A Indovero, Primaluna, Ballabio le storie di quattro giovani di talento che con il primo vino prodotto in zona, grandi formaggi e cucina d’autore stanno scrivendo il futuro di questo territorio

Galeotto fu un piatto di formaggi. Sono anni che Gilberto Farina, chef patron de La Piana di Carate Brianza, Corona radiosa del nostro IlGolosarioRistoranti-GattiMassobrio, dedica il suo giorno di riposo alla conoscenza e alla scoperta sia dei campioni del nostro Golosario sia di piccoli produttori che, scarponi ai piedi e zaino in spalla, raggiunge salendo a malghe  nascoste tra i monti della Valsassina. Lì, va a procurarsi quei formaggi dai sapori e dai profumi unici, che poi serve nel suo ristorante. È un piatto da andar giù di testa per i capolavori golosi che raccoglie, ovvero perle come lo Stracchino quadro di Doniselli della Valbiandino, il Latteria e lo stracchino di grigio alpina di Luca Bianchi all'Alpeggio di Moncodeno, la mascherpa di Maroni all'Alpe Dolcigo o lo Stracchino all'antica e lo strachitunt di Locatelli di Artavaggio, oltre che il Latteria grasso d'alpe e il fiorone del sommo Invernizzi di Pasturo.
lapiana-formaggi.jpgIl piatto di formaggi de La Piana di Carate BrianzaAffascinati dal suo racconto poetico, e dalla bontà dei suoi trofei golosi, siamo andati alla scoperta di questo fazzoletto di Lombardia, in cui si arriva in pochi minuti salendo da Lecco, e dove, quindi, volendo, ci si può gustare come antipasto la vista di Lario e Grigna, la montagna che sembra vigilare sul lago di Como. Quello che abbiamo trovato? Oltre alle decine di produttori citati, quelli degli alpeggi i cui formaggi vanno a formare il piatto-capolavoro di Farina, appunto. Tre indirizzi su tutti, ossia di un vignaiolo, di due cuochi, e, si intende, di un produttore di formaggi, che non poteva mancare, ma che vi raccontiamo per il suo aver scelto la via della distinzione dedicandosi all’allevamento non delle vacche, ma delle capre. Quattro alfieri di questo territorio che, in questi ultimi anni, sta vivendo un importante rilancio, soprattutto grazie a giovani come quelli di cui vi stiamo per dire che, dopo aver studiato e fatto esperienze in tutto il mondo, han deciso di tornare e mettere in gioco il loro talento qui, dove son nati. 

Mattia Citterio, il vino numero uno!

