Dalla Puglia a Milano, passando per l'Europa e l’Argentario, la cucina secondo Antonio Guida: un congegno ben organizzato, ma soprattutto uno spazio dove realizzare magìe.
Chi dirige la cucina del Seta di Milano (il ristorante dell'internazionale Mandarin Oriental Hotel – via Andegari, 9 – tel. 0287318888), corona radiosa del Gatti Massobrio, ogni giorno si trova a coordinare 35 chef (compresi quelli del bistrot) e deve accontentare una clientela di fascia alta formata da persone che arrivano da tutto il mondo. Un incarico che farebbe tremare le vene ai polsi a tanti chef, ma non ad Antonio Guida (pugliese, classe 1972) di cui abbiamo scritto “è un grande... (e lo era) già al Pellicano di Porto Ercole in Maremma”.
Gli abbiamo chiesto di raccontarci come è iniziata la sua passione in cucina.
Ho ereditato la passione per la cucina dalla mamma, che è una cuoca eccellente e ogni giorno si arrovellava su cosa prepararci a pranzo e cena. Ci ha sempre coccolati con pane, pasta fatta in casa e tantissimi manicaretti. Io rimanevo sempre sorpreso di come da pochi e semplici ingredienti base potesse tirare fuori tante meraviglie diverse. Nella mia fantasia di bambino mia madre era una specie di maga che compiva prodigi... sull'onda di questo entusiasmo ho deciso che volevo fare il cuoco e mi sono iscritto alla scuola alberghiera.
Com'è proseguito il suo percorso?
Mi sono imbarcato per alcuni anni sulla nave da crociera Princess. Eravamo 180 cuochi che arrivavano da tutto il mondo. Lì ho appreso tante cose sulla cucina, ma soprattutto mi sono formato caratterialmente e ho imparato a lavorare in una squadra ben organizzata formata da tante persone in cui ognuno deve fare la sua parte. Un'esperienza che ho ritrovato anche in altri hotel per cui ho lavorato come il Savoy di Zurigo o il Pierre Gagnaire di Parigi e che mi risulta preziosa ora che mi trovo a coordinare il lavoro di tanti chef sempre in un hotel.
Che ci dice della sua esperienza al Pellicano invece?
Sì quella è stata un'esperienza completamente diversa e di cui ho un bellissimo ricordo, diverso il contesto, i tempi, il raccoglimento e il modo di lavorare.
E ora, che è tornato a correre in un ristorante d'hotel sempre aperto con una grande squadra da organizzare, trova comunque il tempo e l'ispirazione per restituirci un po' di senso di magia e meraviglia nei suoi nuovi piatti: un esempio è certamente il suo Riso in cagnone.
Sì, quando sono arrivato a Milano ho voluto dedicare un piatto a questa città che mi ha accolto, così ho cercato una ricetta semplice della tradizione come il riso in cagnone, un riso bollito condito con burro e salvia, e ho voluto trasformarlo in qualcosa di nuovo certamente buono, ma anche pieno di bellezza e colore. Così ho aggiunto tante verdure colorate carote, zucchine ecc. e poi un ingrediente altrettanto buono e colorato, ma inatteso, come la polvere di lampone. Per me il colore e la bellezza in una preparazione fanno parte della sua magia, prima di arrivare in bocca il piatto arriva agli occhi del mio ospite ed è importante che susciti meraviglia e desiderio di gustarlo. Le mie ricette entrano in menu quando mi convincono naturalmente, ma quando pure sono entrate io continuo ad affinarle cercando di dare loro un tocco magico. Così è stato per il mio astice con castagne e cardi, che ho perfezionato a lungo, perché pur essendo buono gli mancava sempre un qualcosa secondo me.
Il piatto più magico che abbia mai assaggiato?
Per me rimangono le lasagne fatte a mano e cotte nel forno a legna, che ancora oggi mi prepara mia mamma quando torno a trovarla in Puglia. In tanti anni che faccio lo chef, non le ho mai dato un consiglio per migliorarle, tanto mi sembrano già perfette.