Aggiornamento dal 16 al 22 aprile

EQUILIBRI FRA DOLORE OFFESO E AMORE

Apriamo questo editoriale con una buona notizia: Michelangelo Pistoletto, 86 anni, artista a autore dell’opera il “Terzo Paradiso”, dopo un mese di ospedale a Biella è guarito dal Coronavirus. E in un’intervista raccolta da Marina Paglieri su Repubblica ha detto che in una situazione dove la natura si è ribellata all’artificio dovrà nascere un nuovo equilibrio.

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Che è come quel cerchio vuoto della sua opera più conosciuta che brama un contenuto, un qualcosa da riempire. Michelangelo Pistoletto è un socio onorario del nostro Club di Papillon (nella foto sotto, la cerimonia a Biella del 2018 con il delegato Arnaldo Cartotto) e le sue riflessioni sono quanto mai attuali, in un momento in cui il rischio, dal punto di vista umano, è quella di veder emergere la superficialità, che è assai peggio di un’idea sbagliata o giusta.

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Come ogni settimana prendo dunque spunto da alcune riflessioni lette sui giornali. E a proposito di equilibrio, il direttore della Stampa Maurizio Molinari scrive nell’editoriale di sabato che: “Avremo una nuova metrica di leadership e credibilità internazionale, basata su una miscela di parametri senza precedenti: efficienza sanitaria, velocità amministrativa, sviluppo digitale e coesione sociale.”  Già, perché questo Covid può avere conseguenze strategiche nell’equilibro fra gli Stati esattamente come in un conflitto che avrà vincitori e vinti. Ma si parla anche di equilibro fra città e campagna, con uno Stefano Boeri che è convinto che il nostro futuro sia nei vecchi borghi che rischiavano l’abbandono (Repubblica di domenica), mentre Pierangelo Buttafuoco sul Corsera sostiene che “L’aria della città rende liberi; porta dinamismo, ricchezza, cultura, socialità, loisir e impegno, arte, architettura, letteratura, estetica”. E cita Marx che parlava di “idiotismo della vita rurale” che si sviluppa nella ripetizione del sempre uguale. Che dire? Fra i due litiganti forse ha ragione il terzo, che è la personalità o se vogliano l’Io: quell’insieme di coscienza ed esperienza che non si fa idiotizzare né in campagna e neanche in un monolocale dove è costretto alla quarantena.

Sulla Stampa tuttavia Bernard-Henri Lévy va giù duro dicendosi disturbato dall’idea che nel virus ci sia del buono. E il titolo della Stampa è senza appello: “Il dolore offeso dalle prediche sul virus killer”. E quindi attacca ogni scelta ideologica che derivi dal Covid 19: dal consumo di frutta di stagione alla diffidenza per i mercati internazionali. E poi ce n’è anche per chi vuol dare un significato a una faccenda “che è soltanto male” e così si rischia di oscurare le parole dei medici. E nel frattempo che facciamo? Come viviamo, cosa pensiamo e cosa proviamo? Non mi dica anche lei signor Bernard che siamo alberi… essere viventi ma non molto differenti dagli alberi (dai pipistrelli invece si).

Del resto anche i medici, che sono esseri pensanti come tutti gli uomini, non trovano concordia neppure fra di loro, perché davanti all’imprevisto o al buio non c’è che proseguire a tentoni. Ma anche qui, il pensiero incazzoso di Henri Lèvy ha un contraltare in Alessandro D’Avenia sul Corriere della Sera di domenica che invece parla del luogo in cui c’è il gusto, che sta nelle cose quotidiane. La parola di D’Avenia è Risorgere, che è connessa con “Il riconoscere la vita nascosta in ogni cosa: a casa, al lavoro, nel dolore, nella fatica, nelle relazioni, nella luce sulle foglie… in tutto, perché solo ciò che viene fatto per e con amore diventa vivo. Così la vita di sempre diventa la vita per sempre”.

È ciò di cui si discute in questi giorni, che sono come un frullatore di scenari sempre diversi, dove al centro c’è comunque e sempre quella cosa misteriosa e complicata che è la persona, percettore di bellezza e di dolore, di gioia e di stanchezza, di amore e odio. Ma anche di salvezza (anche solo dal coronavirus) e di presunzione nel tornare a fare analisi, senza un plissè di docile stupore davanti al dato che siamo ancora vivi. Ma cos’è una persona, cosa siamo noi che abbiamo meritato, tanto o poco, la vita sulla terra?

Paolo Massobrio

IL GRANDE ABBRACCIO DI UNA STORIA DI AMICIZIA

Questo collage di volti, che Monica Deevasis di Studiodue ha realizzato, dà l’idea di un grande abbraccio, di una rete di amicizia che ha prodotto più di 50 video messaggi sul Golosario.it attraverso il “Pensiero della sera”: una canzone, una poesia, una riflessione, una gag. Un modo per dire "Ci siamo e vorremmo continuare a stare insieme!". Fatela girare questa immagine, che verrà pubblicata sul nostro portale.

