Mario Cornali è uno chef italiano di Almenno San Bartolomeo, Masahiro Shimozono è un produttore giapponese: molte cose li dividono, ma hanno in comune lo stesso concetto di "amicizia"
Lasciando appoggiata la schiena alla spalliera del sofà mio marito allungò la mano al telecomando e spense la televisione. Alla fine, durante quel programma, quella persona che ha un ristorante sulle colline bergamasche non aveva fatto neanche un riferimento alla cucina. Mentre ero concentrata ad ascoltare, parola per parola, quel che si dicevano lui e la conduttrice amabilmente seduti nello studio televisivo, era passata la sigla finale. Io, in quel periodo, stavo coordinando una sua intervista per la troupe di una rivista giapponese e mi aspettavo di poter cogliere qualche informazione utile per questo lavoro ascoltando questa trasmissione che proprio lui ci aveva preannunciato tuttavia, ripetendo le sue parole in mente, come a riaprire la mano chiusa a pugno, vi trovai, bella sorpresa, la figura di un uomo che, per esaudire l’ultima richiesta di un amico, aveva tenuto chiuso il suo ristorante più di un mese e aveva scritto il libro della loro vita senza prendere fiato per finirlo in tempo.
Mi parve di sentire la dolcezza del vento che prendevano insieme sulla moto e il lieve profumo di fieno che giungeva al loro naso mentre volavano nel cielo sopra Bergamo col parapendio. Questo è Mario Cornali, lo chef e proprietario del Ristorante Collina di Almenno San Bartolomeo.
In un giorno di fine 2016 correvamo e correvamo per le colline e sulle coste di Akune della prefettura di Kagoshima, nel sud del Giappone. La nostra intenzione era di visitare un giovane conosciuto per le sue conserve di pesce ma, contattato, senza esitazione mi aveva risposto che nella città di Akune non c’era solo lui, ma tanti altri produttori d’eccellenza. Questo altruismo mi aveva stupito. Sulla strada che strisciava tra le rocce sulla costa lui, mentre era al volante, mi raccontava della produttrice da cui ci stavamo recando e della sua specialità che si chiama “Uni Hishio (salsa di riccio del mare)”. Viene fatta con polpa di ricci, salsa di muggine, riso koji e shochu (distillato del riso) e poi viene stagionata per un anno, così si ottiene un gusto buonissimo, quasi un concentrato del grande mare. Masahiro Shimozono ce ne parlava con entusiasmo, come se raccontasse i successi di suo figlio.
Ascoltandolo mi ha fatto ricordare Mario Cornali. Quando arrivò la troupe dal Giappone anche Mario ci aveva accompagnati da alcuni produttori locali. Uno di questi Battista Leidi, un noto produttore di caprini era considerato un tipo un po’ difficile. Forse perché non accettava compromessi né sulla precisione, né sulla pulizia della sua piccola stalla, né sulle lavorazioni in laboratorio, non sempre aveva il tempo e la voglia di farsi intervistare. Mario si mise completamente al servizio per creare un clima amichevole tra noi e Battista. Per fortuna, dal momento in cui io azzeccai la razza delle sue capre, la Saanen, Battista divenne molto più eloquente. Anche Mario prese un po’ di sollievo e così tutto finì felicemente con una bella scorta di formaggi.
I piatti creati da Mario hanno una vista a volo d’uccello. Cattura i colori rimasti negli occhi e il sentore che passa per un istante alla sua cavità nasale mentre scende lentamente con il suo parapendio e li serve su un piatto. Nella sua cucina la creatività non manca mai tuttavia, le cose prodotte dai suoi amici del posto, le serve a tavola piuttosto semplicemente, senza toccarle troppo. Conservati sotto sale i pesci d’acqua dolce pescati dal Ceko di Lecco, gli asparagi e i lamponi coltivati dalla sig.ra Alexandra non appena trova un abbinamento che ne enfatizza il gusto, li mette su un piatto così come sono. Infatti ci servì il caprino di Battista con asparagi dalla divina cottura.
Quando siamo ritornati a Tokyo da Akune ho ricevuto un pacco di prodotti che avevo chiesto a Shimozono. Eravamo troppo curiosi e abbiamo tirato fuori per prima la salsa per la pasta prodotta dall’azienda di Shimozono. Sul barattolo c’è scritto in inglese “Yakiebi is traveling all over the world. (il gambero arrostito sta viaggiando per tutto il mondo.)” È salsa di “Uni Hishio” al peperoncino. Mi è venuto in mente il dolce sorriso della signora Ozuka, produttrice di quella favolosa salsa di riccio del mare. E poi c’era anche una versione verde che si chiama “Genovese all’oba”. Mi ricordavo la faccia del suo amico Kyoda san che ride energicamente in mezzo al campo di oba, quell’erba aromatica tipicamente giapponese. Anche fra i prodotti del Sig. Matsuzaki, inventore dei funghi enoki seccati ce n’è uno a cui viene aggiunto il “basilico giapponese”. La gente di Akune collabora con un’unica volontà per progettare qualche cosa di nuovo che diversifichi i loro prodotti nel mercato e proprio Shimozono è il loro leader, una guida dalla sensibilità giovanile.
“Ho capito che diventare ricco non è per me la felicità. Ho cominciato a pensare allora a che cosa sia mai per me la felicità. E la mia risposta è come io sono oggi.”
Tutta la produzione di questo gruppo di amici è di prima qualità e cercano di creare un nuovo fascino, unendo le loro cose senza rovinare la caratteristica di ogni materia prima. Può darsi che questo sembri strano in un Paese come l’Italia dove, nell’idea di qualità, è insita fortemente la tradizione, ma i risultati sono eccellenti. Mario è un cuoco e Shimozono è un produttore. Uno vive su una collina e l’altro è cresciuto fissando l’orizzonte del mare, l’Italia è il posto dove si trova concentrato il maggior numero di individualisti mentre il Giappone è una società collettiva; se i posti dove vivono sono così diversi, l’approccio al cibo non può essere uguale. Tuttavia, se penso al rapporto con il territorio e con le persone, mi sembra che ci sia qualcosa di simile fra loro due che si può definire, più che con l’inflazionato “chilometro zero”, con la parola “amicizia”.
“Dai che il Ceko è arrabbiato! Adesso dove siete!?” Da una barchetta che galleggiava sul lago di Lecco, Mario mi telefonava, a metà serio e a metà per scherzo. Per un tour richiesto da una rivista sullo stile di vita, mi era venuto in mente di portare a vedere il Ceko che pescava e di far poi cucinare i suoi pesci da Mario al ristorante. Sembrava una bellissima idea; peccato che, per i lavori in corso sulla strada, fossimo stati obbligati a fare una grande deviazione. Così a Mario toccava convincere il pescatore a rimanere in barca sul lago, cercando di calmarlo, mentre lui invece aveva premura di tornare a terra. “Il mondo è grande, ma un altro pescatore stupido come me non esiste!” Ceko se l’era presa e diceva così. Ma, quando siamo scesi sulla banchina, ascoltando i nostri versi di sorpresa al vedere la bacinella riempita di pesci, la smorfia del suo volto man mano si è rasserenata, trasformandosi nel solito sguardo bonario. “Oggi vi cucinerò questa!!” ha detto così gettando una gigantesca carpa dentro la borsa frigo montata sulla moto e lasciandoci al molo, a scattare ancora qualche foto con il leggendario Ceko. Mario si è allontanato, per quanto possibile con quel motorone, con discrezione.