso, perfetto.
Gli altri cinque ***** pieni li ha poi ottenuti
Annibale Alziati con il suo Gaggiarone 2010, ma anche 2005. Ma questa è un’altra storia, perché qui abbiamo una Bonarda ferma, che vuole dimostrare come questo rosso sia anche un grande vino di lungo affinamento. Ne senti la tannicità, la viola imperiosa e la prugna, la salvia e l’erba limonina. Grandioso!
Altri ottimi: la Bonarda Bricco del Prete 2017 di
Cà del Gè, la Bonarda Possessione di Vergombera 2017 di
Bruno Verdi e quella di
Torrevilla 2017, che ci ha sorpreso anche col campione “bio” del 2016. Molto buone anche la Riva di Sass 2017 bio di
Quacquarini, che svela la mineralità in maniera precisa e pulita e quella di
Calatroni, il “Vigio” 2017 dall’avvincente color porpora.
Ultimo blocco: campioni sparsi di
Pinot nero che anche questa volta non ci hanno convinto. Se l’Oltrepò è la terra del pinot nero non ci si capacita di rossi così modesti: non è un gran bel biglietto da visita. Meglio la Croatina Dintorni 2015 di
Alziati che aveva note di latte di mandorla, mentre continuiamo a convincerci con l’ultimo bicchiere di
Fiamberti, che il Sangue di Giuda è “tanta roba”, anche se un vino dolce rosso e frizzante se lo filano in pochi fra i produttori. Ma i consumatori, se lo provano, ne sono conquistati.
P.s. Con questo endorsement verso il Sangue di Giuda offriamo la spalla volentieri a chi subito penserà: be', se gli è piaciuto il Sangue di Giuda, cosa vuoi che capiscano del pinot nero. Evvai!