Tre giorni a scoprire storia e bellezze, nel segno dell’empatia
La parola chiave è “contesto”, la cornice sempre necessaria a comprendere dove si collochi il protagonista. Lo sa chi descrive un fatto o un fenomeno e lo sa chi vuole veicolare un messaggio panoramico: è questo che fa scattare la differenza fra l’offrire un prodotto e far conoscere il territorio di cui il prodotto è elemento. Differenza non da poco, perché nel primo caso si apre una percezione commerciale, mentre nel secondo una prospettiva di valorizzazione culturale. Il “Sannio Experience Tour” organizzato dal Sannio Consorzio Tutela Vini dall’11 al 14 luglio è stato un esempio concreto di come sia possibile comunicare i vini, comunicando i luoghi dove i vini nascono, il loro contesto. Il sottotitolo del Tour, compreso in un articolato progetto comunicativo, è “Nel Sannio coltiviamo emozioni”.
Benevento e la sua storia stratificata
Nei fatti, non ci si può non emozionare guidati fra i luoghi di Benevento che raccontano l’antichità sannita e romana, con i suoi monumenti – l’Arco di Traiano, l’unico che racconti le paci e non le guerre -, il teatro romano, sepolto nel tempo sotto decine di metri di terra e riconsegnato alla città nel 1957, funzionale e funzionante e, ancora, il sincretismo dei culti, come quello di Iside del cui grande tempio esistono ancora tracce tangibili. C’è la Benevento longobarda, il regno più longevo (sino al XI secolo) dopo la conquista della Longobardia Maior, quella del Nord, da parte dei Franchi. A testimoniarla è soprattutto la chiesa di Santa Sofia (foto sotto), in pieno centro città, fatta costruire dal duca e poi principe longobardo Arechi II nel 762 e inserita nel sito seriale Unesco “I Longobardi in Italia- I luoghi del potere (568 – 774 d.C.)”.
E la Benevento medievale, quella del quartiere Triggio (da “trivium”), della Calata Olivella e delle streghe, le più famose d’Italia, e del dominio del Papa attraverso i suoi rettori, ai quali la città si consegnò dopo la morte dell’ultimo principe longobardo pur di non diventare conquista normanna. Fino alla storia più recente, con le ricostruzioni post belliche che hanno reso Benevento città stratificata per storia, anche città di ampi corsi e viali. Ad accompagnare nel racconto di tutto questo sono stati Mario Collarile, avvocato e storico, ma anche i balletti e le figure sceniche del Centro Studi Carmen Castiello e le musiche del gruppo “Fusione”, evocative e suggestive.
Pietraroja: la pasta, il prosciutto, il formaggio e Ciro
Tutt’intorno il Sannio e le sue varie zone, con Pietraroja a quasi 1000 metri di altitudine sulla catena del Matese, borgo antico, oggi popolato da 501 abitanti, dove si tramandano la tradizione della pasta fatta col ferretto, i “carrati”, da “scarrare”, stirare, come dimostrato nel laboratorio del pastificio “Aurum” di Rosa de Toro, e la tradizione del prosciutto crudo, sostenuta dal prosciuttificio di Emilio Di Biase, tenace testimone di una qualità dovuta a clima e maestria con una produzione annuale di 400 prosciutti, molti dei quali destinati alla ristorazione estera, tutti ottenuti da maiali allevati allo stato brado. Ma tradizione è anche quella dell’Azienda Agricola e Caseificio “MarcAntonio” (foto sotto), sempre a Pietraroja, dove il dinamico Giuliano Maturo racconta con orgoglio di essere rappresentante della quinta generazione di transumanti e che qui, dove si producono formaggi emblema del territorio, in primis Ricotta, Pecorino e Caciocavallo, l’Azienda alleva 60 vacche a km0, tutte Pezzate Rosse.
Ma Pietraroja è anche il luogo dove, nel 1980, fu trovato un fossile di cucciolo di dinosauro Scipionyx Samniticus, uno dei soli sette esemplari al mondo di questo tipo, con residui di cheratina, muscoli, stomaco e intestino. Il piccolo dinosauro, al quale venne dato il nome di Ciro, era carnivoro e, da adulto, avrebbe raggiunto le dimensioni di un tacchino, ma morì probabilmente annegato a pochi giorni dalla nascita nella laguna salmastra che un tempo lambiva le montagne. Ora, benché a Pietraroja esista un museo Paleontologico (foto sotto) di cui ci si augura la riapertura e che insiste sul Parco Geopaleontologico più importante del Sud Italia – e il primo a impegnarsi con passione per ottenerla è il Sindaco, Angelo Pietro Torrillo –, Ciro si trova a Benevento, reduce in questi giorni da un recente viaggio in Giappone, dove è stato esposto in un evento dedicato. Forse il futuro di Pietraroja, che risente dello spopolamento come tanti luoghi di aree interne italiane, dipende proprio da lui, da Ciro, che qui visse e che, tornando nel suo paese, potrebbe farlo rivivere.