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DIARIO DI VIAGGIO

 

16 APRILE – MA SIAMO CERTI CHE NON SUCCEDA NIENTE?

Ora che ci è stata inibita la mobilità, a piedi e in auto, le giornate sembrano persino tutte uguali, ma solo apparentemente. Se qualcuno, come il sottoscritto, è impegnato a lavorare, le ore sembrano andare via veloci, anche se alla fine sei sul pezzo per 12 ore: mattina, pomeriggio e sera dopo cena.
Mi chiama Mario Calabresi per dirmi anche lui la stessa cosa: mai lavorato così tanto. E detta da uno che negli ultimi anni ha diretto due quotidiani importanti, La Stampa e Repubblica, c’è da crederci.

papillon.jpgLa propensione a comunicare è qualcosa di insito in chi ha scelto di fare il giornalista ed è un misto di piacere a mettere insieme le parole e di curiosità. Perché non è poi così vero che le giornate sono tutte uguali: ogni giorno ci sono una miriade di fatti e di contatti che aprono a scenari nuovi. Basta accendere il telefono e ascoltare. Il mio amico Roberto Formica, ad esempio, è chiuso nella sua casa a Pozzolo Formigaro, nella pianura del Mandrogno e ha saputo da un suo vicino che la cantina Lajolo Reginin di Vinchio fa vendita di vino con consegna a casa. Così lui ha ordinato un paio di cartoni di bottiglie, fra cui il mitico Intruso, il Grignolino che premiammo alcuni anni fa. Nulla di eccezionale questa notizia, però a me ha acceso una lampadina, perché se è vero che ci sono mille mezzi per far sapere un’iniziativa (quante cantine fanno il medesimo servizio?), alla fine fa centro il passaparola, ossia ciò che ha sperimentato un amico o il vicino di casa. Faccio un altro esempio: mentre sto scrivendo al computer mi chiama un numero che non ho registrato. Rispondo: “Sono Giorgio Valentini, volevo sapere come stava?”. Ora, questo signore è un anziano parrucchiere di Verona, che apre il suo negozio in corso di Porta Nuova. E da tre anni vado a farmi tagliare ii capelli da lui, avendo un’assidua frequentazione della città scaligera. Beh, lui che ha fatto, se non un’efficace azione di gentilezza e di marketing, curando uno ad uno i suoi clienti, con un semplice saluto, una telefonata. A me ha fatto felice, e lui credo abbia conservato la certezza che i suoi clienti li ritroverà. Il fattore umano: questo bisogna mettere in conto, questo si deve coltivare, altro che noia.

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VENERDI' 17 -  L’INCHIESTA FRA I CUOCHI

Stamane pubblichiamo un’inchiesta sullo stato dell’arte del mondo della ristorazione, dopo aver interpellato una ventina di cuochi intorno alla provocazione dei pannelli in plexiglass. Un’inchiesta significativa visto che le letture supereranno le oltre 4.000 visite. Lo spunto lo abbiamo preso da quella foto dedicata ai separatori in Plexiglass che ha iniziato a girare sui social e poi sui quotidiani. Una soluzione che è stata subito bocciata, mentre mi dicono che interessa a chi ospita gruppi numerosi, magari pellegrini in visita a santuari. Tuttavia la ristorazione boccia in toto questa soluzione, ma nello stesso tempo non sembra avanzare proposte che possano arrivare a un dunque. E men che meno le proposte arrivano dal Governo, che a premier alterni cita l’enogastronomia come strategica, salvo poi dimenticarsene. Ecco l'articolo pubblicato su ilGolosario.it.

papillon.jpgL’unica cosa che hanno chiesto i cuochi, alla fine, è una cosa semplice: avere certezza, poter sapere quando rimettersi in gioco perché un prolungamento di chiusura, senza aver la possibilità di provare a mettere in campo misure di sicurezza, potrebbe essere letale per tutta l’attività. E mentre Carlo Cracco mi chiama al telefono capisco che anche lui è sicuro di una cosa: qualunque sia la ripartenza, tutto sarà graduale, ma non per imposizione, ma per timore di fare passi falsi. In assenza di un vaccino, del resto, si brancola nel buio.
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SABATO 18 - GIORNATA DI DEGUSTAZIONI

Ed eccoci arrivati al sabato che solitamente è una giornata dedicata ai mestieri in casa (il giardino, la cantina…). E mi immergo nella quinta degustazione di bottiglie d’antan, che a me servono per fare riflessioni sulla natura di certe bottiglie e sul valore di determinate annate. Il 1993 ad esempio emerge ancora prepotente, così come il 1996, mentre questa volta il vino che mi conduce alla commozione sarà una malvasia di oltre 30 anni, prodotta a Magomadas da Gian Vittorio Naitana: il Murapiscados.

papillon.jpgRino Fontana, amico di vecchia data con il quale ho condiviso degustazioni uniche, mi ha inviato una foto scattata nei primi anni Novanta dove io e lui siamo in compagnia di Gianfranco Soldera. In una di quelle sere dove Rino metteva a disposizione alcune sue bottiglie da collezione, che avremmo assaggiato pressoché solo quella sera in tutta la nostra vita, ospiti della trattoria di Sant’Espedito, per l’esattezza. Ricordo un Barolo del papà di Angelo Gaja degli Anni Cinquanta e altre chicche di questo genere. Ma io ero troppo giovane per capire le sfumature che invece apprezzo oggi, davanti a bottiglie dalla stoffa lunga e persistente. Perché è vero che puoi fare esercizio, ma nel rapporto con il vino tutto cresce con l’esperienza e con la confidenza che puoi avere con certe bottiglie. In fondo il degustatore ha una sorte parallela con quella del vignaiolo: ci vogliono anni per capire al volo dove andrà a parare una certa annata. E allora ringrazio Rino, Gianfranco, Josko, Giacomo, per la pazienza che hanno avuto con me… prima o poi sarei arrivato anch’io a comprendere la verità del vino.

