Una sentenza della Corte di Giustizia vieta l’utilizzo delle parole “latte”, “burro”, “formaggio” e “crema” in riferimento a prodotti di origine vegetale. Ma non proprio

L’Unione Europea stringe infatti le maglie al “latte vegano”, ovvero latte di soia, latte di riso, formaggi di tofu e crema di riso spalmabile, insieme ad altri prodotti: Secondo la Corte di Giustizia presto spariranno dalla circolazione perché ritenuti “ingannevoli” per i consumatori e contrari alle norme dell’UE”.

La stessa Corte dal 2014 ha approvato un regolamento che disciplina l’utilizzo di diciture come “latte”, “burro”, “formaggio”, “yogurt” e “Crema” riferendoli solo e unicamente a prodotti lattiero-caseari, quindi derivati dal latte. Ma rimangono le eccezioni cine il latte di mandorla, il burro di cacao e qualche altro nome che ormai si è consolidato da tempo. (Ma se latte di soia no e latte di mandorla o di cocco si, la confusione tutto sommato rischia di permanere).

La decisione dunque è destinata a far discutere. Se per Coldiretti con questa decisione “Si pone fine a un inganno”, le associazioni vegan insorgono. Per Lav Area Scelta Vegan: “L’avanzata dei prodotti 100% vegetali è inarrestabile con caratteristiche concrete. non la fermeranno certo un nome o un’etichetta o una sentenza, la gente sa benissimo cosa vuole”.

E sul tema resta aperta anche la questione dei cibi a base di carne, per cui non esiste ancora una legislazione europea che tuteli i nomi come nel caso del latte."Sarebbe ora di predisporre una normativa per salvaguardare la denominazione dei prodotti a base di carne, come la bresaola e la mortadella" ha commentato il primo vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, Paolo De Castro, tornato alla carica dopo un primo - vano - tentativo nel mese di ottobre. (La Stampa e QN)

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