Trent’anni fa ne parlarono Massobrio e Veronelli
Dopo la presentazione allo scorso Vinitaly è sempre più successo per la Vigna del Parroco, che Luca Ferraris (a destra nella foto all'ultima edizione di Vinitaly n.d.r) ha voluto riportare in produzine ed è, ad oggi, l’unico cru riconosciuto all’interno della Docg Ruchè.
Il motivo di questo interesse si intuisce rileggendo la storia di questo vino. La Vigna del Parroco è infatti l’appezzamento di Don Giacomo Cauda che fu artefice del rilancio di questo vino oltre trent’anni fa. Luigi Veronelli già negli anni ’60 scrive del Ruchè sul catalogo Bolaffi. Tuttavia la prima citazione in cui il Ruché viene associato a Don Cauda la si ritrova nel Catalogo dei vini d’Italia, del 1986 ed edito da Giorgio Mondadori, dove vi è una riproduzione dell’etichetta del Ruché del Parroco.
Sempre in quell’anno, nel 1986, Paolo Massobrio, dedica, sotto lo pseudonimo di Aleramo d’Abazia, uno dei suoi primi articoli nella rivista Il Sabato proprio al Ruché del Monferrato. Lo definisce come “Una perla rimasta nascosta negli antichi “infernott” (cantinette) dei saggi viticoltori del Monferrato” ma di cui proprio in quegli anni “si è cominciato a parlare di questo magnifico vino che, per eleganza e finezza, si situa al fianco dei più nobili vini di questa terra”.