Dopo la visita virtuale del 1° aprile, vi raccontiamo questo formaggio in dieci spunti (anzi, assaggi) che ci permettono di apprezzarlo ancora di più
• I foraggi si modificano da provincia a provincia perché cambiano le strutture foraggere, vuoi per terreni, vuoi per consuetudini agricole. Di conseguenza cambia anche il gusto del latte (e formaggio).
• Mungitura in automatico. Le mucche hanno la massima libertà e il sistema di mungitura meccanizzata permette agli animali di presentarsi al momento per loro più congeniale. Non solo, perché grazie al sistema informatizzato è possibile avere una prima lettura del latte.
• Lo spino è l’arma infallibile del casaro e quella che caratterizza il Grana Padano. Serve per rompere la cagliata fino a ridurla delle dimensioni di un chicco di riso. Questo serve per togliere la maggior parte possibile del siero ed è un’operazione che viene tuttora eseguita manualmente.
• Le fascere sono sia in plastica sia in acciaio. Le prime hanno lo scalzo dritto e le seconde convesso. Il casaro, su quelle in plastica, mette una fascia con i dati e la placca di caseina con il codice della singola forma che ci racconta da chi è stata fatta, il giorno, il conferente del latte. In pratica è la carta d’identità.
• Il martelletto non è una prerogativa del giudice. Infatti, dopo il nono mese di stagionatura, passa l’esperto di Grana Padano che con un martelletto batte le forme e in base al rumore decide del loro destino cioè se saranno Dop oppure no, diventando un generico formaggio stagionato.
• Se passa l’esame, scatta la marchiatura a fuoco e finalmente nasce una forma di Grana Padano. Se questo non fosse possibile per qualche difetto come gonfiori anomali, estrema pesantezza (non può superare i 40 chili), spaccatura, si provvederà invece a cancellare la scritta Grana Padano.
• Osservare lo spicchio è il primo gesto che si dovrebbe fare non appena si ha in mano il Grana Padano. Anche l’occhio vuole la sua parte e la struttura del Grana si riconosce immediatamente.
• I puntini bianchi non sono un difetto ma una caratteristica dei campioni oltre i 20 mesi. Sono aggregazioni di tirosina che ci concentra e dà quella sensazione quasi di sabbiosità.
• Burro cotto, noce moscata, fieno e frutta secca sono la ricetta olfattiva che un bel campione di Grana Padano stagionato può offrire.
• La granulosità in bocca è una delle prime e peculiari sensazioni che si percepiscono, data dai cristalli di tirosina che si rompono in bocca e ne amplificano la solubilità.
Come definire quindi il Grana Padano? La somma di tutte queste sensazioni e quel qualcosa in più, l’umami, il quinto gusto, quello che solitamente viene definito come saporito e che in realtà va ancora oltre. Il sapore che nasce da una memoria sensoriale, che per alcuni deriverebbe addirittura dal latte materno, quindi dalla nostra storia, personale e collettiva. Una storia che, per il Grana Padano, tocca quasi i mille anni.