Il 22 febbraio in tutto il mondo si festeggia il Margarita Day, giornata dedicata al più famoso e storico dei cocktail messicani. Di racconti legati alla nascita del Margarita ce ne sono almeno una decina, e in tutte c'è l'influsso di una donna. A Enrique Bastante Gutierrez, che lo avrebbe dedicato a Margarita Carmen Cansino, vero nome di Rita Hayworth, contendono il primo Margarita Daniel Negret, responsabile del bar di un hotel di Puebla, che lo avrebbe creato nel 1936 per la fidanzata Margarita. E anche Carlos “Danny” Herrera, ristoratore di Tijuana, che nel 1938 lo avrebbe miscelato per una giovane attrice, Marjorie (ossia, Margarita) King, allergica a tutti i superalcolici, eccetto il tequila (la storia non quadra, perché anche il Cointreau è un superalcolico). O ancora, Francisco Morales, detto Pancho, barman al Tommy's Bar di Ciudad Juàrez e pure la texana Margaret Sames, che nella sua villa ad Acapulco lo preparava per i suoi ospiti.
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Tante donne, di mezzo. Eppure, dietro un'apparenza di freschezza e gentilezza, si nasconde invece un cocktail piuttosto potente, e pure infingardo, poiché la sua aria innocua cela invece una certa propensione agli “effetti collaterali”, se a un sombrero – il bicchiere dalla forma del tradizionale copricapo messicano - si aggiunge un sombrero, e poi un sombrero e un altro ancora. Tequila, lime, triple sec: la sua formula è semplice e, in questa triplice partizione, rappresenta uno dei sour più bevuti al mondo (l'altro è il Daiquiri). Di certo, è ricco di acidità (il lime) e di afrori erbacei, donati dalla tequila, solamente arrotondati dalla note piacione del triple sec.
4 cl tequila
2 cl triple sec
2 cl succo fresco di lime
Versate gli ingredienti nello shaker con il ghiaccio e shakerate vigorosamente. Filtrate con lo strainer in una coppetta cocktail raffreddata, precedentemente orlata di sale solo per metà.
Tequila e mezcal si ottengono dalla distillazione dalla medesima pianta, ossia l’agave, pianta spinosa che cresce sugli altopiani desertici del Messico, tra l'ocra della polvere e l'azzurro terso del cielo. Le sue grasse foglie nascondono all'interno la “piña”, ossia il cuore dell'agave. Frantumando e cuocendo la piña in forni alimentati a carbone, si ottiene un liquido che viene poi fatto fermentare e successivamente distillato per ottenere il prodotto finale. Che sarà il tequila (già, è maschile), se prodotto esclusivamente nello stato di Jalisco da un unico tipo di agave, l’agave tequilana Weber della varietà azul (agave blu).
Per il mezcal, invece, si possono utilizzare più di trenta varietà di agave (in Messico ne esistono circa 150 varietà) provenienti da sette zone del Messico. E il gusano, che contraddistingue il mezcal dal tequila? L'usanza (ma oggi per fortuna non è più così) di metterne uno nelle bottiglie di mezcal nasce intorno agli anni ’40 del secolo scorso, soprattutto nelle vendite al mercato americano, come simbolo di “genuinità”. Si tratta di una larva di lepidottero (Gusano Blanco o Gusano Rojo) che vive all’interno dell’agave e che in Messico viene abitualmente mangiato, fritto con sale e peperoncino, anche perché tradizione vuole che sia allucinogeno e afrodisiaco.