Sotto le macerie del castello di Gaziantep la storia di un dolce tra i più famosi al mondo, frutto di una terra che ha lasciato prodotti iconici
Tutti abbiamo negli occhi l'immagine del castello di Gaziantep, duemila anni di storia, dagli Ittiti ai Crociati, in una posizione di guardia sulla via della Seta. Gaziantep è la cucina turca alla sua massima potenza: una delle capitali mondiali del pistacchio, un mercato millenario delle spezie che passano obbligatoriamente da qui sulle strade che conducevano al Catai.
Gazientep è una città di 1.890.000 abitanti, di cui il 60% della popolazione attiva è occupata nel settore della gastronomia, e un significativo 49% delle imprese si dedica principalmente al cibo: spezie, cereali e frutta secca.
Gazientep è anche la patria di alcuni tra i più famosi festival del cibo di tutto il Mediterraneo: il Gaziantep Pistachio Culture and Art Festival con gastronomia, musica, letteratura e arte popolare oppure il Festival di Shira, un evento dedicato alla diversità delle cucine locali ereditate dalla posizione di Gaziantep sull'antica Via della Seta.
Gaziantep però è anche un dolce che conserva bellezza e fragilità insieme, la Antep baklavası o Gaziantep Baklavas, una Igp (già perché il nostro sistema di denominazioni talvolta sconfina fuori dai confini dell'Europa) che serve a tutelare questo dolce composto per tradizione da 33 strati di pasta fillo intervallati da un trito di noci e pistacchi.
La particolarità è proprio in quella pasta diventata un simbolo della pasticceria mondiale e che deve ai grandi pasticceri turchi la sua origine. Il nome fillo deriva dal greco phyllo che significa foglia. Pasta fillo e pasta sfoglia però non si possono accomunare, anche se condividono parte del loro percorso storico. Leggenda vuole che le prime produzioni di una pasta sottilissima si debbano ai pasticcieri dell’antico Egitto. Il vero perfezionamento avviene però in Turchia, dove già intorno all’anno Mille si inizia a parlare della yuvgha, un pane arricciato a più strati. La svolta documentata porta la data del XV secolo, nelle cucine del magnifico palazzo Topkapi di Istanbul. Qui i pasticceri al servizio del sultano creano la baklava ed elaborano l’arte di tirare la sfoglia cruda in fogli sottilissimi da sovrapporre e cospargere di miele e spezie.
La pasta fillo è una sfida per i pasticceri che devono possedere una grande manualità. Ne è dimostrazione la versione francese, la pasta sfoglia per l'appunto, che si deve a uno dei più grandi cuochi di sempre, Marie-Antoine Carême, che elaborò il metodo dei 5 giri e soprattutto introdusse nella ricetta il burro.
Pasta fillo e pasta sfoglia sono quindi due facce della stessa medaglia, due volti dell'Europa, quello del burro, francese e mitteleuropeo, e quello dell'olio d'oliva che accomuna tutto il Mediterraneo almeno fino all'antica Costantinopoli.
La pasta fillo che nel kataifi si arrotola come un lungo spaghetto che sembra non finire mai, unisce l'Occidente alla Cina, come la via della Seta.
Si trova in quasi tutti i paesi d'Oriente declinata secondo gli ingredienti a disposizione come il borek, versione salata della baklava, ripieno dei formaggi prodotti dai pastori dell'Anatolia, o la Samosa che si gusta all'altro capo del Mediterraneo, a Tripoli o ancora gli involtini primavera, della cucina cinese internazionalizzata, che si possono trovare assolutamente identici da New York ad Alessandria.
La pasta fillo è tutto questo, un filo che attraversa l'Oriente e l'Occidente, un ponte tra culture, come la via della Seta che attraversava Bisanzio e passava all'ombra del castello di Gaziantep, roccia che è diventata maceria, polvere che rischia di posarsi su una grande civiltà del cibo. Una roccaforte appesa a un filo.