Il recupero intelligente di una parte della storia italiana, quella della liquoristica, che oggi si sta affermando in Italia e all'estero
La visita in quella che è la nuova vita della Distilleria Quaglia (Viale Europa, 3 - tel. 011 9876159) di Castelnuovo Don Bosco (At) è stata per me edificante. Quasi una lezione di economia contemporanea, se penso che solo tre lustri fa il fatturato era appena di 400 mila euro, generato dalla produzione di grappa mentre oggi è dieci volte di più, con la grappa quasi ai margini di quello che è diventato un fenomeno internazionale.
Nata negli anni successivi all'unità d'Italia, la distilleria fu acquistata nel lontano 1906 dal cav. Giuseppe Quaglia e da allora è sempre appartenuta alla famiglia Quaglia.
Oggi è Carlo Quaglia, 49 anni, pronipote del cavaliere, il comandante di questa sfida. Attingendo le risorse dalla sua passione per la botanica (è perito agrario con conoscenza di biologia e botanica), da lì, nel 2000, inizia a esplorare, fino ad arrivare al 2011 con il lancio di Berto, un vermouth che piace.
In quell’anno allo City Space Bar di Mosca esplode il caso del vermouth artigianale italiano e la notorietà dilaga in tutto il mondo.
Nel 2012 è la volta del Gin con infuso di iris, di rosa e di tanaceto per citare alcuni ingredienti. Ed è un altro successo.
Al che Carlo apre il cassetto del nonno e trova i quaderni scritti a mano con le ricette dei liquori: nasce così la linea Vintage che annovera chinotto, camomilla, pino mugo, orange brandy, violetta, rabarbaro, liquirizia, rosa, zafferano e assenzio. Quindi bergamotto, ciliegie, lamponi, che Carlo desidera sempre di più a chilometro zero: “Sto diventando contadino ora, per assecondare questo principio”.
C’è anche un raro liquore come il Kummel, con il cumino selvatico e il ratafià fatto con le ciliegie di Pecetto Torinese.
Questi liquori, che vengono messi in un'elegante bottiglia (davvero indovinata), fanno presto il giro dei locali migliori. Io l'ho vista la prima volta nel bar della Premiata Fabbrica della Pizza a Bassano del Grappa e poi nel ristorante L’Oste Scuro di Verona, corona radiosa del nostro GattiMassobrio.
A Balme si procura la materia prima per il Genepì, prodotto con alcol bio da grano tenero, quindi l’achillea. Ma Carlo non è un personaggio abituato a sedersi sugli allori di un successo. Lui vuole fare ricerca ed esprimere una cultura del prodotto secondo il mantra di territorio, naturalità e liquori creati con vegetali e mai con la chimica. Quindi il verde della clorofilla e il rosso della cocciniglia.
L’azienda conta venti addetti e c’è anche la compartecipazione in due locali: uno ad Olbia (Spirits Boutique) e uno a Vernazza (Cinque Sensi).
Produce 5 mila litri al giorno di liquori e 18 mila litri di estratti. Il momento più emozionante della visita è quando scendiamo in cantina, dove sostano botti di legno di diversa origine, ognuna con un prodotto dal profumo netto, che poi serviranno per creare i suoi prodotti.
Siamo alla vigilia di un momento speciale, dove credo si realizzerà il sogno di una cascina in mezzo alla campagna di questo pezzo di Monferrato (il cosiddetto Basso della Terra dei Santi), che concentrerà coltivazioni e produzioni. Nel frattempo Quaglia significa affidabilità, ovvero recupero intelligente di una storia italiana, quella della liquoristica, che per troppo tempo è rimasta chiusa in una tradizione stantia. Ma come in tutte le storie, sono i nipoti quelli che hanno il coraggio di aprire i cassetti e di rilanciare quella scienza quasi esatta che è l’empirismo su cui si basarono i nonni, i fondatori. Bravo Carlo!