Un ricco menu in dialetto milanese in una bella e accogliente cascina di campagna
Questo ristorante nella campagna di Milano vicina al quartiere Vigentino ha l’aria della festa in qualunque stagione dell’anno. Ma se arrivi in questi giorni, le luci sono già natalizie e illuminano tutta la cascina. C’è una teoria di sale molto calde e accoglienti e un personale indaffarato, che serve con una certa solerzia. Veniteci in coppia, in compagnia, per una cena di lavoro. L’umanità varia che abita questo locale in un martedì sera di novembre è di questo genere; ma quando poi uscirai, sembra incredibile la lunga fila di auto ai bordi della strada.
Eccoci dunque Al Garghet (via Selvanesco, 36 - tel. 02534698) La patronne è una signora molto decisa e attenta, e quando saprà che il nostro risotto è solo un po’ scotto, viene al tavolo, chiede scusa e dice che non lo metterà in conto. La carta dei vini sarà sorprendente, con alcune etichette da appassionato che non ti aspetti, come il Lambrusco di Saetti e altre chicche da intenditori.
Ma veniamo al menu, scritto il milanese, forse fin troppo ampio, quasi un buon compromesso per accontentare tutti e magari invitarli a tornare. In pompa magna viene annunciato il tartufo nero dell’Umbria, servito su uovo morbido, crumble di nocciole e spuma di Salva Cremasco. Fanno la zuppa di cipolle gratinata alla francese e il cappuccino di mais e finferli con pop corn di parmigiano. Questi i piatti creativi, ricordando poco sotto la lista che “suca e melon ha la sua stagione" (crema di zucca, risotto, tortelli...). Ma tornando ai piatti classici, qui potete sognare: c’è tutto. C’è il bollito misto, c’è la cassoeula, ma prima ancora i nervetti, il lardo col paté, la parmigiana. Fra i primi ordiniamo un risotto ai funghi, abbastanza semplice; peccato per il "Risott a la Milanesa" che era solo per due persone. In alternativa gnocchi di patate al gorgonzola. Poi ci sono ravioli ripieni di carne e maltagliati coi funghi. Buoni davvero i mondeghili, classica la cotoletta alla milanese (buone le patate), mentre quella del Garghet è di lonza, a orecchia d’elefante con tocchetti di pomodoro. E poi ancora ossubuco in gremolada, rognone trifolato, filetti in vari modi fino alla rostisciada (vitello e manzo in umido con polenta salsiccia e funghi). Optiamo per la faraona con trevigiana e lardo servita con spinacino, nocciole tostate e composta di fragola, ma è abbastanza addomesticata per i nostri gusti. Eccezionale è invece la trippa alla milanese. Alla fine i dolci non ci stavano.
Conclusioni: lo racconterò agli amici (faccino contento). È un bel posto, dove l’impegno è importante, anche se certi piatti risentono dei grandi numeri. Si spende il giusto. E anche questo non guasta.