NaturaleBio, nata sul digitale, oggi guarda agli store fisici, spiegando come interpretare i superfood in cucina
La storia di NaturaleBio è una storia paradigmatica di come sia cambiato il nostro modo di vedere l’alimentazione, ma anche la distribuzione e il lavoro. Una storia contemporanea sotto molti punti di vista. Partiamo dall’inizio: NaturaleBio è un Brand Verticale Nativo Digitale (DNVB = Digital Native Vertical Brand) nel settore dei prodotti biologici di importazione appartenenti al segmento dei superfood. Non ci sono vere e proprie sedi fisiche, tranne i laboratori di trasformazione e spedizione, gli uffici sono “liquidi” sul territorio italiano. Un’organizzazione in smart working che inizia già prima della pandemia, perfettamente in linea con la richiesta di un mercato conquistato like su like, tramite un passaparola sia reale sia digitale, e una reputazione che si è costruita nel tempo.
Tutto inizia nel 2016 dall’idea di tre soci Francesco De Santis, Alessandro De Santis e Gianluca Ciralli che decidono di puntare sul mercato dei superfood quando l’interesse per questa categoria di prodotti era ancora agli esordi. L’azienda è partita da un singolo prodotto, l’olio di cocco, e da un singolo canale di vendita, Amazon Marketplace, per arrivare poi ad ampliare il catalogo e i mercati. Oggi, sono ben 10 i Paesi coperti: Italia, Germania, UK, Francia, Spagna, Svezia, Olanda, Svizzera, Austria, Polonia. Le referenze sono invece una ventina: tè matcha, alga spirulina, miele di Manuka, moringa, maca e açai in polvere, fibra di psillio e cacao crudo solo per citarne alcuni. A renderla unica però è la capacità di curare direttamente alcuni dei passaggi chiave, a cominciare dalla selezione delle materie prime. Qualità, metodi di coltivazione e sostenibilità sono i criteri base con cui viene operata la scelta: in alcuni casi, spiegano, come per il cacao, in Perù, e l’olio di cocco, nello Sri Lanka, è stato possibile recarsi direttamente sul campo e selezionare i singoli produttori. Le materie prime, una volta arrivate nel nostro Paese, vengono nuovamente controllate e confezionate nel laboratorio di Roma, e quindi commercializzate.
Negli ultimi anni, però, il rapporto con i superfood sta cambiando, spiegano. Infatti quelli che prima erano visti come semplici integratori, sono stati valorizzati come ingredienti in cucina, come ad esempio la moringa che grazie alla sua speziatura può essere facilmente abbinata al salato. O la spirulina che oltre ad essere usata nei centrifugati può anche diventare l’ingrediente in più per il sugo di una pasta. L’olio di cocco è ideale per la pasta frolla perché la texture che si avrà è la stessa di altre tipologie di grassi, ma in più è profumato e si può proporre ai vegani. Ci sono poi i superfood che seguono la stagionalità come accade per il miele di manuka o per il cacao, più venduti d’inverno.
L’ultima evoluzione guarda al fisico: obiettivo del 2022 è lo sbarco in diversi punti vendita come erboristerie e parafarmacie parallelamente all’on line dove hanno debuttato, nel 2021, i nuovi pack, aluminium-free, che rispettano le linee guida del cosiddetto “design compatto”, cioè il corretto rapporto tra volume della confezione e quantità di prodotto contenuto, per ottimizzare le spedizioni e contribuire a ridurre le emissioni di CO2, mentre l’olio di cocco, da sempre venduto in barattolo, ha un nuovo imballaggio protettivo totalmente plastic-free grazie all’impiego della polpa di legno, materiale a base di cellulosa 100% riciclabile nella carta.