Lo produce dal 1928 la Cantina sociale del paese

Certi pregiudizi sono duri a morire, ma alla fine muoiono. È il caso del Lambrusco, tacciato a lungo di essere troppo semplice e immediato, manco fossero due connotazioni negative. Oggi, fortunatamente, non è più così, e si riconosce a questo vino il giusto valore, e la sua capacità unica di abbinarsi alla cucina del territorio di provenienza, di abbracciarla con il suo sorso, e ripulirla di certi eccessi di magnificenza untuosa e grassa con quella spuma persistente che solletica il palato.
E poi, parlare di Lambrusco non è nemmeno così corretto. C'è Lambrusco e Lambrusco, varietà differenti, territori con le loro caratteristiche. Il Lambrusco, insomma, non è tutto uguale. 

Prendiamo quello mantovano, e andiamo a Quistello, a pochi chilometri da quel capolavoro che è l'abbazia di San Benedetto in Polirone. 
Qui ha sede la Cantina sociale di Quistello (via Roma, 46 - tel. 0376618118), fondata nel 1928. I vigneti dei soci della cantina si trovano intorno al grande fiume Po, nel territorio abbracciato dall'intersezione con il Secchia. La produzione, nemmeno a dirlo, si concentra quasi esclusivamente sul Lambrusco: c'è l'eccellente 80 vendemmie (anche in versione rosata), il lambrusco rosso, rosato e rossissimo.

E poi il Gran Rosso del Vicariato di Quistello, premiato come Top Hundred nel 2007: prodotto con uve Lambrusco Ruberti, secondo l'antico procedimento della fermentazione naturale in bottiglia. Nel bicchiere colpisce per la concentrazione del suo colore, un rosso intenso che, nella spuma, tende al violaceo. Al naso è esplosivo, si concentra attorno ai frutti rosso di bosco, ma c'è anche una nuance aromatica, poi un che di terroso, di foglie di sottobosco, e un finale di viola caratteristico e piacevole. In bocca è avvolgente e vivo; il sorso è cadenzato, chiuso da una tannicità e una leggermente amaricante che invoglia a bere ancora, magari in accompagnament ad un bel piatto di tortelli di zucca. Ed è subito festa.

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