Una trattoria moderna in Valsesia che vale assolutamente il viaggio

Non ci sono dubbi: il pranzo della settimana lo abbiamo fatto a Rassa (Vc), un’amena località della Valsesia, esattamente la Valle dei Tremendi, conosciuta perché qui si rifugiò l’eretico Fra Dolcino con 300 fedeli al seguito.

Rassa è un bellissimo borgo, con i ponti romani, copiosi in questa valle, ma anche le strade del paese lastricate in porfido e i tetti delle case, alcune in antico stile walser, con la pietra di Piode. Il 15 di agosto fanno la festa del mirtillo, ma negli altri 364 giorni si fa festa (giorni di chiusura permettendo), in questa osteria del nostro privilegio, l'Hostaria di Bricai (via Guglielmo Marconi, 30 - tel. 016377264), portata avanti da due angeli matti, che 8 anni fa hanno lasciato Milano per rifugiarsi qui dove un tempo c’era la Locanda delle Alpi.

Loro si chiamano Giorgio De Fabiani, classe 1975 e lei, la moglie, Chiara che segue i clienti in sala, consiglia, porge i piatti, sempre col sorriso. Il locale è quanto di più carino possiate immaginare, intimo, accogliente, con tanti dettagli. Ma subito vi sorprenderà l’esposizione di vini, con etichette non comuni in alcuni casi e quella dei superalcolici che annoverano persino whisky scozzesi.

Ora, io credo che ci sia stato un passaparola speciale per convincere a investire qui: un luogo fiabesco e isolato, che però apre a percorsi a piedi straordinari (magari fino in località Campello, alla casetta di Heidi, che è un agriturismo dove ci dicono si mangi anche bene). L’artefice di questo passaparola è il capo degli angeli matti: Vulaiga, al secolo Eugenio Pol, che anche lui si spostò da Milano per aprire un’osteria a Varallo, dove la cosa più buona e memorabile era il pane. E così, a Fobello, in un’altra valle, la Val Mastellone, Eugenio s’è messo a fare il panettiere. Ora Vulaiga non è solo il panettiere più bravo d’Italia: è anche un amico, o meglio un “fradel”, come dice lui, e la sua umanità è dolce come la mollica delle sue pagnotte.

Di questa amicizia si è alimentato anche Giorgio e appena arrivi ecco tre fette di pane di Vulaiga con un burro spettacolare. E ora sedetevi e provate i suoi amuse bouche: frollino salato con tartare di capriolo, cannoncino con brandade di baccalà e crème brulée di Parmigiano. Poi l’uovo pochè con porcini freschi per chi è ghiotto senza limiti oppure il torcione di fegato d’oca alle noci e uvetta, mostarda di verdure e riduzione al Porto. Noi abbiamo preso anche il coniglio nostrano in porchetta, patate di montagna, pomodori e polvere di capperi, ma se torniamo non rinunciamo certo alle lumache leggermente gratinate, pomodoro del Piennolo e crema di aglio e prezzemolo.

Sui vini avete il meglio che possiate immaginare e un bel Bianco ci sta bene con quegli spaghetti di Gragnano all’amatriciana bianca di montagna con pane di Vulaiga abbrustolito. E che dire dei ravioli del plin (un po’ più cicciotti di quelli langaroli) con succo di vitello e scaglie di Parmigiano? Il risotto (solo per due) è di Goio ovvero il Dop della Baraggia ed è con cacio e pepe.
Un poker di scelte quindi sui secondi. Per noi una tenerissima aletta di vitello cotto a bassa temperatura, con porcini al rosmarino, crema di patate e rapa rossa e olio carbone. Eccezionale la morbidezza e la succulenza, per un piatto che merita il viaggio. Altre scelte, il petto di galletto rosolato nella sua pelle con purea di fave e salsa di pecorino e cacao; il capocollo di maialino da latte al forno con la cipolla di Cureggio ridotta in crema e patate cristallo e infine la ricciola con polenta mantecata, origano, capperi e pomodorini secchi.

Prima dei dolci non manca una degustazione di formaggi. Quindi la grandiosa torta di pane al profumo di agrumi, pinoli, uvetta, cacao e sorbetto di mandarino, la mousse di cioccolato fondente con cuore di lampone, il parfait di nocciola con croccante di liquirizia e naturalmente il sorbetto al mirtillo.
Il menu degustazione è a 48 euro.
Che soddisfazione, che gioia, che gusto!

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