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DOMENICA 19 – PENSIERI IMPROVVISI E DOCILITA’

È domenica, e forse è l'ultimo giorno di sole, poi finalmente (per la nostra agricoltura) dovrebbe arrivare la pioggia. Stamane ho fatto il giro del caseggiato col cane, senza incontrare un'anima viva (erano le 8), men che meno sentire il rumore di un'auto. Rientro in casa, leggo i giornali, chiamo Giovanni Storti che è a Vignale a fare la sua quarantena e ci ripromettiamo di vederci in video, con un pensiero della sera tutto suo. Nel frattempo oggi andrà in scena Vince Tempera. Alle 11 in tivù c’è la messa del Papa, che passo dopo passo sembra sempre di più un uomo che sta portando la sua croce, perché il mondo intorno vorrebbe risposte, ma la strada, sembra dire, è una docile obbedienza a ciò che accade. È l’ora di pranzo e cucino io: la pappa al pomodoro. Dopo un pomeriggio fra telefonate e qualche lettura, alle 19 sono atteso per un collegamento ad alta gradazione.

papillon.jpgÈ la cronaca di una giornata normale, dove dentro c’è l’eccezionale che forse non ci si accorgeva di vedere mentre ci passava accanto. Il mio amico Andrea, colpito dal Coronavirus l’ho sentito tutti i giorni, mentre era all’ospedale, ma dopo questa domenica della Divina Misericordia, la sua cartella clinica è cambiata in positivo, e forse già nel fine settimana uscirà. E qui mi viene da pensare alla docile obbedienza che ci insegna il Papa.

La degustazione a distanza della Scolca
Degustazione a distanza dei vini de La Scolca di Gavi, che per questa domenica ha coinvolto una settantina di persone alle quali ha recapitato anzitempo i campioni da degustare in simultanea. E anche al sottoscritto sono arrivati quei Gavi che l’azienda avrebbe dovuto presentare a Vinitaly. Alle 19 quasi in punto iniziano le danze con la diretta Instagram, ma qualche intoppo non permette al sommelier di turno di collegarsi per guidare la degustazione. E quindi prende l’iniziativa Chiara, che conduce in maniera impeccabile non solo la degustazione, ma anche il dialogo in diretta che avviene attraverso una serie di messaggi che vanno in sovrimpressione. Il Blanc de Blanc, brut che sosta 36 mesi sui lieviti, è dedicato al figlio di Chiara, Ferdinando, che ha deciso, raggiunta la maggiore età, di lavorare in azienda. È un pas dosè che al naso ha leggeri sentori di crosta di pane ma anche fiori bianchi ed erbe aromatiche; in bocca si avvertono bollicine fini e poi note di mandorle su un piacevole slancio di acidità. Inizia poi una triade di Gavi Etichetta nera, con l’uscita del 2019 che mostra note agrumate, quasi di citrosodina nella sua gioventù. Il 2016, da una vendemmia con estate calda ha note profonde di frutti esotici, ma soprattutto di mandarino. Un Gavi che ricorda molto bene gli Chablis e che termina con una marcata nota sapida. E qui siamo di fronte a quei vini bianchi che si raccontano negli anni, tant’è che una recente degustazione ha visto come protagonista un 1989. Notevole il 2014 che ha un’acidità tagliente e al naso mostra note di zenzero. Una sorpresa perché quel millesimo era stato criticato, ma nei bianchi come nei rossi piemontesi si sta rivelando, nel tempo, sempre più interessante. E infine il Gavi d’Antan, quello che dopo 13 anni di affinamento avrebbe dovuto debuttare a Vinitaly. E qui sembra di trovare la sintesi di tutto quanto degustato precedentemente: frutta esotica e mandarino candito, erbe aromatiche e poi quella genziana che rappresenta l’amaricante finale. La sua nota di nocciola sembra voler dire ancora che è un vino del Piemonte.

papillon.jpgEsperienza divertente, tutto sommato, che tuttavia non può essere replicata per tante aziende, perché l’impegno organizzativo non è poco. La presenza del vino poi diventa determinante, soprattutto quando si tratta di dirette che durano oltre la mezz’ora. Eppure c’è chi ti invita ad un appuntamento webinar dove parlerà l’enologo… della serie, ecchisenefrega.
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LUNEDI 20 - LA FASE 2. SI', MA DELLE FANFALUCHE

Da oggi in poi non ce n’è per nessuno: Fase 2 in tutte le salse. Se ne parla sui giornali e in tivù in virtù del fatto che il calo dei contagi è ormai evidente e lo zero è già previsto, regione per regione. E quindi c’è chi protesta, chi rivendica, chi dice quale sarà il futuro di una storia che non potrà essere più come prima. Ognuno dice la sua, e sui giornali si aprono i dibattiti fra campagna e città. La fase 2 sembra segnata da un ritorno di chi la sa più lunga. E allora così sarà davvero tutto come prima. Intanto prendo atto che il servizio di recapito dei vini non si è fermato, anzi, funziona a ritmo giornaliero. E quindi inizio ad accumulare una serie di assaggi che presto dovrò organizzare a tema, in attesa di studiare con Marco Gatti, come e quando realizzare le nostre sessioni dedicate ai Top Hundred 2020. Dalle cantine Braida di Rocchetta Tanaro, Beppe e Raffaella, preoccupati che mi possa dimenticare del sapore della Barbera mi recapitano i loro vini in tre dimensioni: mezze bottiglie, bottiglia e magnum. “Abbiamo pensato – dice Raffaella – che i giorni non sono tutti uguali per cui a volte siete in tre a bere, a volte sei da solo, chissà…”. (Clamorosa e straripante questa simpatica interpretazione).
Alla sera, dopo il taglio del giardino è la volta degli assaggi dei vini di tre aziende della Valpolicella: Gamba, Dolcevera e Lavagnoli. Tre campioni, ognuno diverso dall’altro, con tre Amarone rispettivamente 2015, e 2016 e 2001 molto buoni, anzi straordinari. Ma riesce anche a sorprendermi il Ripasso, di Dolcevera, Lavagnoli e Gamba che si impone col suo Campedel classico superiore 2016.

papillon.jpgOggi sarebbe stato il secondo giorno di Vinitaly e l’ultimo di Vinitaly and the City e degustare i vini dopo tre mesi dall’Anteprima Amarone a me ha riportato come a casa, perché nelle lunghe notti veronesi sono state diverse le cantine dove siamo stati ad assaggiare… La fisicità è anche questo: guardare in faccia certi produttori, con le loro intuizioni, le loro speranze.

