La Torricella a Monforte d’Alba

Quando cala la sera sui vigneti di Monforte d’Alba (Cn) è uno spettacolo di colori e la sinuosità delle vigne in ombra fa pensare al mare.
Qui alla Torricella (Località S.Anna, 98 - tel. 0173 78327), senza ombra di dubbio, è un luogo di vacanza. Lo sanno bene gli stranieri che hanno scoperto quello che è un relais a tutto tondo: camere, piscina, cantina (i formidabili vini di Diego Pressenda) e ristorante. Ma che ristorante!

Entri e la sala ha i motivi della pietra e del legno, in un chiaroscuro che infonde freschezza. Appena dopo una teoria di altre sale, alcune verande che danno su quegli orizzonti langaroli di struggente bellezza. Si cena all’aperto d’estate ed è una goduria. Come godurioso, e quasi indicibile a dirsi, è quel Riesling della maison che quest’anno sarà addirittura uno dei Top Hundred di Papillon, tanto ha raggiunto i vertici dei Riesling più quotati (ma la Langa è terra di riesling!).

Alla gestione della cantina, della sala e della cucina c’è una famiglia intera: i figli del grande vignaiolo Diego, con i generi tutti impegnati in quella che m’è sembrata una felice impresa famigliare. Presto sentirete parlare (sempre dal sottoscritto) dei vini, dove il Dolcetto è un orgoglio fatto a dovere e il Barolo un vertice. Oggi però voglio parlare della sorpresa di questa cucina, che già colpisce quando la prima pagina del menu dichiara i fornitori a chilometro ravvicinato (le uova di Fornasero di Lequio, la carne di Berchialla a Montelupo Albese, le farine del Mulino Borgotallo di Roddi, i pesci di Testa a Tarantasca, i formaggi di Biomonte a Sinio).

Il menu offre naturalmente i classici curati con dovizia (vitello tonnato, carne battuta...), ma meritano anche l’insalatina di faraona cotta sotto sale, mela e cialda al sesamo; la crespella di zucchine e salsiccia gratinata al forno; l’uovo in pasta fillo con fonduta ed erbette. Niente di banale, come vedete, ma una ricerca per tirar fuori dai clienti quel senso di felicità che una situazione del genere crea.

Sui primi saranno immancabili i tajarin al ragù di Langa, ma anche i ravioli del plin di brasato e fondente di patate. Gli gnocchi di patate sono con pomodorini pachino e grana stravecchio, mentre un sfizio saranno gli agnolotti al ripieno di fonduta con burro alla nocciola e fiori di zucca. Dopo due visite nel giro di poco tempo, siamo alle soglie di quello che è un faccino radioso.

Via allora col cartoccio di coniglio alle erbe aromatiche, l’agnello nostrano al forno con le patate, la parmigiana di trota salmonata e zucchine con la bufala piemontese.

Si chiude coi classici: bonet (filologico), tortino di nocciole con sorbetto al Moscato.

Che gran bella sosta! E soprattutto che prezzi a leggere le soluzioni dei menu (tre piatti a 35 euro, menu della tradizione a 38).
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