In una degustazione di campioni 2016 dell'Oltrepò Pavese la conferma di un vino da serie A
C'è stata la Bonarda considerata vino da pasto, spesso autoprodotto e con molti difetti. C'è stata la Bonarda da produrre in grandi quantità senza guardare (salvo alcune eccezioni) al punto di vista qualitativo. E oggi siamo alla Bonarda della maturità frutto di un lavoro costante di miglioramento, per arrivare alla sua massima espressione, con annate come il 2016, ma anche il 2017.
Ora, la sorpresa alla fine dei tanti assaggi è stata non per l'affermazione di qualche singolo, ma per un'alta qualità generalizzata. L'annata 2016 che abbiamo analizzato in una degustazione di 15 campioni, guidata da Paolo Massobrio, ci ha confermato questa tendenza al costante miglioramento che osserviamo ormai da un decennio a questa parte.
Se dovessimo scegliere una bottiglia per raccontare questo vino a chi ancora non lo conosce, per l'annata 2016 andremmo a stappare la Bonarda Passo Gaio di Cantine Cavallotti. Il sorso è da manuale, a partire dal colore di un bel rosso concentrato, fino al naso dove troviamo anzitutto una bella pulizia, poi i classici profumi di frutta e la nota floreale ben espressa (qui di petali schiacciati). È in bocca dove sa esprimersi al meglio. Per definirlo bastano tre aggettivi: fine, cremoso, tannico. E se oggi fanno un vino così, che ha “importanza” pur essendo del genere frizzante, significa che hanno iniziato a crederci. Questo è il vino ideale con la cucina padana!
La Bonarda La Briccona di Fiamberti è un altro campione che sa imporsi fin dall'aspetto con un colore rosso intenso che svela già una concentrazione che ritroveremo poi in bocca, accompagnata però da un'eleganza non indifferente.
Anche Colle del Bricco con la Bonarda Makedon merita il podio. Qui usciamo dai confini della Bonarda più classica e troviamo un vino dove al naso i profumi caratteristici lasciano spazio a una marcata speziatura. In bocca è potente.
Un'impressione simile ci ha lasciato l'assaggio della Bonarda targata Vanzini: interessanti note verdi al naso, in bocca fresco e armonico.
Ca' Tessitori mette a segno un ottimo vino con la sua Bonarda: rosso vivo, al naso mostra netta la viola al massimo della sua espressione, in bocca risulta cremoso.
La Piotta di Padroggi allo stesso modo si apprezza al naso per le sue note floreali che in questo caso virano però più sulla rosa, mentre in bocca fresco e beverino e si fa immaginare anche come vino da accompagnare a un aperitivo importante.
La Bonarda Vigna Il Modello di Monterucco punta sulla concentrazione, così come il campione Bricco del Prete di Ca' del Gè che al naso risulta quasi profondo e in bocca mostra una certa consistenza, mentre C'era una volta la Bonarda di Guarini dal 1910 a dispetto del suo nome strizza l'occhio alle giovani generazioni: grande pulizia, profumi quasi dolci di gomma da masticare, buona freschezza.
Due note fuori 2016. La prima è per la Bonarda di Riccardi che ci ha presentato un 2015 molto gradevole, con un naso fine nei suoi profumi da manuale di viola e floreali, in bocca giusta freschezza e tannicità per una buona beva.
Infine, Vaiolet di Monsupello che abbiamo lasciato per ultima, perché di annata più recente (il campione assaggiato è il 2017). E qui parliamo di un vino che vorremo bere e ri-bere. Alla vista il colore ha la stessa concentrazione che si ritrova al naso e in bocca, con frutta e fiori al massimo della loro vivacità, bollicina fine e giusta tannicità.
Assaggiato questo campione, anche per il 2017 ci attendiamo grandi cose. E Paolo Massobrio alla fine l’ha definita la Bonarda perfetta.