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MARTEDI' 21 - L'INIZIATIVA CHI LA PRENDE?

Scende la pioggia, che a me ha sempre messo allegria, anche se in questa situazione sembra rendere ancora più isolata e desertica la situazione. Silvia Colombo mi manda un video bellissimo sui colori di Cézanne; la famiglia Dondi mi preparerà un secondo video musicale, visto il successo del precedente, mentre i cuochi stanno prendendo gusto a inviarci le video ricette, che fra poco diventeranno una raccolta, che ci ricorderà di questi giorni. Angelo Frigerio del gruppo Tespi mi chiama al telefono: “Facciamo un manifesto, un appello, per riaprire i ristoranti!”. Tipo una liberazione delle cucine, dopo il 25 aprile. Stendiamo insieme il testo, in una giornata frenetica, dove la calma pacifica dei giorni addietro sembra essere spazzata via. C’è più voglia di creare, di esserci, da una parte e c’è il silenzio sulla chat degli amici di Papillon che un po’ dispiace, se il motivo è un rinchiudersi di qualcuno. Ho amici che non rispondono al telefono o alle mail, e che sanno in cuor loro che stanno sprecando questa situazione dove i nodi vengono al pettine. Con altri, con cui magari non ci sente da una vita, basta un cenno per andare in capo al mondo. Facciamo un sondaggio via facebook sui nostri 400 locali che hanno adottato il Delivery e la mattina di mercoledì il risultato parla di soddisfazione, ma soprattutto del fatto che oltre l’80% conferma di voler continuare.
 
papillon.jpgLa circolare finisce qui, con l’ultimo messaggio su whatsApp dell’amico Alejandro dal Venezuela, travolto da un’amicizia inaspettata, nella sua situazione difficile, anche di salute. Me lo scrive subito perché essere raggiunti inaspettatamente da qualcuno che gli dice. “Siamo qui non si dimentichi” e gli dà una mano per superare una crisi non era nei suoi conti. Adesso è buio, ma davanti al tuo amico che guarisce, ad Alejandro che viene raggiunto da un qualche angelo, viene da chiedersi: ma chi prende l’iniziativa?
 
Qui di seguito il link al consueto articolo del mercoledì che esce su Avvenire, dove il tema è la situazione della ristorazione nella Fase 2.

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LE LETTERE DELLA CIRCOLARE

 

