Riflessioni sulla tre giorni dedicata alla pizza contemporanea

C’erano i pizzaioli che sono diventati fra i più famosi d’Italia. Gente che si frequenta non solo fra i banchi dell’Università della Pizza di Vighizzolo d’Este, ma anche al di fuori.

 

Sono una squadra e quando Piero Gabrieli, direttore marketing di Molino Quaglia, ha presentato Carmine Nasti come colui che ha partecipato a tutte le 13 edizioni di Pizza Up è partito un applauso scrosciante. Questi pizzaioli hanno fatto tanta strada e dopo 12 anni, nei giorni scorsi, si sono interrogati su quale sarà la pizza del futuro. E mentre Chiara Quaglia apriva Pizza Up e lanciava l’ennesima provocazione mi domandavo: “Ma cos’altro devono fare dopo l’affermazione che han visto crescere anno dopo anno?”.

 

Ed è proprio qui il punto: per decenni i pizzaioli italiano si sono seduti sui loro successi, senza cogliere i cambiamenti, ma soprattutto senza accorgersi dell’involuzione del loro lavoro. Il pericolo è anche per questi, per cui a Pizza Up hanno deciso di aprire la mente. Io non so se esistano altri consessi del genere, dove si parla dei cambiamenti climatici e delle conseguenze che questi possono portare per esempio sulle coltivazioni di grano. E quale grano. La riflessione del professor Ceccarelli l’ho riportata subito in un articolo che mercoledì 7 novembre è apparso su Avvenire.

Ma è stato edificante seguire la lezione di Alessandro Dal Degan, il cuoco dei boschi di Asiago, che cucina nella coronata Tana Gourmet sulle fermentazioni. E le domande dei pizzaioli non finivano più, desiderosi di capire e di attivare altre distinzioni.
 

 

Del resto eravamo ad un simposio tecnico sulla pizza italiana contemporanea, così definita da un Manifesto, firmato proprio qui nel 2012, anche dal sottoscritto.

 

“La pizza - si sa - è in continua evoluzione - dice la nota finale della tre giorni - (infatti noi parliamo da sempre di Pizzeria Dinamica®). Nata come piatto popolare, con le sue infinite declinazioni territoriali, un prezzo contenuto e materie prime spesso di scarsa qualità, negli anni ’80-‘90 era diventato un facile mezzo per fare utili dove il pizzaiolo era una figura marginale senza cultura. Con l’avvento negli ultimi anni della “Pizza Gourmet” il consumatore ha imparato a scoprire ingredienti di qualità che costituiscono i diversi topping creativi, e gli impasti con lievito madre, che risultano più gustosi e digeribili. Oggi, su questa realtà il pizzaiolo studia, affina la tecnica e riesce anche a fare cassetto”

Eppure quante resistenze di fronte all’ovvio (anche oggi, su un giornale, un pizzaiolo napoletano dice che il lievito madre è una bufala. Vabbè), proprio da parte dei pizzaioli tradizionali che non vogliono cambiare, ma nelle stesso tempo non sanno come far fronte agli aumenti dei costi dei loro locali spaziosi.

“Il futuro della pizza – ha detto Piero Gabrieli – è la qualità in cucina, ovvero fare la vera pizza, quella base, bene con farine naturali, lievito madre e ingredienti freschi. Ad esempio una Margherita fatta con grano evolutivo ne diventa l’esemplificazione più chiara.”

Il grano evolutivo è un’altra scoperta che ha trovato casa qui e che il professor Ceccarelli ha sperimentato persino in Siria e in altre parti del mondo, scontrandosi con le resistenze dei governi, che non vorrebbero offendere troppo le multinazionali delle sementi, disturbate se la terra ritorna ad essere totale appannaggio dei contadini. Gli stessi che scoprono quanto un grano libero, in un campo disordinato, matura una serie di resistenze e si evolve, fino a mostrare capacità di adattarsi agli intolleranti al glutine.

 

Terra, Fermentazioni e Cucina sono state dunque le parole chiave di questa tredicesima edizione, presentata con formula rivista. Il tema è stato trasversale: dalle interazioni tra condizioni climatiche e tecniche di coltivazione dei cereali (con gli interventi di Salvatore Ceccarelli e dell’agricoltore Giuseppe Li Rosi sui grani evolutivi), alla tecnica di molitura, alle trasformazioni indotte dalla fermentazione degli impasti per arrivare ad una visione più completa di come la pizza interpreta i benefici della dieta mediterranea attraverso le sue varianti territoriali, con laboratori altrettanto illuminanti tenuti da chef come Oliver PirasAndrea MatteiAlessandro Dal DeganChristian TorsielloWicky PriyanLionello CeraEugenio Boer e il maestro pasticciere Corrado Assenza, perché non bisogna dimenticare come oggi – diversamente da qualche anno fa – sia difficile pensare a una pizza realizzata senza la conoscenza di tecniche di cucina rispettose degli ingredienti e senza considerare l’utilizzo del lievito madre (lezioni tenute da Giulia Miatto e Giovanni Marchetto).

 

In parallelo con i lavori di PizzaUp®, 15 pizzaioli sono stati intervistati, fotografati e filmati in diretta per entrare nel primo Almanacco della Pizza. E sono 15 pizzaioli che hanno saputo applicare coraggiosamente un'idea innovativa nella preparazione degli impasti, che sono stati i primi a usare ingredienti freschi e di stagione, che hanno messo in evidenza e valorizzato il legame con i contadini e la terra, che hanno ridefinito gli equilibri tra acqua, farina e lievito per rendere gli impasti più leggeri o ancora che per primi hanno visto per la pizza un futuro di alta cucina. A loro è dedicato l’Almanacco, perché si possa raccontare questo loro momento di innovazione che rappresenta una svolta dell’intero modo della pizza.

Per il sottoscritto che ha partecipato ai lavori è stato edificante vedere come i frutti della formazione sono capaci di produrre economia, ma anche valori decisamente attuali. E c’è un altro dato che andremo a documentare nei prossimi giorni: la qualità che stanno vivendo pizzaioli, pasticcieri e persino panettieri, arriva a modificare il genius loci di vie e borghi. Questa è la vera sfida totalmente italiana, dove il gusto si ritrova con il design, con la moda, con la cultura e l’adozione di un corretto stile di vita.

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