Da sempre l’Aceto Balsamico è considerato un prodotto pregiato e di grande valore, non a caso nel 1792 un’ampolla di Balsamico fu offerta dal duca Ercole III a Francesco I d’Austria in occasione della sua incoronazione a imperatore. La caratteristica di questo prodotto è quella di conservarsi nel tempo, come dimostra la più antica batteria di Balsamico di cui si ha conoscenza, datata 1785, e assaggiata recentemente dai maestri della Consorteria, che l’hanno giudicata ancora eccellente. Venendo ai nostri giorni, al Consorzio di Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, istituito nel 1979, va reso il merito di aver tutelato e valorizzato questo oro nero, codificandone il disciplinare, che prevede l’impiego dei mosti di uve tipiche (Lambrusco, Berzemino, Spergola, Trebbiano) fatti cuocere a fiamma diretta in caldaie a cielo aperto. La fermentazione, che inizia dalla botte madre, quella più grande, prosegue nelle botticelle che costituiscono una batteria almeno di cinque in legno in cui devono essere presenti almeno due legni diversi: la scelta è tra rovere, castagno, ciliegio, gelso, ginepro e acacia. L’aceto passa dalla botte più grande a quella più piccola, deve sostare in batteria almeno 12 anni prima di essere prelevato dall’ultima botte, la più piccola, ed essere imbottigliato nelle bottiglie da 100 ml disegnate da Giorgetto Giugiaro e numerate individualmente. L’Aceto Balsamico Tradizionale deve avere colore scuro, lucente e limpido, con una densità sciropposa, profumo persistente dovuto all’impiego dei legni aromatici per la stagionatura e un sapore particolare in cui l’agro e il dolce sono in perfetto equilibrio. Il periodo di invecchiamento, oltre a garantirne la longevità, è un dato fondamentale per la nascita di una grande Aceto Balsamico: Dopo 12 anni si definisce 'affinato', 'stravecchio' dopo i 25.
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