Noto è l’estremità sud della Sicilia, in quella parte di isola compresa tra Ragusa e Siracusa che può contare su condizioni pedoclimatiche straordinarie, che combinano una perfetta esposizione ai venti di Scirocco e Tramontana al terreno vulcanico. Per la sua conformazione geografica e per le sue produzioni così ricche, è stata da sempre terreno di conquista, dai Normanni agli Arabi che ne fecero uno dei centri più importanti dell’isola. C’è in questa terra molto di quel melange culturale che compone il Mediterraneo.
Quella che vogliamo raccontare qui è una storia antica, fatta di viti allevate ad alberello, una delle più antiche forme di coltivazione di questa pianta che riporta immediatamente ai fasti della Magna Grecia. Il segreto dell’allevamento della vite ad alberello è in una potatura attenta, nella cura manuale di ogni pianta, che a contatto con la terra assorbe da questa il suo calore e al contempo, durante la giornata, gode di una illuminazione perfetta soprattutto durante la fase di maturazione quando le foglie coprono i grappoli permettendo una minore ossidazione delle sostanze polifenoliche, aromatiche e degli acidi organici.
Ragioni tecniche e ragioni storiche sono state alla base della scelta di Feudo Maccari (C. Maccari, S.P. Noto-Pachino, km. 13,5 - tel. 0931596894) e del suo proprietario, l’imprenditore del tessile Antonio Moretti, che negli anni ha costruito quest’azienda facendola crescere accanto alle sue proprietà in Toscana. La linea dei vini prodotti poggia sul Nero d’Avola, proposto in purezza, nella linea base e nella speciale selezione Saia, oltre che in una interessante versione Rosé. Tra i bianchi spicca invece il Grillo, altro autoctono isolano, e naturalmente il Moscato di Noto passito da uve moscato.
Il vino che abbiamo scelto di raccontarvi, vino alfiere della filosofia di questa azienda, è il Maharis 2012, che nel nome riporta al passato, alle torri di avvistamento che usavano gli Arabi per scrutare il mare. È il vino dell’incontro, a cominciare dall’uva scelta: il syrah, il vitigno internazionale che alcune teorie vogliono originario dell’antica Persia (l’attuale Iran) e arrivato in Europa proprio attraverso la Sicilia. Ma è anche l’incontro tra due tecnologie di produzione differenti, l’antico alberello e la barrique dove questo vino matura 18 mesi prima di passare in bottiglia per un ulteriore riposo di 6 mesi. Il risultato è un vino che nel bicchiere è rosso intenso, cupo, concentrato. Al naso si svela poco alla volta, prima con la forza delle ciliegie sotto spirito, poi, più tenui, le note di pepe, cioccolato. In bocca il tannino è setoso, levigato, ha corpo, è ampio, caldo. Sembra non finire mai con le sue inaspettate note erbacee sul finale. È un vino da masticare a lungo, che mitiga la sua nota marina con la misura e la scienza dell’enologia.
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