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PERCHE’ NON SIA BANALE IL TEMPO BISOGNA ESSERCI

Carissimi Paolo e Silvana,
vi scrivo gustando un calice di Monella, il vino con cui oggi, come ogni anno, da decenni, avremmo brindato a Giacomo e Anna, al via di Vinitaly, con Raffaella, Beppe e Norbert allo stand Braida. Strano questo brindisi a distanza, per noi, che nella storia della nostra  amicizia, di brindisi alla stessa tavola ne abbiamo fatti migliaia, e nessuno mai banale. Strano, "nuovo", ma non "virtuale". E non solo perché nel bicchiere c'è una strepitosa, e reale, Monella 2019. La vivo infatti come un grazie a voi, per la vostra compagnia vera, mai così profonda. Sembra un paradosso parlare di compagnia, quando si è a cento chilometri di distanza, tutti chiusi tra quattro mura. Eppure se queste settimane non sono state, e non sono, un'occasione perduta, lo devo a voi. Le possibilità di fronte a questa "nuova realtà" erano, e sono, due. Esserci. O lasciare che le cose scorressero, e scorrano, inesorabilmente. Nel secondo caso, trascinandosi di settimana in settimana passando dall'effetto #andràtuttobene , all'effetto "balconi", poi all'effetto ci sarà la "luce in fondo al tunnel", fino a questi giorni segnati dall'effetto "indignazione", dividendosi solo tra chi vuol ripartire e chi no. In poche parole, non guardando e non lasciandosi interrogare da quello che sta accadendo, con un quadro che facendosi di giorno in giorno più fosco, vede crescer la logica egoista dell' "io speriamo che me la cavo", descritto in modo mirabile sulla scorsa Circolare. "È passato oltre un mese ed ora si cominciano ad avvertire i segni della pesantezza. Alle mail collettive rispondono sempre di meno e così nelle chat comuni. E proprio quando avresti bisogno degli amici, cominci a sentire il freddo nelle ossa della notte buia. Dove siete amici? Gli amici al bar che sono andati tutti via, perché quella non era la vita vera, era lo sfogo, il passatempo, e forse oggi non ce lo si può permettere. Quando qualcosa non gira come deve andare ci si ritira dalla scena, si va sottocoperta, stando a vedere come andrà a finire. E come andrà a finire se tu non ci sei più?". Voi ci siete stati, e ci siete, sempre. E con il vostro "esserci", ecco la modalità imprevista con cui poter vivere insieme questo tempo inaspettato, ma che è la nostra vita, ora. Che intuizione, da subito, invece di voltare la faccia dall'altra parte, facendo finta di niente, come han fatto tutti quelli che lavorano nel nostro mondo, giornalisti super soloni in testa, vedervi domandare e condividere la preoccupazione per tutti quelli che lavorano con noi e per le migliaia di persone  che in questi anni sono diventati compagni di cammino e che abbiamo raccontato e accompagnato con ilGolosario e la guida ai ristoranti, interrogandoci su come poter esser loro vicini, per non lasciarli soli. E pur con le preoccupazioni di tutti ( perché è strano, ma sembra quasi che per qualcuno dovremmo vivere d'aria) e con le immani difficoltà date dal "distanziamento sociale", intraprendere un quotidiano laborioso, sollecitandoci a non farsi travolgere dal nulla, ha portato a un fiorire di contatti, articoli diventati un palinsesto ricchissimo su ilGolosario.it,  iniziative a sostegno di chi è in difficoltà, in primis "ilgolosariodelivery" e "SOSTENIsario". Il tutto, nel segno della gratuità. La sorpresa più grande, è stato scoprire pur in quotidiano così carico di nubi nere, il valore dell'istante: di quell'istante in cui si gioca tutto, sia che le "cose vadano bene" sia che i giorni che si vivono "siano difficili". Con lo stupore della scoperta che la compagnia è sì dividere il pane, ma quando le condizioni non lo permettono, è dividere quel senso del vivere che è un dono prezioso come nessun altro. E c’è chi piange i suoi cari, chi passa notti insonni perché sarà costretto a chiudere magari lasciando a casa persone o chi sentirà il cuore in gola per il lavoro che potrebbe non avere più. A noi resta il dispiacere di non aver potuto gustare Golosaria in primavera ed ora il Vinitaly. Ma come insegnano anche i medici, che invece di "aspettare che passasse", sono scesi in prima linea, non sapendo né per quanto tempo né con quali esiti: Quindi il mio grazie a voi è perché nell'alternativa tra aspettare "che tutto tornasse o torni come prima" (sapendo peraltro, che così non sarà, e per certi versi, meno male) ed "esserci", con il vostro "esserci”, avete indicato la strada, dando speranza, e dimostrando che la strada più umana è "esserci". Insieme.
Vi abbraccio

Marco Gatti

papillon.jpgCaro amico la tua lunga lettera descrive una situazione che stiamo vivendo “insieme”, fra poco addirittura da due mesi. Non sembra vero. Però dentro a tutta questa storia ci sei anche tu Marco, con il tuo lavoro quotidiano e generoso, attento a che nessuno ci sfugga, ad esempio fra i locali che fanno delivery e che cerchiamo di evidenziare perché il pubblico che ci segue prenda in considerazione la loro offerta. In realtà le cose non sono mai la capacità di qualcuno, ma un gioco di squadra che comprende anche tutti i nostri collaboratori: quelli attivi, che non si risparmiano neanche nei giorni di festa, e quelli che sono in ferie, magari in apprensione. Poi ci sono i Delegati dei Club di Papillon, alcuni dei quali si sono messi in gioco nel rendere corale una comunicazione che facesse compagnia alla gente, trasmettendo una positività. Abbiamo messo i nostri volti, che ho voluto raccogliere in quel quadro con i 50 che hanno dedicato fino ad ora il pensiero della sera. E c’è il poeta e il ragioniere, il filosofo e il cantante, l’attore e lo scrittore. Insomma c’è quello che dici tu: la vita che si esprime attraverso un’umanità varia che ha accettato, insieme, di ridestarsi da quello che sembra un brutto sogno. Ma invece è la realtà che ci è data da vivere. Oggi. Ora in tutto questo la sorpresa è proprio l’amicizia, o anche solo il sentimento d’essere compagni di questa contemporaneità, esattamente come la canzone di Lucio Dalla che è stata un pensiero della sera intorno a Pasqua, dove si diceva al caro amico mio, “quanto diventa è importante che in questo istante ci sia anch’io”.

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lettera.jpgVORREI DARE CONTINUITA’ AL MIO LAVORO. MI AIUTI PAOLO?

Caro Paolo, spero che tu non ti risenta per questa mia lettera,
ma se dovesse succedere cestinala, sapendo che non intaccherebbe il rispetto e l'amicizia che provo per te. Potrebbe invece farti valutare la possibilità di impostare su Papillon una rubrica che metta in contatto gli associati che vogliono vendere con chi pensa di acquistare attività enogastronomiche.  Un mese fa ti ho telefonato perché pensavo che tu avresti potuto darmi una mano per scovare tra le persone del Club Papillon qualcuno interessato a rilevare la mia piccola attività.
In queste poche settimane la situazione si è evoluta in modo ben più diverso dall'immaginabile, creando angosce, aspettative e ricerca di nuove opportunità per cambiamenti solo immaginati ma mai attuati, perché difficilmente conciliabili con le abitudini e le comodità che ora stanno perdendo valore.
Sono certo che i più audaci dei tuoi associati stanno accarezzando l'idea di uscire dalla città e cimentarsi con un modo alternativo di vivere, più umano e naturale.
Io, a 77 anni, trovo a volte pesante il lavoro che mi dava soddisfazione, ma lo faccio ugualmente per non buttar via esperienze, clienti, amici e strumenti di lavoro che ho affinato con creatività e anni di tentativi e sperimentazioni.
Cedere la mia struttura e tutto quanto serve a renderla remunerativa, trasferendo anche le mie conoscenze, permetterebbe ad una famiglia di buona volontà un progetto di ritorno ad una vita migliore, in un bel posto, senza rinunciare alle comodità indispensabili cui si è abituati e, soprattutto, evitando una serie di errori che quasi automaticamente accompagnano una nuova e complessa attività.
Cambiare vita non significa solo cambiare residenza, ma affrontare situazioni impensabili in città, con tutti i vantaggi e i diversi impegni da gestire al meglio.  
Mi sono deciso di disturbarti e rivolgermi a te, Paolo, visti i deludenti risultati di quanto fatto finora.  Le tue numerose pubblicazioni, il tuo nome e le tue capacità di interessare le persone sono la sola strada che mi resta da percorrere, per proporre e non sciupare  esperienze mie che pare, stiano rivalutandosi, e potermi concentrare su altre cose che aspettano da anni, e a cui ormai posso dedicare solo parte di quanto mi è concesso di vivere.

