Viaggio a Goito alla Latteria San Pietro, dove è nata una rivoluzione
Il verde intenso dei prati – ho compreso in questo viaggio nel Mantovano - è una questione di sguardi a proposito del mio ultimo libro che ha come sottotitolo “Quando nella vita conta lo sguardo”. L’ho pensato mentre uscivo con l’auto dall’oasi (poi capirete perché la definisco così) della Latteria San Pietro di Goito dove il verde dei prati stabili, anche in pieno inverno, era più intenso di quello dei prati seminati. Qui i prati stabili ci sono da sempre, grazie alle acque del Mincio che è il collante di un racconto di questo territorio assolutamente da scoprire. I prati stabili visti dall'altoAd attendermi in caseificio trovo il presidente Stefano Pezzini e la giovane Laura Zecchini che si occupa di comunicazione in maniera assai efficace. Il presidente Stefano PezziniUn giro veloce nel magazzino di stagionatura dove sono allineate migliaia di forme di Grana Padano movimentate da efficienti robot e un colpo d’occhio incredibile su 40 caldaie da 1.000 litri, pronte a lavorare il latte degli associati.
Le caldaie che lavorano il latte degli associatiLe vedi tutte schierate dall’alto, da una bella ed elegante sala riunioni con 80 posti a sedere. E mentre entri, un monitor ti dà il benvenuto, con tanto di foto, nome e cognome e pure la copertina del Golosario. La moderna sala riunioniSotto a questa moderna ed efficiente struttura c’è poi una specie di parco, che avrà un’area aperta al pubblico e dove sono state predisposte delle aree per i bambini e famiglie: un’aula didattica all’aperto e un piccolo parco giochi. Presto sorgerà anche uno spaccio moderno che avrà al suo interno anche un cheese bar, per avviare la quarta o forse la quinta fase di lancio di questa avventura cooperativa, che ora guarda al turismo gastronomico. L'esterno della Latteria San PietroSono davanti al futuro, penso mentre il mio naso affonda in una scatola piena di fieno che mi riporta all’infanzia, con quelle note di nocciola e di verde trattenuto, nonostante l’essiccazione. È il fieno dei prati stabili, quello che utilizzano per la loro Digital Cheese Experience, che hanno già svolto con tre sessioni, una anche all’estero, inviando il kit di formaggi, fieno da annusare e anche vino dell’areale del Mincio, da abbinare. Geniale! Il fieno della Digital Cheese ExperienceMa quando nasce questa “latteria”?
“Nel 1966 nell’oratorio di Goito” - mi dice Pezzini - "quello era il punto di incontro degli agricoltori che iniziavano a maturare l’idea che dovevano mettersi insieme per non restare in balia degli eventi e soprattutto degli imprenditori di allora che non davano garanzie sull’acquisizione del latte a un prezzo stabile”.
Agli inizi aderirono quasi in 100, ed erano di Goito, di Cavriana e di Volta Mantovana. L’avvio tuttavia ha una data certa, che è il 1966 e ancora oggi, in azienda, vigila la memoria storica, che è presidente del collegio sindacale, Ageo Gallesi, classe 1928.
In quegli anni dove il vento della rivoluzione spirava ovunque, gli impavidi agricoltori iniziarono a lavorare il loro latte insieme, producendo un formaggio duro generico, ma con l’incognita del mercato. Chi lo comprerà? Sorpresa: lo compra l’ex trasformatore di un tempo, che acquisiva il latte dai singoli e che a un certo punto ha rischiato di rimanere senza prodotto. E qui c’è il primo passaggio epocale che favorisce una nuova fase: fare il formaggio come contoterzisti, ma avendo in mano la materia prima. Un rischio, se il fornitore poi nel tempo rimane uno solo, ma anche una prova per trovare un giusto equilibrio in quella che si chiama la filiera. Detto fatto, l’equilibrio fa decollare la latteria e i soci sono assai contenti ma, come in tutte le situazioni che ad un tratto vivono una stagnazione, dopo trent’anni inizia a farsi avanti il volto della crisi, che sarà un fattore comune a tante realtà del Nord Italia, proprio in quegli anni. Una foto storica della Latteria San PietroGli anni più duri sono infatti dal 2000 al 2005, colpa di una mancata attenzione ai conti e della perdita del governo della propria realtà che non aveva più un percorso di qualità riconoscibile. Succede dunque che i soci, nel 2004, iniziano a disdire l’adesione per andare altrove: resteranno solo 17 soci, con tre in uscita. All’orizzonte c’era dunque una storia già vista: o il fallimento o il rilancio. “Che poteva avvenire solo dai giovani” dice Stefano Pezzini, che era fra questi e nel 2005 diviene presidente.
A questo punto gli chiedo quale sia stato il quid che ha permesso la ripartenza e lui risponde secco: “La fiducia”. E spiega: “La fiducia ritrovata che ha permesso di riemergere, curando sia la parte amministrativa, grazie a una donna di 25 anni che oggi è ancora qui con noi sia la parte produttiva, con lo storico casaro che ora si sentiva parte di una nuova avventura, capace di valorizzare le sue risorse inespresse. E anche i soci, a questo punto, hanno iniziato a pensare di aumentare la produzione e di investire. Ma ne arriveranno poi altri, portando il numero a 26 solo nel 2007".
