A pochi giorni dall’apertura, il locale al 35° piano del grattacielo San Paolo a Torino con la cucina di Ivan Milani

Ivan Milani lo conosciamo da quando aveva il suo ristorantino ad Alba. Poi a Busca, al San Quintino Resort, dove è arrivato a guadagnarsi la nostra corona radiosa. E lo abbiamo ritrovato qui a Torino, fra le nuvole, ma con la solidità della sua cucina creativa, originale.

Alla reception al primo piano del grattacielo (in corso Inghilterra, 3), una signorina continua a ricevere prenotazioni di gente che vuole un tavolo, ma i posti sono già tutti occupati, fino ad agosto e qualcosa già di settembre. Non c’è posto né a pranzo né a cena, al massimo ci si può accontentare dello spazio lounge con il bartender Mirko Turconi che fa cocktail al 37° piano e la sera della mia visita era pieno di ragazze e giovani. Una ragazza ti accompagna dunque all’ascensore (che traballa un po’) per salire fino al 35°.

La sala del ristorante è spettacolare, circondata, in un abbraccio esterno, da arbusti di ogni genere, che rende molto fashion il locale, con parquet chiaro, luci miste giallo/bianco e grandi vetrate: il progetto di questa location è di Renzo Piano. Ma dalla sala del ristorante non vedi lo spettacolo di Torino ai tuoi piedi e delle montagne: devi andare sulla terrazza. I tavoli non sono molti, ne contiamo 9, di varie dimensioni e i 60 coperti di cui si parla facciamo fatica a contarli. In un angolo, un tavolo tondo ospita l’ex sindaco di Torino Piero Fassino, decisamente rilassato, con moglie e amici. Poi coppie, vestiti in maniera elegante e un paio di famiglie.

Il sommelier che sovrintende Adalberto Robbio è molto preparato e la carta dei vini opta per proposte biologiche e biodinamiche anche rare (il Grignolino di Tenuta Migliavacca ad esempio). Una bella carta dei vini: peccato che l’offerta a bicchiere, seppure buona, sia limitata a tre proposte. Ma Adalberto giura che vuole fare come Pipero a Roma dove ha lavorato: aprire il maggior numero di bottiglie in carta.

E veniamo al menu. Le proposte degustazione sono diverse. Quattro portate a 55 euro per la piccola degustazione. Il menu degustazione con una portata in più è a 75 euro. Il menu di Ivan Milani, di otto portate è a 100 euro. Noi abbiamo scelto alla carta, chiedendo più volte spiegazione dei piatti. Il piatto più gettonato è tuttavia terminato: l’agnello in due cotture con bacche selvatiche. Che dire, è una sicurezza davanti a proposte più ardite tipo ricciola tataki, aglio nero fermentato e polvere di mirtillo. Oppure l’anguilla laccata al mirin (vino di riso giapponese) e insalata selvatica. Via dunque con il sashimi di Bianca Piemontese e fungo di corteccia liquido, che viene servito con le bacchette d’acciaio: è una tenerissima fassona cruda, piacevolissima, presa da un macellaio di Bra. Il “tempo delle uova d’oro” è un omaggio alla moglie di Ivan: un uovo cotto a bassa temperatura, su granella di pistacchi di Bronte, con burro di tartufo, avvolto con una foglia d’oro, farcito con caviale di tartufo nero. Peccato fosse un pochino crudo: vince più l’idea che la sostanza. Da provare il piatto più curioso: “Se Torino avesse il mare”, ovvero degli agnolotti del plin al nero di seppia con ripieno di pesce e spinacini selvatici. Molto buoni. Ah, molto buone sono anche le focaccine a listelle con cui assaggiamo un’acciuga con burro come entrée. L’acciuga poi torna nello spaghetto nero Felicetti. C'è anche lo sgombro cotto alla brace su braciere portato al tavolo.

Di secondo è stata una bella interpretazione (che aveva un’amalgama, non facile da ottenere), il piccione e la capasanta. Porzioni giuste, soddisfazione assicurata.
Anche nel dessert preparato dal pasticciere Federico Ciani che si chiama Il Gianduja, una declinazione di tre tipi di cioccolato. Una goduria.

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