Il primo vino della Valsassina! Avete letto bene. A Indovero, nel comune di Casargo, Mattia Citterio, un giovane di soli 25 anni, ma con la forza e la preparazione di un vignaiolo di lungo corso, con la lungimiranza dei grandi visionari, di quelle persone che noi amiamo definire gli “angeli matti”, con il papà Marino, ha realizzato quello che nessuno era mai riuscito a fare.
mattia citterio.jpgMattia CitterioRilevato un terreno incolto da decenni, la cui splendida esposizione - sole dal mattino al tramonto, e posizione particolarmente protetta dalla montagna (il monte Muggio) - doveva esser ben nota ai nobili del paese, che lì per le condizioni facevano pascolare liberi gli asini. Immaginato il potenziale di quell’ appezzamento, per la coltivazione della vite, con un lavoro caparbio, lo ha innanzitutto reso coltivabile provvedendo a liberarlo dal bosco selvatico cresciuto per l’incuria di decenni. Poi, coinvolta nel progetto la Fondazione Foianini, che nella vicina Valtellina ha sempre aiutato i vignaioli, scelto di far l’azienda vitivinicola che non esisteva, nonostante le pendenze estreme, che sono sinonimo di fatica del fare tutto a mano, su questa soliva ha piantato le vigne, puntando sulle viti di nuova generazione, cosiddette resistenti, che richiedono ridottissimi trattamenti, e tutti naturali. Quindi ha avviato una collaborazione con il team de La Costa, alla cui guida c’è quella Claudia Crippa che, a sua volta, è stata l’apripista lungimirante che ha avviato il ritorno della vite e del vino nel vicino comprensorio del lago di Como, dando poi il via a quel processo virtuoso che oggi è l’esperienza del Consorzio Terre Lariane.
vigneto.jpgI vigneti di Mattia CitterioMorale. IndoVino è la prima azienda vitivinicola della Valsassina. E oggi, quegli ettari di terreni prima abbandonati, sono un meraviglioso, immenso, giardino, dove a dire del duro lavoro di ogni giorno, per anni, fatto di lunghe ore e di sacrifici immensi, sono quelle vigne che, ripide e ordinate, scendono lungo la costa, guardando alla Grigna, che, proprio di fronte, si staglia maestosa, con il suo versante che dà sulla Valsassina. Un incanto. 
titolari-indovino.jpgSotto al grande albero da cui si ammira questo panorama magico, Mattia ha messo un grande tavolo dove si possono degustare i suoi due vini. Un bianco e un rosso da assaggiare con rispetto, per la fatica che raccontano, per la poesia che sono, per il loro valore e per quello che rappresentano non solo per il paese e il comune in cui nascono, ma per il territorio e per l’intera regione Lombardia. 
Nel bicchiere, il bianco (varietà muscaris) ha colore paglierino brillante, naso di raffinata aromaticità con note floreali di glicine e sentori di noce moscata e agrumi, e in particolare di pompelmo, cui seguono profumi di pesca e albicocca, sorso fresco ed armonico.
bottiglia-indovino.jpgIl vino bianco IndoVinoIl rosso (alla cui realizzazione contribuisce la varietà monarch, per il 90% , e il cabernet cortis per il 10%) ha colore rubino brillante, naso esuberante con profumi di frutta rossa molto intensi ed invitanti, lieve speziatura, sorso di bella freschezza, sapidità, lunghezza.
Anche questa estate un buon numero di turisti, soprattutto stranieri, si son spinti fin qui, per partecipare alle degustazioni fatte, in occasione di eventi musicali come la serata con il coro che ha eseguito canti popolari della tradizione o come il concerto con le campane di cristallo. La rinascita del territorio, la riscoperta della tradizione, hanno il volto di Mattia Citterio, e la bellezza del suo sogno visionario. Il  futuro di queste montagne, parte anche  da qui, dai suoi vini, che essendo i primi della Valsassina, hanno il gusto della speranza.

Maurizio Domeneghetti, una storia di bene che ha il gusto straordinario dei suoi formaggi di capra

Una storia che ha radici lontane, e risale alla fine del 1800 quando il trisnonno alle “Carbonere” allevava vacche e faceva il cavallante portando a valle il latte e riportando in montagna beni di prima necessità utili alla comunità. Poi stessa vita ha fatto il bisnonno, e anche il nonno, a cui è toccata la sorte degli anni del conflitto mondiale, vissuti impegnandosi nella guerra di liberazione come partigiano, ma con il cuore libero, che non conosce l’odio, tanto che quando lì arrivarono i tedeschi, lui lasciava la porta di casa aperta, e per chi aveva fame, un pezzo di formaggio c’era, non una fucilata. Prima che “nemici”, uomini. Un seme di bene che ha dato molto frutto, se si considera che quella storia è proseguita, non in alta montagna, dove quella casa comunque è ancora lì, ed è luogo di ritrovo famigliare, ma a valle, a Primaluna, dove mamma Lilliana e papà Ezze si son spostati nel 1993 avviando un moderno agriturismo. Mamma Lilliana è donna solare, e ogni sua giornata inizia così: “Affido i miei figli al Signore e guardo la parete Fasana, che al mattino è rosa, ed è bellissima!” 
maurizio-domeneghetti.jpgMaurizio Domeneghetti nella stalla con le sue capreIl secolo di vita di questa famiglia, tutto scandito dal bene, prosegue con l’attività che è portata avanti dal figlio, Maurizio Domeneghetti che, dopo essersi laureato, sta scrivendo una nuova pagina di questa storia affascinante. Lo sta facendo non più con le vacche, ma con capre da latte, con un allevamento di circa 80 capi, e annesso caseificio aziendale con bollo CE per la trasformazione del latte. 
capre-saanen.jpgLe capre di razza SaanenLe capre (tutte di razza Saanen fatta eccezione per due, che sono di razza camosciata delle Alpi) vivono libere nella stalla e nel paddock esterno in mezzo al bosco. Produce formaggi di capra a latte crudo, eccezionali. 
primaluna.jpgIl banco dei formaggi dell'Agriturismo Due Soli con Maurizio DomeneghettPer voi, ricotta, caprotto fresco, caprotto stagionato, formaggella, capreggio, blu di capra, latteria di capra, grancapra, triangolo del Lario. Eccellenze che gli sono valsi premi prestigiosi, ma soprattutto la creazione di una rete di contatti che assicura una serena vita dell’azienda.
I giovani sono i pilastri del futuro, diceva il nonno. Maurizio è giovane pilastro di un futuro che è fatto della riscoperta di un gusto dimenticato, della storia di luoghi e persone che meritano di esser conosciuti, della bellezza di un territorio che va dritto al cuore.
formaggi-latte-crudo.jpgI formaggi a latte crudo di Maurizio Domeneghetti