In quegli anni subentra poi una seconda intuizione: creare un servizio per la concentrazione del siero con cui integrare l’alimentazione animale, favorendo così un rapporto con altre latterie che avevano questa esigenza. E torna il servizio per conto terzi, che per la latteria San Pietro significa liquidità e investimenti, tanto che nel 2013 il primo grande investimento sarà quello di un nuovo magazzino capace di ospitare 37mila forme. In quell’anno poi prende l’avvio la produzione del Grana Padano kosher che coinvolge i produttori, e aumenta la reputazione generale della latteria, tanto che nel 2015 parte anche il progetto del Grana Padano Bio, aiutando un socio a fare questo percorso che poi diventerà un'esperienza a disposizione anche per altri. Il prodotto bio verrà poi commercializzato sotto il marchio Viviverde di Coop.
Ma il vero grande progetto distintivo sarà nel 2017 quando nasce il “Gruppo dei prati stabili della valle del Mincio”, ossia i soci che intendono far fruttare quella ricchezza storica che nasce nei terreni vicino al Mincio. Questo gruppo rilancerà inoltre la storica Fiera del Grana Padano dei Prati Stabili, che lo scorso anno ha celebrato la 30esima edizione e che richiama circa 10.000 persone all’anno. In questo progetto, decisamente unico, gli animali vengono nutriti solo col fieno dei prati stabili che viene essiccato in campo e poi raccolto e una piccola quota di mangime del territorio. Questo permette un’alimentazione pura, priva di qualsiasi altro integratore. Ma soprattutto dà valore a quei terreni che altrimenti sarebbero stati cancellati per fare spazio al mais e ricomincia anche la semina dell’erba medica. Una forma di Grana Padano dei Prati StabiliE sembra di leggere una storia parallela a certe altre aree, dove il nocciolo o il melo, per esempio, avevano preso il posto della vite. Ma poi tutto torna, soprattutto se ha un valore, che i giovani intuiscono, riattualizzando una tradizione. Detto questo, per capire meglio dove sta il futuro della San Pietro, i soci conferitori di oggi si dividono così: 8 fanno un allevamento convenzionale; 6 stanno sperimentando una speciale produzione innovativa, ancora top secret, 1 fa il biologico e ben 10 utilizzano il fieno dei prati stabili, ossia la maggioranza. “Questo – dice Pezzini – è il momento dove il mercato riconosce il prodotto e il nostro Grana a fieno è considerato soprattutto nelle boutique del gusto oltreché nella ristorazione".
Ma veniamo ai numeri: 70mila forme di Grana Padano Dop per un fatturato di 38 milioni di euro a fronte dei 5 milioni del 2005. Una crescita esponenziale che ha portato anche a una joint venture di un caseificio veronese, il San Girolamo di Risegaferro, che produce Grana Padano e formaggi freschi fra cui una stracciatella davvero ottima. La filatura del San Girolamo La lavorazione della stracciatella del San GirolamoLe confezioni di Stracciatella e Stracchino del Caseificio San Girolamo“Incrementando la fiducia e la remunerazione – dice Pezzini – è stato possibile anche aiutare i soci a crescere e ad aumentare la produzione. Per cui noi oggi produciamo formaggi col nostro latte, ma possiamo anche vendere latte ad altri”. Paolo Massobrio e Stefano Pizzini con le forme in stagionaturaTuttavia la chiave – ne è convinto Stefano – sono i giovani, che sono diversi da quelli di ieri. Così Laura si è messa a capo di un gruppo formato dai figli dei soci, che si confrontano e manifestano le proprie idee, che in questo momento vanno spesso nella direzione di definire ancora di più l’iniziativa del fieno. Ma intanto questi giovani comunicano: sui social e fra loro, creando le basi di una nuova storia e di un’assunzione di responsabilità, costruita sempre sul filo della fiducia intergenerazionale. Di questa esperienza Laura dice: “L’Oggi di Latteria San Pietro è solido grazie alla rivoluzione dei giovani di Ieri ed è proprio per questo che tocca ai noi, giovani di Oggi, continuare questa rivoluzione-innovazione per creare un Domani ancora più solido, sia dal punto di vista ambientale che sociale.” Ora è arrivato il momento di aprire una bottiglia di Sauvignon dell’Alto Mincio per assaggiare un Grana Padano 36 mesi, prodotto con animali nutriti a fieno. Un grana spettacolare, croccante, che è un condensato di profumi anche qui di latte fresco e di leggere note di frutta secca. Le scaglie del Grana Padano 36 mesiLa bottiglia di Sauvignon che ha accompagnato la degustazione del GranaUn prodotto che ho poi condiviso in famiglia per vedere la reazione, scoprendo ancora una volta che la qualità è qualcosa di oggettivo, di riconoscibile, per chiunque. Col vino, poi, ci sta alla perfezione. Insomma, anche nel mio piccolo sto facendo una Cheese Esperienze, questo volta senza digital, ma in presenza. Anzi se volete segnarvelo: ristorante La Valle a Volta Mantovana (e chiedete anche la loro mostarda).
Il racconto dei territori lambiti dal Mincio ha una nuova pagina. Felice di averla gustata e letta insieme con voi.