La nuova sfida per la cantina che ha riportato in vita il Falerno, si chiama metodo classico, e i risultati sono tutti da gustare
È fascino antico, quello del Falerno, come documentato da Marziale che a sottolinearne il valore già all’epoca, ricordava che “se si voleva bere del vino comune bisognava spendere appena un sesterzio; per un buon vino se ne potevano spendere due; se invece si voleva bere il Falerno allora si dovevano sborsare almeno sei sesterzi”. E con Virgilio che, nelle Georgiche, invece, volendo metterne in risalto lo spessore qualitativo, ammoniva “nec cellis ideo contende Falernis” invitando a non “sfidarlo”.
Fu proprio dalla curiosità suscitata da queste citazioni, ma anche dai versi di Orazio e dai racconti di Plinio, che a loro volta citavano il “falernum”, che Francesco Paolo Avallone, avvocato e appassionato cultore di vini antichi, negli anni Sessanta, decise di riportare in vita questo vino – mito, scomparso agli inizi del secolo scorso.
Con l’aiuto di amici, di cui alcuni erano docenti alla Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli, individuate le viti che avevano dato vita al Falerno in epoca romana (pochi ceppi sopravvissuti alla devastazione della filossera di fine Ottocento) le ripiantò proprio in quel territorio del Massico dove un tempo erano cresciute, fondando la cantina Villa Matilde Avallone.
Oggi quell’avventura prosegue con i suoi figli Maria Ida e Salvatore, con i terreni che ospitano vitigni a bacca rossa tra cui Aglianico e Piedirosso e il vitigno a bacca bianca simbolo della regione che è la Falanghina. Qualità, eco-sostenibilità, cultura del territorio, rispetto della tradizione, crescita, sviluppo tecnologico, sostegno alla ricerca scientifica, i principi etici e i valori che da sempre ispirano l’attività di questa cantina.
Ne sono dimostrazione, il fatto che dal 2009, Anno Internazionale del Pianeta Terra, Villa Matilde Avallone ha avviato Emissioni Zero, progetto di sostenibilità ambientale che mira ad azzerare progressivamente le emissioni di gas serra e produrre vino in maniera eco-compatibile. E la particolare attenzione che qui viene dedicata al recupero delle acque di irrigazione e lavaggio delle uve.
Per quanto ci riguarda, da decenni, a stupirci di questa famiglia del vino, è la sua capacità di non cullarsi sugli allori, ma di procedere in un cammino di crescita qualitativa costante, e il suo sapersi cimentarsi in sfide sempre più ardite, a partire dalla volontà di contribuire a dare un profilo contemporaneo al Falerno. Tra i vini assaggiati in questi giorni, due grandi conferme, e una promessa.
Sono fiori all’occhiello di fama consolidata, il Falerno del Massico Bianco Vigna Caracci, da uve falanghina figlie dell’omonimo vigneto, nonchè uno dei più vecchi e meglio esposti della località di San Castrese alle falde del vulcano spento di Roccamonfina. Nella versione da noi degustata, la 2017, ha colore giallo paglierino intenso con riflessi dorati, profumi di fiori di limone, mela annurca e frutta esotica, nota balsamica di eucalipto e aghi di pino, gusto di suggestiva sapidità, che si distende in un sorso, pieno, vellutato e persistente, che ne fa un compagno ideale per i piatti di cucina di mare.
E il Falerno del Massico Rosso Vigna Camarato Riserva 2011. Prodotto esclusivamente nelle migliori annate con uve aglianico (80%) e piedirosso (20%) raccolte nell’omonimo vigneto, anche lui parte della tenuta collinare di San Castrese. Dal colore granato, profondo, al naso si propone con un profumo intenso di marasche, frutti di bosco rossi e neri, sentori di pepe, cioccolato, caffè, liquirizia e vaniglia, mentre al palato è secco, caldo, complesso, di lunghissima persistenza. Fa matrimonio d’amore con carni rosse, selvaggina, cacciagione, formaggi stagionati.
La sorpresa, invece, viene dal Mata Metodo Classico Brut Rosè. Da uve aglianico in purezza, nel bicchiere ha colore rosa tenue, perlage fine e persistente, note floreali di glicine e violetta, profumi intensi di fragoline di bosco, cassis, mela, pompelmo, melograno, mentre in bocca è fresco e avvolgente, piacevolmente sapido, setoso, dal finale lungo e con retrogusto di piccoli frutti. Di grande versatilità negli abbinamenti, si accompagna a piatti di pesce, arrosti, formaggi di media stagionatura. È un bel bere!
Villa Matilde Avallone
S.S. Domitiana, 18
Cellole (Ce)
Tel. 0823932088