Due giorni di festa, con oltre 60 artisti, a Rocchetta Tanaro, per ricordare le canzoni e le poesie di Bruno Lauzi
Raccontare questi giorni a Rocchetta Tanaro credo sia un po’ un’ingiustizia perché in verità bisognava esserci. Non si può descrivere un clima dove non son tanto i 60 artisti ritrovatisi per ricordare Bruno Lauzi, ma è ben altro che si è messo in moto. Credo che Franco Mussida, prima di leggere la poesia di Bruno “la mia mano farfalla”, abbia centrato: “Come si fa a diventare uomini?”. Uomini, donne, amori, dolori, esistenze, figli: in questi due giorni si è intrecciato tutto questo. E il sottofondo era musica, che faceva vibrare qualcosa di umano, con l’apice di quando Franco Fasano ha cantato “Mi manchi”.
Chi è che ci manca? Maurizio Lauzi, nel suo tormento esistenziale ha detto Dio, in una canzone del padre fra le più sconosciute; per altri era il gusto di una compagnia, il desiderio di sentirsi voluti bene. Ma quando è salita un’artista che ha mostrato il ritratto di Lauzi, intriso di vita, ossia di una testa che fra i riccioli bianchi aveva i titoli dei giornali, ho pensato a un attimo che Dio è uno che si palesa proprio con quella faccia un po’ così... Dio che ti dà l’appuntamento, per la tua ora, oppure solo per dire che ha portato nel mondo la bellezza. Oppure ti dà un appuntamento, a Rocchetta, nella notte, mentre i frustatori non smettono di suonare sotto le note di Franchino. E il vino che scende nei bicchieri. E mi manchi...
Rocchetta Tanaro è la valle dei fieni che oggi ha la passeggiata Bruno Lauzi; è Paolo Conte che arriva e ricorda fra le canzoni di Lauzi una delle più divertenti, Briccofiore, che narra di una pantagruelica mangiata alla piemontese. Ha detto bene Franco Fasano, quando sul palco, con gli occhi umidi dall’emozione, ha esordito: “Il direttore artistico è stato Bruno”. Come dargli torto dopo aver visto spezzoni di filmati, con le sue riflessioni, non solo canore.
“E alcuni dicevano che fosse un poeta”. E’ stato il titolo dell’incontro del pomeriggio di venerdì, mentre quello di giovedì sarà ricordato con le note della banda del paese che suonavano Ritornerai. E mi manchi... ma ritornerai. Rocchetta Tanaro, allora, come il luogo dell’attesa. L’attesa al mattino presto, quando il sole spunta di una luce speciale. E invade la piazza, le vie, il bar Degli Amici e Taschet, l’osteria sulla piazza dove ogni giorno va in scena quella quieta follia piemontese, indicibile. Rocchetta si anima poi alla sera alla trattoria I Bologna, nella macelleria Borio, alla panetteria Bo, mentre in località sant’Emiliano Mario Fongo sforna le lingue di suocera che andranno in tutto il mondo.
“Il mio paese non è una sorpresa – canta Paolo Frola, il medico del paese – son dieci vigne, sei case, una chiesa... il mio paese non è una scoperta, ma il cielo è una coperta sulla campagna stesa”. La sindaca del paese, Elsa, era raggiante in questi due giorni e non s’ è persa, col vicesindaco Massimo Fungo, neppure le “meno venti”, perché qui si canta e si mangia prima, durante e dopo. E il cielo è una coperta...
Caterina Frola ha cantato “Ogni bambino è un miracolo”, struggente, quasi a dire che l’umanità varia non ha età qui a Rocchetta. Come la banda, che raccoglie e trapassa le varie generazioni. Cosa ricordo con più ardore? Le sere dei preparativi, le riunioni per far la scaletta, le telefonate con Franco Fasano e poi a tavola, ognuno al suo posto, con gli agnolotti e con la Monella, quasi un premio di amicizia che si rinsalda o diventa nuova. E poi il ritorno a casa, lungo la strada dei Mogliotti, secondo un’antica promessa che feci a Giacomo (“Quando verrai a casa mia – mi disse - dovrai passare da Masio, sempre, lungo la strada dei Mogliotti”). Era il modo per conoscerci, attraverso quelle vigne e quei campi che erano nostri, dei me e dei tò. Ho incontrato Dio sulle spiagge di Rio, cantava Lauzi sorpreso dall’irrompere della vita. Ma Rocchetta è Brasile, uno strano Brasile, scriveva su quel libretto di racconti “Della quieta follia dei piemontesi” raccolti da Papillon. Ogni luogo è il posto ideale per l’appuntamento. Per dire Mi manchi. Con la certezza che Ritornerai.