Pietro e Stefano Agostani, una cucina radiosa che porta i sapori e i profumi del territorio nel piatto

Pietro Agostani ti spiazza. In qualsiasi circostanza, sul volto, ha sempre un sorriso sereno. E' il riflesso del suo animo buono, che ricorda il panorama placido del Lario ai piedi della Grigna, e quella sua tenacia che ha la forza e la dinamica delle vette dei dintorni. Ha 27 anni, e il suo capolavoro è aver dato alla Valsassina il luogo di gusto che non c’era. È l’Osteria Il Camino di Ballabio. Giovane cuoco, ma anche grandissimo sommelier, legato alla sua terra, vedendo che in zona si contano su una mano gli indirizzi di tavole di valore, ha pensato di dare al territorio il locale che mancava. Ha scelto la via della distinzione, per offrire a chi in inverno sale ai vicinissimi Piani di Bobbio a sciare, o in estate a fare vacanze o escursioni, una proposta che si differenzi dai menu acchiappa turisti appiattiti su un’offerta che nulla a che vedere con il gusto. Con lui, mamma Giovanna e il fratello Stefano, che a sua volta è bravo cuoco.
fratelli-agostani.jpgPietro e Stefano Agostani dell'Osteria Camino di BallabioIl risultato di questo suo mettere in campo i suoi talenti, con le persone che ama, e giocandoli nelle due attività che lo appassionano, la cucina e il vino, è un locale che vale il viaggio.  Il locale ha il calore degli chalet di montagna, con pietra e legno ad abbellire la sala luminosa, dove campeggia il grande camino che che dà il nome al ristorante, un fresco dehors dove è un piacere mangiare all’aperto nella bella stagione. 
osteria-camino.jpgIl grande camino che dà il nome all'Osteria dei fratelli AgostaniIl menu è un inno al territorio, con i riflettori che vanno sui monti e sul vicino Lario, con piatti che si segnalano per la mano felice dell’esecuzione, tecnica, gusto. Per voi, per iniziare (11 euro) “antipasto dell’osteria” con salumi e conserve della casa o “pulènta e missulten” (i missoltini , agoni essiccati).
Poi è trionfo della gola con i primi (10 euro) con quelle Patole di Sant’Antonio che son strangolosi ravioloni  di patate con dolce ripieno di carne e burro dorato alla salvia, con i succulenti pizzoccheri o con il “risot in t’ól lac”, risotto della tradizione premanese con cipolle e cotto nel latte.
osteria-primo.jpgIl piatto di Patole di Sant'Antonio dell'osteria Il CaminoCon i secondi (14 euro), taragna e funghi, “Che stinco!” (che è stinco di maiale al forno), “Il cervo” (lombatina di cervo cotta a 52 °C scottata alla piastra con riduzione al Sassella) o “Faraona” (di cui è proposto il petto cotto a bassa temperatura in crosta di pancetta).  Per chi vuole il dessert (4 euro) si va sul sicuro con il tiriamisù e le torte dell casa, ma la tentazione per i più golosi saranno i formaggi, non dimenticate dove siete, e qui vi troverete davanti alcune vere chicche.
osteria-camino-formaggi.jpgIl tagliere di formaggi dell'Osteria Il CaminoI vini? Pietro – lo abbiamo detto – è anche sommelier, ma soprattutto ha passione e competenza, e la sua carta dei vini è invito a stappare, con una serie di etichette anche di piccoli produttori, poco noti, ma di assoluto valore. 

Az. Agr. Mattia Citterio

Indovero di Casargo (Lc)
tel. 3383631408

Agriturismo Due Soli

via Cavallotto 2 (fraz. Cortabbio)
Primaluna (Lc)
tel. 0341981475

Osteria Il Camino

via Provinciale 33 
Ballabio (Lc)
tel. 03411690337 

 

Ph. ilGolosario

 

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