All'ombra del santuario di Serralunga di Crea, patrimonio Unesco, nascono dei grandi salumi: dal salame crudo a quello cotto, dal lonzardo al Moscato al cotechino alla grappa
Chissà a un non piemontese cosa farebbe venire in mente il termine muletta se, per sua sfortuna, non l’avesse mai vista né assaggiata. La stessa origine del nome è controversa, non c’entrano gli equini ma, piuttosto, la città di Trieste, dove la “mula” è la ragazza e il ricordo dei soldati risorgimentali fu così forte da dare il nome a un salame piemontese pieno e profumato.
Re della Muletta (che ha anche la DE.CO.), è il salumificio Miglietta di Serralunga di Crea (fraz. Madonnina Vicolo Distilleria, 5 - tel. 0142 940149), vicino al Santuario patrimonio UNESCO. E il patrimonio del salumificio consiste in questo salume, composto per l’80% da carne suina di prima scelta come coscia, culatello della lonza, spalla e fesotto di spalla tritata a grana media e di un restante 20% a base di grasso di pancetta. Il composto viene macinato e profumato con sale, pepe in polvere bianco e nero, noce moscata ed un infuso di aglio e vino Barbera. Inderogabile poi l’uso del budello naturale di maiale, adatto alle lunghe stagionature e che dà quella tipica forma ovoidale. Una volta insaccata passa nei locali di “asciugamento”, poi in quelli della stagionatura dove rimarrà 3-4 mesi in un microclima ventilato e fresco. Il fiorire della nobile muffa segnerà l’arrivo dell’aroma e del suo sapore caratteristico.
Ma nel salumificio non ci si ferma alla Muletta: ecco il lonzardo al Moscato a base di lardo e lonza, il salame crudo conservato nel budello naturale, il cotechino alla grappa e il suisnello, dalle migliori parti della coscia suina con spezie e Grignolino monferrino, senza dimenticare il piemontesissimo salame cotto da gustare – magari appena intiepidito – e composto da spalla, magro di testa, pancetta e guanciale.