Da Lino Maga con gli studenti di enologia dell’Università di Milano
Non solo le colpe ma, forse ancor di più, i meriti dei padri ricadono sui figli. Quando hai un padre famoso, non per i milioni in banca, ma per il cuore, l’umanità e le opere, seguire la sua via è difficile; serenità ci vuole, umiltà, equilibrio e coraggio. Questo penso oltrepassando in autostrada il 45° parallelo, così ben segnalato dalle parti di Casteggio. E’ la linea immaginaria che marca l’equidistanza dal Polo Nord e dall’Equatore, latitudine ideale per tutti i grandi vini del mondo. Per me significa entrare nel territorio di Lino Maga e del suo Barbacarlo.
Sono stato chiamato al telefono da Andrea Foti, figlio di Salvo, quello dei Vigneri dell’Etna. Da qualche anno non lo vedo; ricordo un adolescente dallo sguardo malizioso, un po’ birbone e un po’ capobanda… ora ha vent’anni e studia enologia a Milano.
«Claudio, mi sembra un peccato essere qui a Milano a studiare enologia e non andare a conoscere Lino Maga. Ci vorrei andare con tre compagni di scuola domenica… Papà dice che tu lo conosci bene, mi puoi aiutare?».
Certo che ti posso aiutare, ragazzo mio, anzi farò di più… Ci vengo anch’io! Non vedo Lino da qualche mese e questo incontro generazionale mi interessa. Arrivo un po’ prima per godermi il mio vecchietto ma arrivano anche loro, in anticipo. Andrea Foti dai riccioli neri, apparentemente il più tranquillo. Davide Fede di Modica è il più anziano, ben ventotto anni, acconciatura da rasta, apparentemente ribelle si rivelerà il più razionale e dialettico; sarà lui a essere preso simpaticamente e scherzosamente di mira da Lino. Rubens Lisignoli dagli improbabili capelli biondo platino è, se ho capito bene, figlio di agricoltori-allevatori in Valtellina. Ci parlerà di transumanza e delle tradizioni dei nonni in modo non banale. Per ultimo Riccardo Negri dalla Brianza, quello che se la gode. Se ne sta seduto vicino al Maga e non si perde una battuta. Ogni tanto sogghigna.
Il mio Lino è in forma, trae linfa da tanta giovinezza. Parla, parla, parla con il suo timbro pacato e, naturalmente, fuma. E’ stato operato da poco ad un’arteria e l’ha superata benissimo. Pare che il medico gli abbia proibito di smettere di fumare… troppo rischioso!
«Quando un vino pulisce la lingua al fumatore, è riuscito!» diceva il suo amico Giuanin (Brera). E come dargli torto se è ancora qui a contarcela dopo ottantun vendemmie! «Sono stato operato a maggio. Avevo detto al medico che mi lasciavo operare se mi prometteva che sarei stato pronto per la vendemmia».
La sua vita è stata scandita dalle vendemmie, il momento più importante dell’anno, dove si raccoglie il frutto della fatica, per lui la vera vacanza. Pare incredibile ma è vero che se le ricorda tutte e di tutte le annate ti sa dire caratteristiche, difetti e qualità.
«Come fai a dimenticarti una cosa a cui pensi per un anno intero?».
«Dopo un’accurata selezione la mia uva va nei tini, macera sulle bucce 8 o 9 giorni, poi si svina. Le vinacce andranno spremute nel torchio e, alla fine da un quintale di uva, usciranno 50 litri di vino. Per averlo pulito occorreranno molti travasi in luna calante, come da tradizione; non abbiamo mai filtrato il nostro vino, per arrivare, dopo otto mesi di botte, a metterlo in bottiglia. Le bottiglie staranno 40/50 giorni coricate, perché il vino deve fare amicizia col sughero, infine in piedi. Fare vino è semplice, è il mestiere del vitivinicoltore che è complicato».
E intanto si tagliano fette di salame accompagnate dal fragrante pane bianco dell’Oltrepò e si assaggia il Barbacarlo 2017. Ampio, asciutto, spumeggiante. A dir la verità è ancora un bambino e sicuramente può durare fino a 40 anni, come dice l’etichetta. Le vicissitudini dell’anno hanno dato una produzione dimezzata, solo 8.000 bottiglie per due vini. Come sempre, per quanto riguarda l’abbinamento, si consiglia di essere in due: “la bottiglia e chi la beve”.
Il tempo passa con le proverbiali rivendicazioni di Lino, ma hanno un sapore nuovo dette a questi giovani; poco ne sanno delle decennali battaglie del vecchio leone per ottenere il diritto ad essere il solo ad usare il nome Barbacarlo sull’etichetta, riconoscimento del crus che in Italia ancora manca. Ma guardandosi attorno, nella bottega di via Mazzini, con tutti i ricordi e il sapore del Barbacarlo in bocca, sanno di essere nel posto giusto. Anche le differenze di età paiono annullate.
«La burocrazia ha espropriato i contadini dei diritti alla loro terra privilegiando l’industria. Come faccio a fare squadra con un disciplinare che permette 150/200 quintali di uva ad ettaro, quando io ne faccio 25/30 e coltivo la vite dove non ci vanno i trattori?».
«Ma come si fa a fare comunità senza un disciplinare?» - ribatte l’impudente Davide. «Tanti uomini unici con il credo di fare bene fanno comunità».
Non mancano gli aneddoti come quella telefonata dal Vaticano che vuole ordinare del vino per il Santo Padre, quando Lino chiese assicurazioni sul pagamento dicendo di “non fidarsi dei preti”. O come quello di quando si trova in bottega seduto un barbone che gli dice di volergli comprare la bottiglia più vecchia che ha con tutti i soldi che possiede. E, quando Lino gliela porta, tira fuori 50 centesimi. Lino li accetta e gliela lascia dicendo “Va là che tu sei Gesù Cristo”. Empietà e spiritualità contadina.
Se ne vanno felici e si fanno autografare la bottiglia comprata, come se Lino fosse una rock star. Andrea, nella giornata è stato il più silenzioso. Alla sera ricevo questo WhatsApp:
“Ciao Claudio, ti volevo ringraziare per la possibilità che ci hai dato. Incontrare Lino Maga è stato davvero importante. Ci fa credere che la bellezza sta sempre nelle cose più semplici e quotidiane. In questo credo di avere dei buoni insegnanti. Incontri come questo spronano a fare sempre meglio e a impegnarsi sempre di più in quello che si fa”.
I vini dell’Etna che più mi piacciono hanno il futuro garantito.
per le foto si ringrazia ©Rubens Lisignoli