Dalla celebre cantina di Canneto Pavese, la conferma di una teoria di rossi di eccellenza, e la sorpresa di due nuovi spumanti di grande classe
Quando il Professor Fregoni, agli inizi degli anni Ottanta, in un convegno che si svolgeva a Broni, aveva affermato che «l’Oltrepò Pavese è una delle più importanti zone vitivinicole europee e mondiali», la sua riflessione aveva scatenato un vivace dibattito. In quegli anni, in cui si guardava molto alla “quantità”, per i più, il primato che l’accademico aveva voluto riconoscere al territorio oltrepadano era legato ai quantitativi, per altri, una minoranza va detto, al potenziale qualitativo.
Sembra passato un secolo, ma allora ad auspicare un percorso virtuoso di eccellenza, per il “vigneto oltrepadano”, non si era in molti. Noi, tra i pochi, ci credevamo, e non abbiamo mai smesso di crederci, convinti che sarebbe stato sufficiente l’esempio di qualche vignaiolo illuminato, per spingere altri a lasciare la logica il cui simbolo era la “damigiana” e intraprendere quella nuova strada che avrebbe potuto portare lontano, costruendo un futuro dallo scenario completamente diverso. Simile a quanto accaduto in Piemonte e in Toscana, per capirsi. Come è andata? Dopo anni, finalmente, quel percorso virtuoso immaginato, è stato avviato, e ora vanta un numero sempre più significativo di cantine che lo stanno realizzando.
Esemplare in tal senso quanto fatto dai sedici magnifici produttori del Club del Buttafuoco Storico, che, insieme, con la forza dell’amicizia, hanno acceso i riflettori sul territorio e sulle sue eccellenze, suscitando un’attenzione sia mediatica sia dei consumatori, mai vista prima. Così come non può passare inosservato, che a differenza del passato, anche il rinnovo dei vertici del Consorzio di Tutela dei vini dell’Oltrepò Pavese, proprio di questi giorni, con la conferma alla presidenza di Gilda Fugazza e la nomina come vicepresidenti di Ottavia Vistarino, Andrea Barbieri e Renato Guarini, sia avvenuto in un clima di serenità. Come ha fatto bene a sottolineare anche l’assessore all’agricoltura di Regione Lombardia Fabio Rolfi, “in un momento generale di difficoltà, segno di grande compattezza”.
Tra i produttori che hanno dato l’esempio, facendo prima da apripista e aiutando poi anche a crescere e a far squadra, altri e soprattutto giovani di valore, i Fiamberti.
Una storia plurisecolare alle spalle, che li ha visti abitare nel Cinquecento nel villaggio allora conosciuto come Montù de Gabbi, in frazione Croce. E poi, dalla prima metà del Settecento, nella casa-cascina Caristoro. Un legame con il vino iniziato oltre due secoli fa, testimoniato dal loro esser titolari della vigna Solenga (ancora oggi Cru aziendale di gran pregio) fin dal 1814, come documentato dal primo atto di compravendita firmato da Giovanni Fiamberti e ritrovato negli archivi famigliari.
A proseguire il percorso e a guidare l’attività passata di padre in figlio, ora c’è Giulio, subentrato a papà Ambrogio (quest’ultimo artefice del lancio con successo della linea Prestige/Le Vigne, identificando alla francese i vini con il nome della vigna d’origine, e, nel 1996, tra i fondatori del Club del Buttafuoco Storico). Fisico da corazziere, quasi la natura lo avesse voluto dotare di spalle robuste e adatte a caricarsi il peso di un’azienda tanto blasonata. Giulio, che soprattutto ha ereditato da nonno e papà, intelligenza, lungimiranza e gusto del lavoro, nel 2007, quando la ragione sociale dell’azienda è divenuta Azienda agricola Giulio Fiamberti segnando il passaggio di consegne, innanzitutto ha aderito al progetto Cruasé del Consorzio, in coincidenza con l’assegnazione della DOCG al Metodo Classico dell’Oltrepò Pavese.
