Dagli Usa due ipotesi, entrambe plausibili, per il futuro della piccola distribuzione. Una ci piace, l’altra molto ma molto meno
Ghost grocery può essere tradotto letteralmente come “drogheria fantasma”, locuzione che non sta a indicare lo spopolamento dei piccoli centri e la relativa desertificazione degli esercizi commerciali quanto un fenomeno più nascosto e insidioso: i negozi creati o riconvertiti solo per il delivery. L’equivalente delle dark kitchen però relative alla preparazione e confezionamento di spese on line pronte per il ritiro o la consegna.
L’ipotesi viene avanzata in una lunga analisi sulla rivista Atlantic che prende in considerazione la realtà del commercio al dettaglio negli Usa in tempi di Covid e post Covid. Una realtà che presto potrebbe avere dinamiche simili anche dall’altra sponda dell’Atlantico
Cosa accade negli Stati Uniti
Ci sono due fenomeni che hanno subìto un’accelerazione incredibile con il Covid. Il primo è il lento ma inesorabile declino dei grandi centri commerciali. Già negli anni scorsi le dimensione delle superfici di vendita si sono via via ridotte e le necessità di contenimento virale potrebbero dare la spallata finale ai grandi centri che rischiano di assomigliare sempre di più a cattedrali nel deserto.
Centro commerciale abbandonato negli USAL’altro fenomeno, facilmente intuibile, è l’esplosione degli acquisti on line e della spesa a domicilio. In poche settimane il passaggio è stato da una crescita del 3% annuo (quindi bassa pensando al confronto con altri settori dove la metà degli acquisti avviene ormai on line) a una doppia cifra al momento difficilmente stimabile. Le grandi catene hanno ricevuto ordini 50 volte superiori rispetto alla media, richiedendo nuove assunzioni (solo per Amazon, di 175mila addetti). Una volta normalizzata la situazione questi numeri caleranno, ma non come sono saliti.
Una barriera è dunque caduta. A frenare l’acquisto di alimentari on line infatti erano due elementi: la voglia di vedere e, se possibile, toccare il cibo (noi in Italia lo sappiamo benissimo) e le difficoltà logistiche a partire dalla gestione dei resi, oltre ai costi generalmente più elevati.
La pandemia ha rotto da un lato il tabù del rapporto con gli alimenti, dall’altro ha migliorato e affinato alcuni servizi (facendo ad esempio rientrare il costo della consegna nelle raccolte a punti e promozioni). Gli acquirenti poi sono diventati meno pretenziosi e sono più disponibili ad accettare compromessi anche relativamente ai loro acquisti edibili (insomma se non è filetto ma è controfiletto ce ne faremo una ragione).
Il riflesso sui piccoli negozi
Ecco il vero punto interrogativo (e punto dolente). I piccoli negozi sono già stati schiacciati abbondantemente negli anni dalle grandi catene. E la pandemia potrebbe essere il punto di non ritorno. Specializzate e comode: il futuro delle botteghe Potrebbe, perché in realtà si è visto che proprio la specializzazione può risultare un’àncora di salvezza accanto alla dislocazione più variegata sul territorio. L’effetto spesa on line combinato alle competenze potrebbe aprire nuovi mercati: il commerciante specializzato che sa consigliarti in base ai gusti tuoi e della tua famiglia diventa un punto di riferimento che può operare con clienti vicini e lontani. L’esempio, lo abbiamo citato anche noi pochi giorni fa: è quello di un negozio come Parlacomemangi di Guido Porrati a Rapallo. Non è detto che però vada tutto così, anzi.
Un Amazon locker in FranciaIl secondo scenario che si sta prospettando è quello appunto della nascita delle ghost grocery ovvero negozi che vengono rilevati dalle grandi catene per diventare semplicemente punti di smistamento e confezionamento della spesa pronta per il ritiro. Le grandi catene infatti più che sulla spesa a casa, difficile da gestire e con costi enormi, si stanno organizzando su punti di ritiro. I vecchi negozi potrebbero diventare questo, liberando nel contempo grandi superfici all’interno degli store che potranno essere reimpiegate nelle modalità più disparate, con nuovi generi e nuovi servizi.
Le grandi catene, che hanno abbandonato la vecchia conformazione a ipermercato, ora si allargano sul territorio in tanti punti più piccoli, dove investono parte delle loro enormi risorse (che in queste settimane sono ancora aumentate); i commercianti così vengono spossessati delle loro competenze e sostanzialmente ridotti a meri imbustatori o comunque lavoratori da catena, pur trattandosi di catena smaterializzata sul territorio.
Cambia però anche la toponomastica delle città, con meno necessità di grandi arterie e grandi parcheggi, e ad esempio la pubblicità: la competizione, dicono le ultimi analisi, sarà direttamente sul carrello virtuale (cosa metto negli acquisti: replico quanto già comprato) e molto meno su tutti gli altri mezzi. Potrebbero addirittura nascere veri e propri servizi della spesa a pacchetto sul modello di Netflix.
Prospettiva di fantascienza o possibile realtà? "Un'industria gigantesca si alza con la rugiada del mattino” commenta sull’Atlantic uno storico commerciante americano prossimo alla chiusura e alla possibile riconversione. Cambiare la storia spetta ai commercianti e a noi acquirenti, che rischiamo di perdere un patrimonio secolare (e un po’ anche la nostra anima).