Ci spostiamo correndo dietro alle fioriture
Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista giapponese Ryoritsushin il 30 settembre 2019.
“Per portarli via, bisogna prenderli di notte, quando sono tutte nella loro casa. Viaggi con i camion e devi badare di essere arrivato al levar del sole perché si precipiterebbero tutte insieme per uscire, rischiando di soffocare”.
“Sai, negli anni 70, appena scaricate sentivano il profumo dei fiori a 1.200 m di distanza. Oggi lo sentono a 600/700 metri. La loro capacità è dimezzata perché l’aria non è più la stessa”.
Sembra un’avventura ed in effetti lo è. Chi parla così è Nicola Tieri, abruzzese, allevatore di api che pratica il nomadismo degli alveari, produttore di tante tipologie di miele, “coltivatore di biodiversità” come ama definirsi, pensando al lavoro che fanno le sue api, impollinando piante e fiori.
“A fine gennaio si va in Puglia, nella Murgia Barese e Tarantina. Lì produrremo da mandorlo, rosmarino, timo e ciliegio, rimanendo circa due mesi. A fine marzo andiamo in Basilicata, nel Metapontino, a produrre miele d’arancio.
A maggio metà alveari saranno in Abruzzo per fare il miele di Sulla, una leguminosa dai bei fiori rossi, il cui miele delicato ha ottime qualità diuretiche e depurative. L’altra metà li porteremo nel basso Molise sui fiori di coriandolo.
Per tutto il mese di giugno in Abruzzo produrremo acacia e verso la fine il castagno. Nelle Marche il girasole e nell’Agro Pontino, in Lazio, il balsamico eucalipto.
Il mese di luglio in Abruzzo è dedicato alla melata. A differenza del miele di nettare, che discende direttamente dai fiori, la melata è una sostanza che viene raccolta dalle foglie degli alberi. Afidi ed altri insetti succhiano la linfa delle foglie delle piante, da cui viene sprigionato un liquido molto zuccherino dal basso contenuto proteico. Il metabolismo di questi piccoli insetti genera una sostanza ben gradita dalle api e trasformata in un miele molto scuro, ricco di sostanze minerali.
Agosto e settembre si va in montagna, a 1200 m, a produrre quello di santoreggia, tipico delle montagne abruzzesi: è di colore ambra chiaro con riflessi verdi. Il suo aroma è gradevole, il suo sapore è persistente e caratteristico.
Dopo ottobre le peregrinazioni sono finite, ci si prenderà cura delle api affinché riescano a superare l’inverno.”
Sono le api da sole a compiere il miracolo. L’apicoltura non è un lavoro ma una gioia.
Siamo a Tornareccio, la capitale abruzzese del miele dove ogni anno, a fine settembre, si svolge la rassegna “Regina del miele” con degustazioni, pranzi, cene a tema, spettacoli. D’altra parte, il 10% della produzione nazionale arriva proprio da qui, da questi apicoltori che, già prima della seconda guerra mondiale, iniziarono a praticare l’apicoltura nomade, per sfruttare più fioriture durante l’anno.
“Il territorio del nostro paese”, continua Nicola “va da 400 a 1.000 metri d’altezza. Con queste pendenze, l’agricoltura non dava molte possibilità invece, per le api, il periodo della raccolta era più lungo, con fioriture più varie e in tempi diversi, così qualcuno iniziò a dedicarsi al miele. Oggi, con soli 1800 abitanti, ci sono 10 ditte professionali, come la nostra e una ventina di famiglie che lo fanno come seconda attività”.
“La nostra azienda a conduzione familiare è nata nel 1930 ed è condotta, dagli anni 90 da me e mio fratello Fabrizio con mia moglie Giovanna. Giovanna è la nostra mente creativa: si occupa della fattoria didattica, delle scuole, dei nuovi prodotti. Grazie a lei è nata la linea delle “Ngurdunizie” (golosità in dialetto abruzzese) in cui il miele viene valorizzato insieme ad altre tipicità, come i pistacchi di Bronte o il peperoncino. Oggi con noi c’è anche la quarta generazione: il primogenito Federico e sua sorella Mariella, che si occupa di comunicazione e promozione.
In azienda siamo 7 addetti; 5 familiari e 2 dipendenti e gestiamo 1200 alveari, di cui ciascuno ha circa 60.000 api con cui produciamo ogni anno circa 400/500 quintali di miele biologico. Sono le api le vere protagoniste di questa storia. Sono loro a fare il miracolo. Noi le accompagniamo e, devo dirti, per me questo non è un lavoro, è una gioia e mi ritengo un uomo fortunato”.
“Naturalmente le api non riconoscono l’uomo; per questo, per avvicinarle, bisogna coprirsi, farlo con cautela, senza movimenti bruschi ed usare l’affumicatore. Producono il miele per sé stesse ed il fatto che noi lo prendiamo le obbliga a produrne ancora, così la regina deve continuare a deporre uova per avere nuove operaie.
Le cosiddette api bottinatrici succhiano il nettare che finisce nella cosiddetta borsa melaria e, già nel ritorno all’alveare, gli enzimi cominciano a lavorarlo e ad effettuare la trasformazione. Giunte all’alveare le bottinatrici, attraverso la trofallassi, cedono immediatamente il nettare alle api magazziniere per essere pronte per un nuovo viaggio.
Questo miele, depositato negli opercoli ha un contenuto d’acqua elevato, circa il 50% che deve essere ridotto al 18% per la buona conservazione. Così, durante la notte, le api di casa muovono tutte contemporaneamente le ali, creando dei vortici d’aria che asciugano il miele. Il crepitio dell’alveare in questa fase è’ riconoscibile anche a 100 metri di distanza.”
“Questa passione m’è stata instillata dal nonno materno Gino Di Vincenzo che, da bambino, mi raccontava tutto quello che sapeva sulle api. A me emozionava più d’una fiaba e non vedevo l’ora che mi portasse agli alveari per vedere queste cose dal vero”.
“Per la smielatura allontaniamo le api con un soffiatore poi, estratti i melari dall’alveare, togliamo il tappetto di cera che chiude i favi (disopercolare) ed estraiamo il miele con una centrifuga. Praticamente il prodotto non subisce nessun trattamento. Dopo 15/20 giorni viene invasettato”.
“Purtroppo dove c’è agricoltura intensiva, soprattutto monoculture, le api muoiono a causa degli antiparassitari e degli insetticidi.
Ce n’è un tipo, i neonicotinoidi, che agiscono sul sistema nervoso degli insetti che non ritrovano più la via di casa. Anche l’agricoltura biologica viene realizzata in mezzo ad altre zone dove vengono utilizzati questi prodotti. Per questo è importante cercare posti adatti per produrre il nostro miele.
Mi hanno detto che in Giappone, a Tokyo, le api vengono allevate sui tetti dei grattacieli e vanno a bottinare nei parchi imperiali. Non so se sia vero, ma mi rattrista pensare che stiano quasi meglio in città, senza insetticidi”.
Comincio una fantastica degustazione di mieli dagli aromi e dai sentori tutti diversi: liquida gioia che cade a goccioloni su una fetta di pane caldo.
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NICOLA TIERI
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