Sei cantine, sei terroir, sei vini, per un grande bianco che è il simbolo della loro unione nel segno della sostenibilità e dell’innovazione

A Latisana, nella riviera friulana, in una zona poco incline all’innovazione, Dino de Marchi, per la sua cantina Albafiorita, ha puntato sulla sostenibilità producendo i suoi vini bianchi esclusivamente da vitigni resistenti.
A Romano d’Ezzelino, Massimo e Maria Pia Viaro Vallotto, nel 2015 inaugurando la loro Ca' Da Roman, ai piedi del Monte Grappa, nelle terre degli Ezzelini (potente dinastia medievale), hanno dato vita a un’azienda di soli vitigni resistenti con cantina dedicata che, a oggi, risulta essere la più grande d’Europa.
A Farra di Soligo, tra i colli trevigiani, nel cuore del Prosecco Docg, Marianna Zago di Colle Regina, ha voluto andare controcorrente concentrando la sua produzione su vini ad alta sostenibilità grazie all’impianto di vitigni resistenti.
A Zottier, nella Val Belluna, Gianpaolo Ciet e Alex Limana di Poggio Pagnan, coltivano esclusivamente varietà resistenti e le vinificano nella loro cantina, la prima di Borgo Valbelluna.
A Cormons, in pieno Collio, Renato Della Casa ha deciso di affiancare l’innovazione alla tradizione dei vitigni autoctoni del suo Collio bianco, intraprendendo l’affascinante avventura dei vitigni resistenti.
Ultimo, ma non ultimo, a Coredo, tra le Dolomiti trentine, Nicola Biasi ha creato un vino che è nato per rompere gli schemi, il Vin de la Neu.
Cosa hanno in comune queste sei aziende agricole che operano in sei territori diversi situati tra Friuli, Veneto e Trentino? Hanno creduto e credono nei vitigni PIWI (dal tedesco pilzwiderstandfähige, ossia in quelle varietà resistenti alle malattie fungine). E loro stessi, i produttori, sono “resistenti, visto che in un momento difficile come questo, hanno abbracciato la sfida della sostenibilità in territori differenti e caratterizzati da altitudini e climi che fanno della loro viticoltura qualcosa di veramente innovativo. Nel segno della colleganza, hanno scelto di fare rete, producendo vini che uniscano, dal vigneto alla bottiglia, l’eccellenza qualitativa alla reale e concreta sostenibilità.

A far da portabandiera c’è Nicola Biasi, enologo dal curriculum prestigioso (ha lavorato in aziende celebri non solo in Italia, ma anche in Australia e Sud Africa), ma soprattutto di grande esperienza su questi temi, come dice il suo essere anche coordinatore di Wine Research Team, che sotto la direzione di Riccardo Cotarella e Attilio Scienza coinvolge decine di cantine di tutto il mondo sul fronte dell’innovazione e della sostenibilità, in ambito sia viticolo sia enologico.
renitens-titolare.jpgOra, dallo studio e dalla ricerca per migliorare le caratteristiche dei loro vini e ridurre il più possibile l’impatto che la produzione enologica ha sul pianeta, è nato un nuovo progetto. È Renitens, vino simbolo dell’unione delle sei aziende fondatrici. Un bianco che è figlio dell’assemblaggio di almeno un vino di ognuna delle cantine che fanno rete, e che in questo caso lavorano insieme, pur operando in territori diversi, quasi fossero un’unica azienda. Obiettivo, racchiudere in un solo calice sei terroir e il lavoro di sei produttori con una sola etichetta che diventa l’ambasciatrice del progetto della rete “Resistenti Nicola Biasi”.
Per questo le uve di Renitens vengono raccolte nei sei diversi territori nativi, tra il Veneto, il Friuli e il Trentino. La vinificazione dei grappoli avviene sempre separatamente nelle singole cantine seguendo le scelte stilistiche delle aziende produttrici. Con l’affinamento che segue le differenti scelte enologiche di ogni azienda. Quando i tempi sono maturi, il taglio è affidato alla mano esperta di Nicola Biasi. La miglior combinazione tra i vini selezionati dà vita a Renitens.
renitens-bottiglia nicola biasi.jpgDetto che la miscela dei vitigni selezionata quest’anno ha visto la scelta del 40% dalla riviera friulana, da Albafiorita, del 5% dal Collio ovvero dalla cantina Della Casa, del 22% dalla Pedemontana veneta da Cà da Roman, del 13% dai Colli trevigiani da Colle Regina, e del 10% sia da Valbelluna da Poggio Pagnan sia dalle Dolomiti trentine da Vin de la neu. Detto che la “prova del bicchiere” è stata superata, e con piena soddisfazione. Lo anticipiamo perché, non dimentichiamolo, al di là dell’indiscutibile valore del lavoro che queste cantine stanno facendo unendosi nel segno dell’etica, un progetto come questo si trova comunque a fare i conti con mercato e consumatori. Ora, considerato che da tempo i produttori sono impegnati a far piazza pulita dei pregiudizi, determinati da non conoscenza, che, ahinoi, ancora accompagnano i vitigni cosiddetti resistenti. E segnalato che sono da conoscere realtà come l’enoteca Sant’Eusebio di Bassano del Grappa, dove Roberto Astuni, patron istrionico e visionario, vedendo lontano, ha selezionato decine di vini Piwi al fine di farne conoscere il valore. Per dire che eccellenze possano essere i vini da vitigni resistenti, biglietto da visita migliore di Renitens non ci poteva essere.
renitens-gruppo.jpgIl vino? Dal colore paglierino brillante, luminoso, al naso si propone con bouquet ampio e complesso con profumi di fiori di arancio, biancospino e glicine, note di salvia, basilico e timo, sentori di mandorle e sfumature di bosso, mentre in bocca è secco, fresco, vibrante, con finale sapido di buona persistenza. È un grandissimo bianco italiano!

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