Lo firma lo storico della miscelazione e dei superalcolici Fulvio Piccinino
È una mosca bianca, Fulvio Piccinino. Uno che studia per davvero – in un archivio poco illuminato come al sole di un mercatino di libri usati – in un mondo alimentato da troppe leggende e “così si dice”. Per chi vuole conoscere meglio la storia della miscelazione e dei superalcolici, i suoi libri sono un porto sicuro. Dopo l'enciclopedico Sapere bere e il bellissimo volume dedicato alla miscelazione futurista, Piccinino per i tipi di Graphot si è dedicato a monografie sempre più esaurienti, anche nella foliazione.
Ai libri sul vermouth, sul gin, sui bitter e amari, da poco si è aggiunto Grappa & Brandy (349 pagine, 22 euro). Due prodotti radicati nella storia della distillazione italiana, che stanno vivendo un presente per certi versi opposti. Come ci spiega lo stesso Piccinino. «Sto respirando un nuovo interesse per il brandy, in Italia come all'estero, a partire dagli USA. La grappa invece ogni anno perde qualcosa. Ma è il distillato che più di tutti incarna il nostro Paese e che ho voluto raccontare in un libro di ricerca storica, che avrebbe dovuto chiamarsi Storia della distillazione italiana: grappa, brandy figli del vino».
Il libro è il risultato di un gran lavoro storico, puntualmente raccontato nella prima parte del volume, che del Medioevo a oggi si muove citazione dopo citazione tra i libri che hanno trattato la materia. E quella che si staglia è una storia solo in parte già conosciuta. Perché non sono poche le curiosità che emergono e che in qualche modo mandano in frantumi radicate convinzioni.
«Non mi piacciono le polemiche, ma cerco di mettere in fila quel che trovo nelle mie ricerche, ben sapendo che quello che scrivo in futuro potrà essere sovvertito dalla scoperta di un nuovo libro o trattato. Per esempio, emerge la figura di Aubergier, farmacista chimico di Clermont Ferrand e docente alla scuola di Farmacia e Chimica di Parigi. Potrebbe essere lui fra i possibili padri della distillazione delle vinacce, come emerge da un suo piccolo trattato del 1820 che racconta in maniera del tutto originale la conduzione dell'alambicco».
Ma ci sono anche tante storie divertenti, gustose nella lettura. Come la disputa ottocentesca sul potere medicamentoso del “brandy salato”, spacciato come un toccasana, capace addirittura di riparare le fratture, da due ciarlatani dell'epoca. O le ricette taroccate del cognac firmate dal pasticcere di corte Giovanni Vialardi.
Il libro racconta poi i marchi storici italiani di grappa e brandy, i cocktail a base di questi distillati, come l'evoluzione dei disciplinari dal secondo dopoguerra a oggi. È un viaggio intenso, tratteggiato da una penna rigorosa ma non priva di humour. Perché lo spirito è cosa seria, ma ci vuole spirito per raccontarlo.