 

Lettera firmata


papillon.jpg Caro Amico, non ho la minima idea del risentimento, ma invece hai fatto bene a scrivermi questa lettera che voglio pubblicare omettendo il nome per evidenti questioni di privacy. Io ti conobbi agli inizi della tua storia con le capre di razza Saanen, grazie a Giorgio Onesti, che mi mise sulle tue tracce. Lui rimase folgorato dai tuoi formaggi ed eri solamente all’inizio. Ho poi avuto modo di ritrovarti ancora, fin dentro la tua casa, in quel posto incantato in mezzo alla natura. Sarebbe davvero bello che qualcuno cogliesse l’occasione non tanto di rilevare un’attività, quanto di vivere l’avviamento con un pezzo di storia del gusto piemontese. Io credo che bisogna usare ogni strada possibile per facilitare alla Provvidenza le risposte. Tu hai scritto a me e io scrivo ai miei amici. Se qualcuno batte un colpo lo faccia direttamente a me (paolo.massobrio@clubpapillon.it ) e creerò il contatto necessario. Non c’è bisogno di una rubrica apposita. Basta essere prossimi gli uni agli altri. Un caro abbraccio



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lettera.jpgINIZIARE LA GIORNATA CON UN QUALCOSA DI PIACEVOLE: IL PENSIERO DELLA SERA

Caro Paolo,
al mattino presto, ancor prima di leggere le edizioni on-line dei vari quotidiani, ascoltare qualche telegiornale ed uscire a comperare una copia dei giornali locali, da qualche tempo la prima cosa che faccio è consultare il sito Il Golosario.it, in particolare la sezione dedicata al “Pensiero della sera”. No, non sono in ritardo di 12 ore, è una scelta per iniziare la giornata con qualcosa di piacevole: è una boccata d’aria fresca, un’iniezione di positività, un momento sereno nel silenzio assordante che avvolge il mio paese rotto soltanto, purtroppo, dal suono delle ambulanze (sempre meno per fortuna) che si recano all’Ospedale distante da me in linea d’aria meno di un chilometro. Ci tenevo a fartelo sapere.
Ora, dopo aver scritto nella mia rubrica su Il Biellese, oltre che del Club di Papillon, di “Ricette della sera” di “Golosario delivery”, di “Giornale del gusto” e di “Notizia del giorno” ho intenzione di preparare un pezzo dedicando un approfondimento alle due sezioni “Pensiero della sera” e “Sostenisario”. Il primo nutre la mente, fa riflettere; il secondo accompagna gli operatori del gusto lungo percorsi concreti, utili a riprendere un cammino interrotto magari intraprendendo strade nuove, comunque diverse.
È cercando di fare sintesi delle varie iniziative presenti su Il Golosario che mi sono reso conto che questo ha le caratteristiche del portale di un “corpo intermedio”, come vengono definiti i soggetti di rappresentanza di interessi.
In sintesi: i produttori si sentono più vicini a noi per la riflessione che viene fatta sul loro mondo, per gli articoli che scriviamo, per i servizi informativi specifici, per le notizie sui loro colleghi che operano nel resto del nostro Paese, sui loro problemi e sulle loro idee per venirne fuori. Qui trovano visione, strategia, capacità di leggere le situazioni e traguardarle in avanti, sostegno psicologico e servizi concreti
A presto, buon lavoro

Arnaldo Cartotto – Biella

papillon.jpgCaro Arnaldo, la tua idea di iniziare la giornata col pensiero della sera precedente mi fa piacere, perché dice di un momento atteso, davanti a ciò che abbiamo scelto di comunicarci. Una poesia, un racconto, una riflessione, oppure una canzone. Tu hai voluto che facessimo l’Anno che verrà di Lucio Dalla, ma Giorgio Conte ci ha regalato quello struggente brano che dice “Stringimi forte, prima che scada il tempo”. Che centra tutto questo con un “corpo intermedio?”. Io non lo so, ma tu lo hai colto con più lucidità perché arrivi da un mondo organizzativo, un mondo di imprese associate dove il fattore umano, alla fine, non era per nulla secondario. Sai, lunedì mi sono arrivati i dati delle visite al sito del giorno prima e non mi aspettavo una frequenza così alta, essendo domenica. Poi ho guardato la declinazione dei vari articoli e quello dedicato al mondo della ristorazione, ovvero l’inchiesta che ha coinvolto 20 cuochi e ristoratori è stato letto da 4.000 persone. Ecco, questa è una cosa che mi ha fatto riflettere, perché noi siamo esattamente qui, professionalmente parlando, sulla comunicazione. Anche il Sostenisario ha messo subito a disposizione 10 lezioni per imparare a comunicare sui social, perché questo tempo venga utilizzato non per un lamento che non produce nulla, ma per essere pronti e attrezzati ad affrontare nuove sfide. Abbiamo provato a mettere in campo tutto questo, con tre architetti, tre avvocati, i nostri due designer grafici, i nostri social trainer. Una decina di persone con cui ragionare tutti i giorni. E insieme stiamo pensando a un bellissimo, nuovo, innovativo progetto per la nostra Golosaria, perché sia profondamente utile per continuare un’attività, più che per ripartire. Di fronte a tutto questo, ci conforta la tua attenzione e la tua amicizia, che hai voluto esprimerci con questa lettera.