Abbinamenti e tradizioni
Il tour ha consentito di approcciarsi alla cucina della tradizione e anche alle sue interpretazioni più attuali, in abbinamento ai vini del territorio, nelle cene organizzate all’Agriturismo “Le Peonie” di Sant’Angelo a Cupolo, nel ristorante “Agape” di Sant’Agata de Goti, nella “Locanda della Luna” a San Giorgio del Sannio, ma anche nell’area pic nic di Cusano Mutri con un sorprendente pane farcito di varie pietanze e preparato da “Antica Trattoria Masella” (foto sotto), in rievocazione dell’usanza contadina del pane come una sorta di freezer ante litteram, utile a conservare gli alimenti nelle ore di lavoro in campagna.
Al ristorante “La Pineta” di Telese Terme è stata invece proposta la pizza, impastata con l’acqua sulfurea termale, in tre versioni e in connubio con tre diverse etichette di Falanghina. Fra le tradizioni, anche il celebre liquore “Strega”, che dalla seconda metà dell’ ‘800 è eccellenza italiana nel mondo.
I vini
Su tutto, con tutto e prima di tutto, infatti, sono stati i vini, a partire dal rating (foto sotto) organizzato nella Sala Degustazione della Cantina Sociale La Guardiense a Guardia Sanframondi e incentrato su Falanghina del Sannio DOC 2022, Aglianico del Taburno DOCG Rosato 2022 e Aglianico del Taburno DOCG 2019.
Da dieci anni, Assoenologi Campania e Sannio Consorzio Vini collaborano per questo evento annuale al fine di creare una memoria storica dell'andamento delle annate, strumento essenziale non soltanto per la valutazione dei vini, ma anche per un'analisi degli andamenti climatici. Il rating è stato introdotto dal Presidente di Assoenologi Campania, Roberto Di Meo, e dal Direttore del Sannio Consorzio Vini, Nicola Matarazzo. Cinquanta le etichette in degustazione, trenta delle quali di Falanghina, dieci di Aglianico del Taburno rosato e dieci di Aglianico del Taburno (sul sito sannio.wine è possibile visionare i dati raccolti in questi dieci anni). Vini nel teatro romano per il brindisi di benvenuto ai partecipanti al tour, ma anche vini di quel tempio della Falanghina che sono le cantine storiche Mustilli a Sant’Agata de’ Goti (foto sotto), dove la Falanghina del Sannio, autoctono semidimenticato come il Greco, l’Aglianico e il Piedirosso a favore di più produttivi Internazionali, è rinata negli anni '70 grazie a Leonardo Mustilli, affiancato da alcuni produttori pionieri.
Nel 1979 uscì dalle cantine Mustilli la prima bottiglia di Falanghina in purezza. Le cantine storiche Mustilli si trovano in un palazzo nel centro di Sant'Agata de' Goti (foto sotto) e sono scavate nel tufo, sino a 16 metri di profondità, dove la temperatura è costante ai 12 gradi. Oggi l'azienda è seguita dalle figlie Paola e Anna Chiara (Leonardo Mustilli è scomparso nel 2017), gli ettari sono 15, le tipologie prodotte sono dieci. Ad accompagnarci nella visita e nella degustazione Anna Chiara, le cui figlie sono a loro volta già impegnate nel mondo del vino Mustilli.
Le persone
Una riflessione, infine, dedicata al Presidente del Sannio Consorzio Tutela Vini, Libero Rillo, per il Direttore, Nicola Matarazzo, per tutto il loro staff e per l’agenzia di viaggi “Rotolando verso Sud” che li ha affiancati: parlare di efficienza è superfluo ma di empatia è indispensabile, perché tutti gli ospiti sono stati dislocati in B&B fra ulivi e viti, con un’impegnativa, ma perfetta nei risultati, organizzazione di spostamenti; sono state persino attuate opzioni di scelta, fra cui escursioni aquatiche e giro fluviale a cavallo alle Forre di Lavello, percorso fra i monumenti del culto di Iside, visite al castello di Montesarchio e nei vigneti di alta montagna di Bonea). Empatia dunque, perché quel sottotitolo “Nel Sannio coltiviamo emozioni” parte da loro e dalla loro capacità di raccontarsi senza presunzioni, valorizzando il territorio dove il vino nasce. Anch’essi nel contesto: voci, gesti e pensieri che sono l’identità del Sannio.