L'aumento delle vendite di formaggio farà bene al latte italiano? Il possibile contagio positivo nel mercato caseario, spiegato a partire dagli ultimi dati
Quanto vale il latte italiano? Partiamo da qui per spiegare cosa intendiamo con l'effetto farfalla che pensiamo possa innescarsi a breve. Per determinare il prezzo del latte facciamo riferimento al latte spot cioè lo sfuso in cisterna, franco arrivo latterie del Nord Italia comprensivo di qualità e pagamento secondo articolo 62 Decreto Legge n.1/2012, determinati dalla Commissione che fa riferimento alla Camera di Commercio Metropolitana Milano MonzaBrianza Lodi. Questo dato aggiornato settimanalmente è quello di riferimento per capire come sta il latte. Purtroppo la risposta è non bene. Nell'ultimo biennio ci troviamo infatti di fronte a un andamento negativo con una media annuale di 42,17 euro/quintale nel 2019 e 38,42 nel 2020. Ad oggi le cose non stanno procedendo meglio: lunedì si è attestato a 36,21. Un anno fa, a marzo, il prezzo era assolutamente identico.
Colpa del Covid? Non proprio o, comunque, non soltanto. Quello che il Covid ha fatto è stato creare un'eccedenza di latte su tutti i mercati spostando i consumi dal fresco a quello a lunga scadenza. I prodotti di trasformazione hanno registrato un aumento delle vendite, i nostri formaggi a denominazione al contrario hanno subito il rallentamento delle esportazioni e il latte fresco, a causa della chiusura di bar, hotel e ristoranti, ha a sua volta registrato una diminuzione delle vendite.
La stabilità di alcuni prodotti, che vedono come materia prima il latte estero, e contemporaneamente la crisi del nostro latte hanno innescato un fenomeno a cui non avevamo ancora assistito: la sostanziale equivalenza del latte spot estero con quello italiano quando al contrario il nazionale è sempre stato per lo più al di sopra. Basta osservare il raffronto tra latte lombardo e latte tedesco egli ultimi due anni per capire cosa sta accadendo. Nel 2019 Spot Lombardia 10 mesi su 12 è stato superiore a Spot Tedesco; nel 2020 la situazione si è completamente ribaltata e Spot Lombardia 4 mesi su 12 è stato superiore a Spot Tedesco e da agosto a dicembre sempre inferiore.
E in questo quadro che ruolo hanno le nostre grandi denominazioni del mondo caseario? Cruciale, per la risalita del nostro latte. A fronte di un'eccedenza produttiva a livello mondiale – e questo è un fenomeno che si osserva ovunque, non solo in Europa, Italia compresa, ma anche negli Stati Uniti – è importante che si rafforzi lo sbocco principale per quello italiano. Questo da sempre è rappresentato dai grandi formaggi Dop che hanno subito una importante flessione nei prezzi nella seconda metà del 2020 per un pericoloso mix che si è innescato tra inasprimento dei dazi e problemi commerciali legati all'epidemia. Basta dare un'occhiata alla curva nei grafici qui sotto rispetto alle due principali denominazioni ovvero Grana Padano e Parmigiano Reggiano.
Come si può notare, la ripresa iniziata dalla metà del 2020 ci ha riportato in fretta ai livelli pre epidemia, per arrivare a un assetto leggermente superiore, segno inequivocabile di una crescita della domanda. Una rinnovata fiducia, la ripresa della domanda nei canali classici abbinata all'apertura di nuovi canali che hanno in parte sopperito alla chiusura dei ristoranti sono tutti indici positivi anche per le prospettive legate al latte. La scelta di Biden di sospendere i dazi avrà un ulteriore effetto benefico sulle vendite delle grandi Dop (Grana Padano in primis, come spiegato qui) e, questo l'auspicio, sui prezzi del latte che, nonostante l'andamento ciclico del mercato, hanno mostrato nell'ultimo decennio una sostanziale tendenza al ribasso. Questo, a fronte dell'aumento dei costi di produzione sta erodendo ulteriormente i margini. Gli ultimi mesi, con la crescita vertiginosa dei prezzi delle materie prime (la soia a inizio marzo è arrivata a costare il +40% rispetto allo scorso anno), potrebbero essere disastrosi per la filiera del latte italiano se l'andamento positivo dei formaggi non contagerà in fretta la filiera del latte. L'unico caso di contagio per cui è meglio non avere vaccino.