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lettera.jpg ORA VI SPIEGO COS’E?
ilgolosario.it è un sito dove non si parla solo di cibo, ricette e vini come uno si aspetterebbe… si raccontano storie, storie di persone che si mettono in gioco con i loro talenti e che ce ne fanno dono: la condivisione, dal produttore di olio a chi ti consiglia cosa fare nell’orto in aprile, o ti canta una canzone come questa, “Mi manchi” di una bellezza così commovente. Ma perché non ti ho mai ascoltato con attenzione? I pensieri del mattino e della sera sono pensieri appunto, che ci accompagnano semplicemente nello scorrere delle giornate o ci portano a riflettere, sono fonte di nutrimento per le nostre anime che a volte si sentono sbandate e impotenti, e germinano dentro di noi comunque.
Non è uno spot pubblicitario, ma è pura riconoscenza... navigateci in questo meraviglioso sito, veramente. Per cui grazie Paolo Massobrio, Marco Gatti e tutti coloro che contribuiscono con costanza e dedizione a seminare e condividere.

Francesca Settimi – Colazza (No)

papillon.jpgCara Francesca, non solo mi fa piacere quanto hai voluto comunicare agli amici della tua pagina facebook, ma che la scintilla ti sia scattata ascoltando la canzone del mio amico Franco Fasano, Mi Manchi, che io preferisco rispetto all’interpretazione più conosciuta di Fausto Leali o addirittura di Bocelli, mi rende anche felice. Mi manchi è l’attesa di qualcosa che non c’è, malinconica e fortemente vissuta. Un po’ come lo sono queste giornate, che ora sembrano assomigliarsi un po’. Ma non è proprio così perché fino a ieri abbiamo sempre guardato fuori dal finestrino o davanti al parabrezza; adesso siamo costretti a guardarci dentro. Per scoprire che c’è sempre qualcosa che ti fa dire “E mi manchi…”

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lettera.jpgNELLA TERRA DEL DUO DI PIADENA

Ciao Paolo,
cerchiamo di muoverci un po’ per mantenere viva la vita, sapessi com'è triste la nostra bella Trattoria senza i sorrisi, i desideri, le voglie, le preoccupazioni, le soddisfazioni dei tantissimi che vengono a trovarci. A volte ti rendi conto dell'importanza delle cose solo quando inizi a perderle
Speriamo a presto.

Omar Bartoletti - Trattoria dell'Alba – Vho di Piadena (CR)

papillon.jpg Immagino ciò che dici Omar, essendo stato da te soltanto pochi mesi fa, per passare una di quella serate memorabili, dove anche da solo uno si sente il compagnia. Non ci crederai, ma mi ricordo di tutti i tavoli che c’erano in sala quella sera: i fratelli che parlavano di affari, la famiglia che festeggiava, gli innamorati e i tre amici. E poi tu che sbicchieravi col sorriso. Ero nel paese del Duo di Piadena e dell’uva fogarina, dell’allegria nell’osteria che è sempre rimasta se stessa. Hai fatto bene a prendere l’iniziativa del Delivery, perché non solo non puoi star fermo col grembiule indosso a guardare l’osteria vuota, ma devi assecondare le tue capacità: rendere felice la gente, raggiungendola anche a casa: una buona bottiglia non ti manca. E in quanto ai piatti, abitassi nei pressi ne ordinerei un paio diversi tutte le sere. Un grande abbraccio Omar!

Omar_trattoria_Alba_Piadena.jpglettera.jpgTI VOGLIO RINGRAZIARE PER…
Per ringraziarti delle interessanti letture che mi consigli, ti mando i nostri prodotti per condividere la nostra amicizia e il piacere della tavola.
Un saluto,

Stefano e Anna Casadei - cantina DCasadei - Pontassieve (FI)

papillon.jpg Ma che sorpresa le vostre farine e le vostre paste che ho subito utilizzato, perché ero curiosissimo. Che buone: mi hanno conquistato quanto quel Chianti Rufina del 2003 che mi apriste al Castello del Trebbio quanto sono tornato dopo 15 anni. Poi ci siamo visti a Suvereto, un altro luogo della storia della gastronomia come l’ho conosciuta io, perché lì abitava il mio amico Giancarlo Bini. Quella visita a ottobre mi è rimasta impressa perché il progetto che avete realizzato rispecchia la bellezza delle vostre persone. Ed è coerente col sapore di quelle penne rigate di grani originari o della farina con cui subito io e Silvana abbiamo fatto il pane e i grissini.

Casadei.jpg

lettera.jpgIL MIO RISTORANTE, CHE FARE?

