Dopo mesi di malattia, è mancato Beppe Rinaldi, uno dei grandi del Barolo
Tra gli amici, si era condiviso con dolore colmo di discrezione e affetto silenzioso, da piemontesi, che Il Citrico non stava bene. E quello che si temeva, è successo. Dopo mesi di malattia, Beppe Rinaldi è mancato, proprio nel pieno della vendemmia.
“La tradizione per me ha molta importanza perché credo che sia sciocco non tenere conto del passato ed è addirittura delittuoso non tenerne conto pensando al futuro. L'uomo in questa zona ha messa molta mano sia sul territorio che sul prodotto. Il Barolo che adesso beviamo è frutto di sacrifici e meditazioni lunghe e profonde su quello che può dare questa terra, sulla varietà di vitigno che si possono scegliere, sui processi di maturazione. I nostri padri e i nostri nonni forse hanno meditato più di noi, intanto perché andavano a piedi ed erano grandi osservatori. Sopperivano alla mancanza di tecnologia con l'osservazione. Avevano la possibilità di essere molto attenti alle colline, ai terreni, ai cambiamenti di clima. C'era più empirismo, ma con osservazione meticolosa".
In queste parole, la sintesi della sua filosofia di vita. Nello stringerci alla moglie Annalisa, e alle figlie Marta e Carlotta, lo vogliamo ricordare con la pagina che gli abbiamo dedicato su "Vino assaggi memorabili, di quel giorno e di quell'ora", il nostro libro che uscirà nei prossimi giorni.