Dalla cantina Piccolo Bacco dei Quaroni anche il Pinot Nero e il Buttafuoco

La Bonarda è il vino della povertà che dimentica se stessa. E’ un vino di radice contadina, gioioso, liberatorio. Ne abbiamo assaggiato un campione da manuale, prodotto da Piccolo Bacco dei Quaroni (Frazione Costa Montefedele • tel. 0385.60521) di Montù Beccaria (Pv): la Bonarda vivace Mons Acutus 2015. Da uve croatina con una piccola percentuale di barbera viene fermentata in acciaio per poi essere rifermentata in autoclave. Nel bicchiere mostra subito il suo carattere in una schiuma pannosa, invitante, dal colore viola degli acini. Al naso è un cestino pieno di ciliegie, anzi di duroni, avvolgente. In bocca è moderatamente frizzante, con una nota tannica ben evidente e un’acidità delineata che si accordano con quella sensazione di polpa di frutta che la contraddistingue. E’ un vino piacevole, non razionale, ma passionale. Da abbinare ai salumi, ai piatti grassi, alla gioia.

E’ il vino scelto per raccontare questa azienda che conosciamo da quasi tre lustri, creata da due agronomi che hanno scommesso sui vini più caratterizzanti dell’Oltrepò da un lato e dall’altro su un efficace sistema di accoglienza agrituristica. Noi li abbiamo incontrati (e premiati) nel 2002 con l’Oltrepò Pavese Pinot Nero 2000. Erano anni in cui non era così facile trovare un grande Pinot Nero in Oltrepò, nonostante la zona abbia fatto di questo vitigno - per lo più spumantizzato - la sua bandiera. Questa volta abbiamo assaggiato il campione Vigneto La Fiocca 2014, dal nome delle vigne vecchie di almeno 30 anni. Di colore scarico, tendente al mattone, come si confà al pinot nero, al naso è fine, con un profumo ben delineato di piccoli frutti, lamponi, al giusto grado di maturazione. In bocca è carezzevole, setoso, elegante con la giusta sapidità e una corretta tannicità.

Nota a sé merita il Buttafuoco, un vino che ha radici profonde nell’Oltrepò. Abbiamo assaggiato il Vigneto Cà Padroni 2012, da uve barbera, croatina, uva rara e vespolina con macerazione lunga, affinamento di un anno in botte grande e altrettanto tempo in bottiglia. Ha color rubino ancora intenso. Al naso ha profondità, complessità, con profumi di frutta sotto spirito che lasciano spazio al pepe e ai sentori di sottobosco. Al sorso lascia disorientati: ci si aspetterebbe un vino caldo, di corpo, arrivato al suo acme. Ci si trova invece di fronte a un vino di grande freschezza, tannico e con un’acidità che suggerisce di allungarne la permanenza in bottiglia senza alcun timore.

ILGOLOSARIO WINE TOUR 2024

DI MASSOBRIO e GATTI

Guida all'enoturismo italiano

ilGolosario 2025

DI PAOLO MASSOBRIO

Guida alle cose buone d'Italia