Carissimo Paolo,
anche io ho immaginato soluzioni a basso costo, mantenendo l’arredo attuale e investendo su una sanificazione aerea costante, ma il problema più importante è in realtà quello delle distanze sociali tra il personale di cucina in primis.
Per mantenerle infatti bisognerebbe turnare l’attuale forza lavoro o licenziare. Lo stesso dicasi per il personale di sala, infatti se invece che 40 coperti dovessero autorizzarmi per 14 che me ne faccio di tre cameriere? Inoltre come sarebbe possibile continuare a pagare l’affitto attuale se le autorizzazioni dei possibili coperti fossero abbattute di due terzi? Vedi bene che il problema non è rappresentato dal tavolo o dal plexiglas da sanificare costantemente.
Qualche giorno fa parlavo con Salvatore Ferrara e gli manifestavo queste perplessità.
Credo che IlGolosario dovrebbe proporre delle soluzioni visto che FIPE è latitante asservita al Governo, FIEPET è al Governo e nessun tecnico parla a questa cabina di regia.
Tieni presente che il comparto turistico determinava il 13% del PIL Italiano e che gli occupati nei pubblici esercizi sono più di 1 milione tra fissi e stagionali.
Ricordati pure della grande importanza dei bar che in queste condizioni rischiano di scomparire soppiantati da postazioni di macchine per il vending.
E le pizzerie che perderebbero le tavolate che costituiscono gran parte del loro fatturato? Altro problema per il catering e il banqueting, mentre rischia di diventare fuori legge lo chef on demand.
I problemi sul tavolo sono tanti se vuoi sono disponibile a dare il mio umile contributo.
Ti abbraccio

Gigi Mangia - cuoco a Palermo

papillon.jpg Caro Gigi, è ovvio che la questione plexiglass è stata una provocazione per mettere il dito nella piaga di un problema di cui il Governo sembra non averne cura, perché il 13% del Pil forse non è una priorità. E il milione di occupati? Quando diventeranno una priorità? Quando scoppierà un caso sociale? La prima cosa che serve è dunque avere una certezza sulla data da cui sarà possibile avviare un processo. Perché fino a quando non si inizia, con tutte le precauzioni che sarà necessario prendere, non si potrà pensare ad alcuna gradualità. Nell’inchiesta che citavo poco sopra, mi ha colpito la considerazione di Carlo Cracco quando ha detto che su un terzo dei coperti lui ci farebbe la firma domani. La realtà è che si partirà così: gradualmente, un po’ per la psicosi collettiva, un po’ per i denari che ci hanno fatto precipitare indietro di 12 anni, un po’ per tutto. Come riconquisteremo le nostre posizioni? Dobbiamo sapere da che parte viene annunciato il via!

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lettera.jpgVA TUTTO MALE MA NON RIESCO AD ESSER TRISTE

Penso spesso in questo periodo. La situazione aiuta molto a pensare e nonostante tutti i sacrifici e la forte preoccupazione per il lavoro (riuscirò a dare da mangiare ancora ai miei figli?) non riesco ad essere triste.
Perché? Semplice: sento questo momento pregno di possibilità, lo vivo come una occasione unica, una opportunità senza precedenti.
Penso a tante persone che oggi hanno la possibilità di imparare che la vita è un dono ma non solo per se stessi ma per tutti, spero che vengano contagiati dall’esempio di eroi come infermieri e medici, senza dimenticare commessi e volontari che mettono a repentaglio il bene più prezioso che hanno, la vita, per cercare di salvare la vita degli altri e non sempre e solo la propria.
Penso a queste persone e all’occasione che hanno di capire quanto gli può mancare il buongiorno che dispensiamo a tutti quando entrano nel nostro locale, il sorriso che regaliamo e che cerchiamo, ricambiato nel volto altrui, ma che troppo spesso non arriva: magari alla riapertura avranno capito che non costa nulla il saluto a chi per lavoro ha scelto di servirli.
Spero che gli interessi personali non fondamentali e spesso estremizzati, siano finalmente subordinati al bene, all’amore, alla salute, alla gioia e alla vita: l’egoismo uccide tutti.
Non sprechiamo un’altra occasione così allettante e semplice, di migliorarci e rendere questo mondo il posto che sognavamo da piccoli per tutti: non ci sarà un’altra anche perché se si dovesse presentare potrebbe significare la fine, non solo per anziani, medici ed infermieri, ma per tutti.
Se ti senti all’inferno, non fermarti e sorridi, perché non è mai troppo tardi per farlo.

Davide - Trentino

papillon.jpg Caro Davide, la tua lettera mi ha sorpreso e confortato, perché conosco la tua situazione di fatica, proprio in questo ultimo periodo. E ti ho pensato spesso, per cogliere nella realtà che incontro occasioni affinchè tu possa esprimere il tuo valore, che non è poco. Però ti ammiro per queste parole di fiducia che mi hai trasmesso. Che è anche fiducia nel prossimo, che non si può immaginare egoista e senza sorrisi.

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lettera.jpgIL TEMPO SI PUO’ COLMARE ANCHE IN UN ATTIMO

Buonasera Paolo,
proprio bella la chiacchierata dell'altro ieri. Mi ha fatto davvero molto piacere risentirti, è come se il tempo passato fosse stato colmato in pochi minuti. Come se ci fossimo sempre sentiti. Questa cosa sembrerebbe irragionevole, ma non lo è.
Risentiamoci presto.

Roberto  - Roma

papillon.jpg Ciao Roberto, anche a me ha fatto piacere sentirti. Questo tempo credo ci sia dato anche per ritrovarci con più serenità, non avendo il tran tran che ci tritura via. Per restare alla lettera precedente, dico che qualche telefonata in più, rovistando nella nostra rubrica del telefonino può aiutare a quell’abbraccio che cantava Giorgio Conte… prima che scada il tempo.

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