Riflessioni intorno alle bottiglie di inizio millennio

Leggo oggi sui giornali che la quarantena obbligatoria sta portando a una sorta di hit parade delle principali attività svolte in casa. Il giardinaggio vince (per chi ha un giardino o un terrazzo), mentre la messa in ordine dei libri è l’attività più gettonata di chi vive in appartamento.

Io ho fatto più o meno una cosa simile: ho messo mano alle vecchie bottiglie, magari abbandonate nel semiscuro della mia cantina. Ed ho scoperto, come sempre, tante cose che non mi sarei aspettato.

Due bianchi longevi: Verdicchio e Sauvignon monferrino

Ho aperto una trentina di bottiglie e fra i vini bianchi devo dire che il Verdicchio dei Castelli di Jesi classico 1995, selezionato dalla famiglia Zaccagnini a Staffolo (An) non mi è dispiaciuto pur avendo note già maderizzate. Però è stato clamoroso assaggiare e finire tutta la bottiglia del Monferrato Bianco “Mimosa” 2000 di Colle Manora. Un sauvignon che volle la “bionda nel sacco” al secolo Eleonora Limonci (donna bellissima che apparve nella pubblicità della birra Peroni anni Settanta).

manora.jpgMonferrato Bianco “Mimosa” 2000 di Colle ManoraL’annata 2000 vede in etichetta già il nome del nuovo e attuale proprietario, Giorgio Schön che insieme a Marina Orlandi Contucci, porta avanti questa avventura enologica da Formula Uno. Dico solo che abbiamo finito la bottiglia. Il colore era di un giallo intenso quasi albicocca. Al naso senti la frutta matura, l’ananas con note minerali incisive. In bocca è grandioso (ha vent’anni ragazzi!), fine, ricco, pieno, ancora allappante. Superbo. L’ho bevuto pensando a Eleonora, ma anche a Giorgio che di fatto, a Quargnento, ha portato avanti con bravura assoluta l’incipit della fondatrice.

Ma perché sull'Etna non han messo il Pinot Nero?

Ed ora veniamo ai rossi. Nella mia cantina svuotata ho trovato una bottiglia di Pinot nero del 1993. In etichetta c’era scritto Regione Siciliana, cantina sperimentale a Castiglione di Sicilia. Ora, siamo sull’Etna e voi potete immaginare l’aspettativa bassa che potevo avere per un pinot noir del 1993. E invece mi si è aperto un mondo. Aveva un colore rubino trasparente con bordi aranciati e al naso frutta sotto spirito.
etna.jpgPinot Nero 1993 della cantina sperimentale a Castiglione di Sicilial bouquet poi virava verso sembianze balsamiche con evidente speziatura. In bocca l’ho trovato fine, pregnante, con tannini ancora scalpitanti. Grandissimo questo pinot nero tanto da chiedermi: ma perché poi in quegli anni dove il boom dell’Etna non era ancora esploso, hanno scelto sono nerello mascalese e cappuccio? Possibile che anche sull’Etna non valga la regola del terroir che fa esprimere vitigni internazionali? Questo Pinot nero è un esempio pazzesco delle potenziali che avrebbe. La discussione è aperta. Scrivetemi pure, perché sono curioso del pensiero soprattutto dei siciliani.

Altre sorprese da Doc Minori: Colle Picchioni super

Interessante e piacevole la pulizia e la pienezza del Sangiovese dei Colli Martani 2001; si avverte ancora la viola nel Toscana Rosso di Montepaone 1998, ma i tannini sono slegati. Eccezionale, invece, il Colle Picchioni rosso 2000 di Paola Di Mauro. E proprio nel 2000 la vidi per l’ultima volta, ospite con tutta la mia famiglia a casa sua: avevamo fatto una gita per l’Anno santo, coi bambini.
picchioni.jpgColle Picchioni rosso 2000 di Paola Di MauroLei era a letto e le regalammo un grappolo d’uva d’argento beneaugurante. Che donna Paola, che vitalità, che entusiasmo. Assaggiare ora questo vino che ha una profondità di sottobosco, da cui sorge la viola e dà un inaspettato l’equilibrio oltreché bevibilità, mi fa felice. Veramente.

Velenosi: l'intuizione del taglio bordolese in salsa picena 

Sarà pazzesca la frutta che esce dal bicchiere del Savuto “Vigna Garrone” 1998 di Odoardi. Senti la prugna sotto spirito, ma anche liquirizia fresca. In bocca è caldo, pieno, quasi mentolato. Non mi poteva poi tradire, e non lo ha fatto, il Sangiovese superiore riserva 2001 di Tre Monti di Imola che mostrava ancora la sua stoffa, caldo con finale di liquirizia nera.
Altra sorpresa la troviamo nelle Marche, ovvero nella cantina Velenosi, con il suo Marche Rosso “Ludi” 2000 (montepulciano, cabernet e merlot). E qui senti il rosmarino, la menta, note balsamiche su una profondità importante e tutta vegetale. In bocca è perfetto, integro, ancora ricco di tannini scalpitanti.
ludi.jpgMarche Rosso “Ludi” 2000 di VelenosiE qui vorrei guardare nei suo occhioni Angela, che conobbi proprio in quegli anni, dopo una toccata e fuga in treno ad Ascoli per fare un servizio sulla sua cantina per un mensile, per dirle: "È stata giusta l’intuizione di fare blend di taglio bordolese con il vitigno principe".

Lo dico perché allora non ne ero convinto, mentre il giudizio del tempo ha svelato una verità. (Di contro allora, Angela non era convinta che potesse avere un futuro pecorino e passerina, ma pure lei si è dovuta ricredere. Ed è la stoffa delle persone intelligenti, che sempre si rimettono in discussione).

Centro Sud Italia: Di Majo Norante e Illuminati

L’Aglianico del Molise “Contado” 1999 di Di Majo Norante si presenta immediatamente austero. Ma quando lo ossigeni viene fuori la frutta fresca, ancora piena ed espansiva. Poi c’è un’inevitabile riduzione con tannicità e acidità che si lasciano. Ma per quello che può l’ultimo bicchiere di questa annata, direi che è decisamente interessante.
illuminati.jpgMontepulciano d’Abruzzo “Zanna” 1995 di Dino IlluminatiCosì come il mitico Montepulciano d’Abruzzo “Zanna” 1995 di Dino Illuminati. Nei miei appunti scrivo: “Note di fresche-frasche dove le spezie quasi non riescono ad emergere dal mare di frutta generosa. In bocca ha un perfetto e sorprendente equilibrio con una tannicità ancora viva". Ottimo.

Altre tre bottiglie: al Sud

Cos’è questa nota di banana piccante al naso? È il Cabernet sauvignon 2000 di Tasca d’Almerita per la denominazione Contea di Sclafani. Un vino che era un sogno decisamente realizzato, perché l’equilibrio è ancora piacevole, e vira su quel finale amarognolo. È invece del 1998 il Salento rosso “l’Infinito” di Candido, dove al naso senti il mare, per un sorso piacevole, vellutato, che ancora dice la sua.
almerita.jpgCabernet sauvignon 2000 di Tasca d’AlmeritaSorpresa infine per il Nero D’Avola “Altamarea” di Fatascià. Su questo proprio non ci avrei scommesso, e invece è pazzesca l’irriducibilità del mirtillo al naso e dei piccoli frutti in generale. Ha poi una freschezza che prosegue il suo sorso fruttato. Davvero sorprendente (ma quando molla un vino così?).
infinito.jpgSalento rosso “l’Infinito” 1998 di CandidoDalla mia cantina, per oggi è tutto. Ai prossimi post.

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