Presentati dal noto produttore piemontese le nuove etichette dei suoi vini, omaggio alla storia di famiglia che proietta al futuro

Da autentico piemontese non ha mai fatto il passo più lungo della gamba. Ma da produttore fuoriclasse qual è, Walter Lodali, anno dopo anno, è cresciuto, senza cullarsi sugli allori man mano che raggiungeva traguardi importanti. L’impresa più ardua, si sa, è quella di migliorare quando si è già raggiunta l’eccellenza. Ebbene, a dire del suo valore, oggi, proprio questo suo  esser stato, ed esser, in grado, di stupire sempre, crescendo ancora. Alla guida della cantina fondata nel 1939 da nonno Giovanni. 
botti.jpgE condotta, prima, dalla fine degli anni Cinquanta, da suo padre Lorenzo (che l’aveva avviata alla produzione dei primi cru di Barbaresco e Barolo) e poi, dagli anni Ottanta, da mamma Rita, trovatasi a fare i conti con la scomparsa prematura del marito e con la necessità di proseguire l’attività. Walter Lodali, gigante buono e lavoratore infaticabile, dopo il diploma alla scuola enologica di Alba, sin dagli esordi ha rivelato uno dei tratti più importanti della sua personalità, l’umiltà, ovvero quella sua capacità di mettersi continuamente in discussione. 
titolari.jpgDai suoi primi passi, quando con lungimiranza ha voluto rinnovare le attrezzature per la lavorazione, perfezionando le tecniche produttive e di vinificazione, allo scopo di raggiungere quello che è il suo unico obiettivo, che i suoi vini raccontino la terra in cui nascono.  A oggi, in cui, ripercorrendo il cammino di papà e nonno, ha studiato vigna per vigna tutti i filari che arredano, con rara eleganza, le pendici delle stupende colline di proprietà della famiglia che si affacciano tra Treiso e Roddi. Viti di nebbiolo, in primis, ma anche di chardonnay, barbera e dolcetto. Il filo rosso del suo percorso, la sua ricerca continua, quasi ossessiva, di volersi superare, senza tregua.
colline.jpg“La vite e l'ambiente sono il motore di tutto: senza la massima attenzione ed il rispetto per le radici in particolare e poi anche per rami, foglie e grappoli non si può avere un'uva che contenga la magia del grande vino” il suo credo.

“In cantina – sottolinea Lodali – abbiamo rinnovato tutto utilizzando le tecnologie più avanzate, ma soprattutto semplificando al massimo: il buon vino nasce dall'uva migliore, nella trasformazione bisogna poi solo essere delicati e precisi cercando di rispettare il più possibile le caratteristiche del territorio. Insomma: poco uomo e tanta natura!”.

E tutto questo, che viene riassunto in poche parole, è il racconto di anni di esperienze che, vendemmia dopo vendemmia, hanno convinto Walter Lodali a produrre vini sempre più eleganti e longevi. Un ritorno alle origini nella ricerca di bottiglie che potessero essere identitarie per una famiglia e un marchio che hanno fatto la storia del vino di Treiso, uno dei cuori pulsanti delle Langhe. Bene così? Niente affatto. Quando hai rivoluzionato e portato ai vertici lavoro in vigna e in cantina, è il momento di dar veste all’altezza al vino. Morale. Anno nuovo, abito nuovo. 
Il 2022 si è aperto con il debutto sul mercato dei suoi vini con due nuove etichette, una dedicata alla linea classica, essenziale, luminosa, dove lo sfondo candido focalizza lo sguardo su tre elementi, il logo WL (le iniziali di Walter Lodali) che campeggia in alto, al centro la tipologia di vino, e in basso il nome della cantina, Lodali.
Un’altra, su carta colore avorio, con greca che la impreziosisce, con la scritta “Lorens”, che riproduce la grafia del padre Lorenzo, a cui sono dedicati i vini, con la sua firma che è stata presa da un suo tema datato 2 settembre 1950 e ritrovato in un suo quaderno.

