Marchesi Antinori, “vinattieri dal 1385”. Una storia toscana.
Sangue blu, si dice essere il carattere distintivo della nobiltà. Certo.
Ma c’è sempre l’eccezione che conferma la regola. È il caso dei Marchesi Antinori, che nobili lo sono eccome, ma che nelle vene hanno sangue rosso rubino, visto che da oltre seicento anni si dedicano alla produzione vinicola. Vinattieri dal 1385, dicono con orgoglio, il Marchese Piero, e le figlie Albiera, Allegra e Alessia, che oggi guidano con mano sicura l’attività. Una storia toscana, la loro. Una storia toscana, quella raccontata in “Tignanello” (Cinque sensi editore, 45 euro), il libro in uscita in questi giorni, autore il Marchese Piero.
Più che mai sapiente la scelta di presentarlo nella splendida cornice del complesso monumentale di Astino, a Bergamo, dove nei mesi di Expo è stata ospitata la mostra “Luigi Veronelli, camminare la terra”, a sottolineare il legame che “Gino” ha avuto con il vino simbolo della grande cantina toscana. A ripercorrere “la vita” del Tignanello, appunto, dalla sua nascita ad oggi, Albiera Antinori, vicepresidente Marchesi Antinori, Nadia Ghisalberti, Assessore alla Cultura e Turismo del Comune di Bergamo, Fabio Bombardieri, presidente Fondazione Mia, Andrea Bonini, direttore del Seminario Permanente Luigi Veronelli, e Arturo Rota, presidente del Comitato decennale Luigi Veronelli.
Prodotto dall’omonimo vigneto che si trova su un terreno di 57 ettari esposto a sud-ovest, di origine calcarea con elementi tufacei, ad un’altezza tra i 350 e i 400 metri s.l.m. presso, la Tenuta Tignanello (situata nel cuore del Chianti Classico sulle colline tra Firenze e Siena e appartenuta a famiglie nobili come Buondelmonti, Niccolini e Medici). Il vino, battezzato così su suggestione di Gino Veronelli, che alla domanda del Marchese Piero, su che nome dargli, disse “il vino porti il nome del vigneto, chiamatelo Tignanello!” Al debutto nel 1971, con la prima versione presentata al mondo nel 1974. Prodotto solo nelle annate ritenute all’altezza (la decisione di non produrlo, nel 1972, 1973,1974, 1976, 1984, 1992 e 2002).
Dagli esordi a oggi è diventato uno dei vini simbolo del nostro paese. “The most influential wine in the history of Italy”, lo ha definito Wine Spectator, la celeberrima rivista Americana. Nel bicchiere? Nella versione 2012, da uve Sangiovese (80%), Cabernet Sauvignon (15%) e Cabernet franc (5%), alla vista ha colore rosso rubino molto intenso, con riflessi violacei, al naso è fine e di bella intensità, con profumi di ciliegia, prugna, liquirizia, nota balsamica e sentori di tabacco e spezie, mentre al palato è elegante, caldo ed equilibrato, piacevolmente tannico e di lunga persistenza.
La storia continua!