Poi ha avviato il reimpianto della Vigna Solenga, a 80 anni dal precedente. Quindi ha “firmato” la prima annata del Buttafuoco Storico Vigna Sacca del Prete, dall’omonima vigna acquistata nel 1994. Infine, nel 2020, ha rinnovato la linea del Metodo Classico, con il lancio del Caristoro Extra Brut e del Caristoro Cruasé. Un’iniziativa, quest’ultima, che dice della sua stoffa imprenditoriale, perché è dei grandi rischiare nei momenti più difficili, e sappiamo bene che anno è stato quello appena trascorso. Un primo passo, peraltro, di un progetto di ben più ampio respiro, a cui sta lavorando, che noi consideriamo geniale, e che appena vedrà la luce, sarà di un tale impatto, da andare a rivoluzionare il modo di pensare allo spumante oltrepadano.
Ma intanto, rinviando le nostre note di degustazione sul suo Metodo classico a chiusura dell’articolo, quasi fosse un nostro brindisi beneaugurante alla realizzazione di quel “sogno”.
Dei nostri assaggi, di cui vi diamo conto, diciamo che è stata subito “enozione” con la “Briccona”, la bonarda vivace che è una delle etichette di quel progetto #LaMossaPerfetta che il Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese ha ideato per promuovere il vino più tipico del territorio, che include solo aziende a filiera completa. Tenuto conto che in questa declinazione la “Mossa perfetta” coniuga l’anima del tannino, solida e forte, con il carattere frizzante e la morbidezza del residuo zuccherino. Considerate tutte queste caratteristiche ecco il perché della dedica a mamma Patrizia, donna di temperamento, ma anche di grande spirito (e per questo simpaticamente detta “la briccona”). Dal colore purpureo, ha spuma rosea, nota caratteristica di marasca, sorso goloso, con giusta tannicità e struttura sostenuti da una bella freschezza.
Poi, e qui è proprio il caso di dirlo, “una fucilata”, una grande soddisfazione, dal Cacciatore - da uve croatina (60%) barbera (30%) ughetta di Canneto (5%) uva rara (5%) - , rosso di struttura dal solido carattere di alcol e di tannini che si apre a una varietà di note speziate e sentori terziari dai quali si rimane affascinati, e dedicato a papà Ambrogio, appassionato cacciatore, appunto. Nel bicchiere si presenta con una bella veste rubina intensa, profumi di frutta rossa e spezie con note balsamiche, mentre al palato ha corpo, tannino vivo, ma con sorso che risulta equilibrato.
Gli altri vini? Non è un segreto la nostra predilezione per il Buttafuoco Storico, a nostro avviso vero gioiello di Oltrepò e quindi vera bandiera del territorio, nonché rosso tra i migliori d’Italia. Due le interpretazioni di Fiamberti. E tutt’e due da podio. Una, è quella del Buttafuoco Storico Vigna Sacca del Prete - da uve croatina (60%) barbera (30%) ughetta di Canneto (5%) uva rara (5%) - che si presenta con un colore rosso rubino intenso, al naso ha profumi di frutta rossa sotto spirito, spezie, caffè e sentori balsamici, mentre in bocca è caldo, di gran corpo e strutturato.
L’altra è quella del Buttafuoco Storico Vigna Solenga. Figlio di quella vigna Solenga acquistata nel 1814 da Giovanni Fiamberti, e cru della piccola Valle Solinga, che si snoda fra le assolate e ripide pendenze tra i comuni di Canneto Pavese e Stradella. Da un uvaggio composto da croatina (65%), barbera (25%), uva rara (5%) e ughetta di Canneto (5%). Vinificato in vasche di cemento, usando lieviti indigeni, e affinato per circa 2 anni e mezzo in legno, parte in barrique e parte in tonneau. Nel bicchiere ha un colore rubino intenso, note floreali di rosa e geranio, profumi di frutta rossa e spezie, cui seguono nuances balsamiche, di eucalipto, mentre al palato ha grande struttura, ma beva agile grazie a marcata sapidità, con un finale lunghissimo.
Con cosa brindiamo? Con quell’Extra Brut Caristoro che come vi avevamo anticipato, è rivelatore di una mano davvero ispirata anche nella spumantistica. Metodo Classico ottenuto dalla vinificazione di uve pinot nero in purezza. Sul mercato dopo affinamento sui lieviti di almeno 30 mesi, con residuo zuccherino inferiore ai 3 g/l. Nei calici (noi suggeriamo di buona ampiezza) splende come un sole, con il suo colore dorato, il perlage è finissimo, i profumi ricordano le erbe aromatiche e la frutta a polpa gialla, con pesche e susine goccia d’oro in rilievo, in bocca è uno spettacolo, con il sorso vibrante per la giusta acidità, e per la bellissima nota sapida. Questo è grande Oltrepò!