“Con le nuove etichette abbiamo voluto, da un lato, rappresentare l’evoluzione della Cantina – spiega Walter Lodali –, e dall’altro, trasmettere la storia che si cela dietro ogni bottiglia. Il primo passo è stato quello di concentrarsi sulla realizzazione di un nuovo logo che comunicasse la storia e l’identità dell’Azienda. Così, dopo un lunghissimo studio che ha portato alla luce proposte differenti tra loro tutte bellissime, la scelta si è concentrata sul restyling di un lettering che era già elemento di riconoscimento sulle nostre etichette degli anni ‘50 e unico che sentivo appartenermi davvero”.

È stata poi la volta del packaging. “Il lavoro è stato lungo – prosegue Walter – ma studiato nei minimi dettagli e alla fine, con grande soddisfazione ed emozione, posso dire avere oggi dei vini le cui etichette sono state create davvero in modo sartoriale per ogni tipologia. Per le Riserve Lorens di Chardonnay, Barbera, Barolo e Barbaresco, collezione pensata e dedicata a mio papà (portano infatti il suo nome, Lorenzo in dialetto piemontese), abbiamo scelto di dar vita ad una grafica più elegante, grazie allo sfondo avorio, e che gli rendesse ancora più omaggio”.

Anche per quanto riguarda i vini, l’anno nuovo si è aperto con delle novità, e più che mai positive, con i nostri assaggi che ci hanno confermato che la scelta di Lodali di dedicare attenzione quasi maniacale alle vigne, e, in cantina, di fare spazio sempre più a botti in cemento e tonneaux, si sta rivelando più che mai illuminata. 
4-bottiglie.jpgE le sorprese non sono finite, visto che nel bicchiere, questa volta la cantina di Treiso, ha preso tutti in contropiede, non versando uno dei suoi sommi rossi, ma un bianco, il Langhe Doc Chardonnay 2020 Lorens. Da barbatelle borgognone, ha colore giallo paglierino, profumi di agrumi e di mandorla, raffinati sentori di pietra focaia e nota iodata che lascia spazio poi alla speziatura, gusto fresco, sapido, con mineralità che conferisce notevole eleganza. Un’espressione così affascinante, che vede Lodali “costretto” a far salire da poche centinaia a 5.000 le bottiglie entro l’anno prossimo. 

A uscire dal cilindro come “il grande” che non ti aspetti poi, il Nebbiolo d’Alba 2020, che con una classe da puledro di razza, rivela la mano da mago dei rossi di Lodali. Rubino luminoso, brillante, si propone con note di viola e ciliegia, fine speziatura, un sorso che conquista per il bilanciamento tra struttura e freschezza, che ne rendono la beva dinamica e irresistibile. Fare attenzione, perché con facilità, si rischia di stappare e trovarsi la bottiglia vuota. 
nebbiolo.jpgVeri capolavori, e due dei migliori vini assaggiati quest’anno, il Barbaresco Lorens 2018, dal colore vermiglio luminoso, dai profumi di viola e rosa, dalle note di ciliegie e piccoli frutti, dai sentori di liquirizia e spezie, che si propone al palato con un sorso di suggestiva armonia e finale di notevole lunghezza. 
barbaresco-lorens.jpgE il Barolo Bricco Ambrogio 2018, nostro autentico coup de coeur. Da uve dei vigneti in Roddi di uno dei cru più vocati del territorio, nel bicchiere si propone con un bellissimo colore rubino,  brillante ma con le giuste trasparenze barolesche, al naso svela un bouquet di rara complessità ed eleganza, con note di viola, marasca, quindi menta e  finocchietto, poi sentori speziati di cannella, mentre al palato ha personalità, corpo, tannini ben integrati, mineralità che rende golosa la beva, finale di classe. barolo.jpg

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