Il locale di Francesca e Matteo rappresenta il volto fresco e innovatore della ristorazione torinese

Il liberi tutti è quasi arrivato. La gioia di poter pranzare e cenare sia all'aperto che al chiuso con perfetta indifferenza alla variabilità del meteo solletica il palato, fa dimenticare la lunga astinenza e ci proietta verso pantagruelici giri gastronomici senza sosta. Soprattutto l'ansia di ritrovare i posti più cari, quelli del cuore, e di rassicurarsi che i sapori apprezzati in passato siano più che mai vivi. Si fa un rapido elenco dei locali in cui prioritariamente ci si vuole rasserenare lo stomaco e ci si va. Il Contesto di via Accademia Albertina non poteva mancare in quella lista e, il primo giovedì del via libera all'interno (il ristorante ha messo anche due o tre tavoli all'esterno sulla via ma l'interno è più caratteristico), io e mio figlio ci siamo presentati da Francesca (Sgandurra, la chef-patron) e abbiamo potuto scegliere un bel tavolino con vista sulla via.
contesto-tavoli_esterni.jpgRicordavamo con simpatia quel locale che Francesca e Matteo avevano saputo identificare in modo assai originale, locale in cui la tradizione piemontese faceva un giro di danza con il multiculturalismo gastronomico ormai imperante in tutte le città, ma quell'abbraccio e quell'unione era eseguito con discrezione, modestia, riuscendo ad amalgamare senza prevaricazioni la cucina regionale con quella etnica di derivazione orientaleggiante. Se ne traeva l'impressione che la nostra cultura stesse curiosamente assorbendo in se stessa qualche ingrediente nuovo e qualche tecnica inedita senza snaturarsi, ma anzi migliorandosi ed elevandosi. Sempre in stile sabaudo, senza ansia, con compostezza e senza esagerazioni. A ragione Francesca si era creata un suo stile, classico e moderno nel tempo stesso, senza evoluzioni eccessive ma ottenendo un risultato di piacevolezza e di convivialità di sicuro successo.
Seduto al tavolo, letto velocemente il menu, mi è parsa obbligatoria la domanda sul futuro immaginato e programmato. Immediata la risposta riportata nella sua sostanza: “Riprendiamo da dove eravamo rimasti, i nostri piatti iconici rimarranno, cercheremo innovazione nel solco già tracciato in passato. I nostri concetti base, tradizione, semplicità, ricerca delle materie prime selettiva e indirizzata ai piccoli produttori, la selezione delle cantine in base a qualità, sostenibilità biologica e artigianalità continueranno a essere la nostra strada maestra". Mi scuso con Francesca se ho ricostruito a modo mio la breve conversazione avuta ma penso di avere interpretato il suo credo professionale. Ci uniamo a questa chiara visione prospettica sul suo futuro e su quello della ristorazione in generale immaginando che tradizione, legame con il territorio, originalità e semplicità possano essere le regole per una continuità di lungo corso. Perlomeno questo è quanto Paolo Massobrio e il suo Papillon ci insegnano. Ma passiamo dalle parole ai fatti.

La cena ha confermato in pieno tutto quanto ci siamo detti nella lunga presentazione sia nella scelta sia nella qualità dei piatti. Dopo un piccolo pre-antipasto a base di paté di fegatini e pistacchio, abbiamo iniziato con il Bischero: uovo termale 65° e acquacotta (zuppetta di pane carasau, pomodoro, sedano e carote) a 10 euro e lo Special, un classico del locale a 14 euro composto da insalata di gallina, salsa tikka e masala (spezia contenente zenzero, coriandolo, cardamomo, cannella, panna, pomodoro con riso gange di Igiea Adami). Piemonte e Oriente a braccetto. Molto coinvolgente e piacevole.
contesto-insalata_gallina.jpgCome primo abbiamo scelto, ma erano tutti tre tentatori, "Non solo di giovedì" cioè gnocchi di patate di montagna con ragù di vitello e sambudello toscano (una chicca!). Noi l'abbiamo mangiato proprio di giovedì, forse è per quello che era così buono! (12 euro).
contesto-gnocchi.jpgSiamo passati ai secondi, tutti a 16 euro, e abbiamo gustato "Faccia da", ovvero baccalà mantecato, olive taggiasche e patate, buono ma migliorabile (la memoria dei migliori della Liguria di Ponente ci ha condizionato) e Bianconiglio, arrotolato di coniglio grigio di Carmagnola al limone con patate e zucchine saltate. Ottimo di tradizione.
contesto-baccala.jpgTra i dolci un rapido passaggio tra lo strawberry field forever cioè torta al cioccolato, mousse al cacao e fragole e il Senegal: gelato al burro di arachidi, crumble di cacao e nocciole salate. Tradizione e inventiva con risultati piacevoli e freschi.
contesto-dolce.jpgCapitolo vini: presenti anche al bicchiere, ma noi un po’ beoni abbiamo cercato una bottiglia in stile con il locale dedito alla scoperta di vini fuori dagli schemi e abbiamo degustato la Pecora Nera di tenuta Grillo in Gamalero (Al) a base di freisa, barbera, dolcetto e merlot invecchiato lungamente, annata in commercio 2004. Interessantissimo vino biologico concepito da Guido Zampaglione, trasferitosi dall'Irpinia, dove ancora produce Fiano e altro, per una nuova sfida. Poi sul dolce gentilmente offerto dalla casa e precisamente da Alice, novità del locale, che con la sua dolcezza e competenza crea nuova attrattiva alla proposta, ecco la Malvasia principe della cantina piacentina La Stoppa cioè Vigna della Volta. Detto che Francesca e Alice formano una piacevolissima accoppiata siamo usciti con la convinzione che il Contesto Alimentare rappresenta nella ristorazione torinese il volto fresco, giovane, innovatore della tradizione contro l'immobilismo un po’ stantio e ripetitivo che frequentemente si associa alla cucina regionale.  Può migliorare, qualche piccola imprecisione rimane, come attenuante anche la fresca ripartenza. Locali come questi sono la giusta risposta, a nostro avviso, ai problemi della pandemia.

Contesto Alimentare

via Accademia Albertina, 21 E
Torino
tel. 011 817 8698
https://www.contestoalimentare.it/

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