Kisaburo Murata prepara sushi da quarant'anni, nel suo piccolo ristorante di Roma assaporatelo insieme al sake

“La polpetta di riso si deve disfare morbidamente appena giunge in bocca, non prima né dopo. La sua fragranza e la giusta consistenza sono il segreto di un buon sushi… non per niente un apprendista cuoco passa i primi tre anni a realizzare la giusta cottura del riso, senza toccare il pesce. Nel mio sushi da asporto (mai usare con lui la locuzione take away) mi faccio dire dal cliente la distanza da casa e cerco di prepararlo in modo che vi arrivi nella giusta condizione per essere gustato con piacere. Soprattutto in Giappone, alcuni vengono al sushi bar per stare al bancone, mangiare qualche cosa bevendo del buon sake e fare due chiacchere, vedendo il cuoco lavorare. Quando uno ha bevuto un po’ troppo, spesso prende in mano un pezzo di sushi e intanto continua a parlare. Quindi lo tiene in mano a lungo. Questa polpetta a fondo di barca (funazoko) serve proprio, in questi casi, a mantenere la forma durante questo tempo della chiacchierata. Comunque poi si disfa lo stesso.”

Kisaburo Murata del Take (Bambù in Giapponese. N.b.: non pronunciare all’inglese) di Roma fa questo mestiere da quarant’anni. Ha imparato al Nadaman (importante e lussuosa catena di ristoranti tradizionali) poi, durante il periodo della bolla speculativa degli anni '90, se n’è andato dal Giappone. Prima a New York, poi a Roma dove era stato chiamato dal ristorante Hamasei e ora in questo piccolo ristorante da una ventina di posti.

Sinora non ho parlato di sushi perché non avevo ancora trovato un posto paragonabile alle esperienze giapponesi, ma questo signore sa il fatto suo. Non pretendete il fascino di una colazione a base di pesce crudo all’alba al mercato di Tsukiji, però il tonno rosso (maguro) è perfetto per morbidezza e proporzione, il pesce bianco, condito solo con sale e limone, ha una raffinata freschezza e la varietà è ogni giorno garantita. Il sushi si dovrebbe mangiare con le mani, intingere nella soia appena appena, solo il pesce e mai il riso. Si può aggiungere wasabi alla salsa, se si vuole (mai senza wasabi), intervallando con qualche pezzettino di zenzero per pulire la bocca.

I Giapponesi non cucinano il sushi, lo mangiano fuori o se lo fanno consegnare a domicilio da qualche sushi bar. I cuochi sono quasi tutti maschi: non mi sembra molto scientifico, ma alcuni dicono che la maggior umidità della mano femminile rovini il pesce o il riso o entrambi. Mondi chiusi e severi del sol Levante: miracolosamente possono spopolare in tutto il mondo continuando a celare il loro segreto.

Anche senza andare in Giappone, al Take potete cominciare a sollevare il velo per vedere cosa sia un sushi autentico. Kisaburo ha dovuto pur fare qualche concessione alla moda per avvicinare gli Italiani al “vero sushi”: per esempio prepara anche gli uramachi che con l’originale giapponese non c’entrano niente, ma si farà perdonare con qualità, ambiente e servizio. Potete andarci in una di queste sere di primavera, con qualcuno che vi piace o, magari anche da soli, seduti al bancone bevendo sake, per risollevare le sorti di una giornata, decidere di trascorrere due ore giapponesi a Trastevere.

TAKE SUSHI
viale di Trastevere 4 (vicino a Piazza Sonnino)
ROMA
Tel. 065810075
www.takesushi.it

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